È accaduto a Ucria (ME) ove due persone sono state uccise a colpi di fucile dopo una lite nata per un parcheggio con un’altra persone poi arrestata.
Due persone sono state uccise intorno alle 21 a Ucria, centro dei Nebrodi in provincia di Messina. Le vittime sono Antonino e Fabrizio Contiguglia, zio e nipote, rispettivamente di 60 e 30 anni, morti a seguito ad una sparatoria nata, sembra, per una banale lite per via di un parcheggio. Nella sparatoria è rimasto ferito anche un loro parente, trasportato in gravi condizioni nell’ospedale di Patti. Il dramma si è consumato, nella zona bassa del paese “U Carminu”, nelle immediate vicinanze della chiesa del Carmelo.
Dopo una serrata caccia all’uomo il presunto killer, originario di Paternò nel catanese, è stato fermato dai Carabinieri presso la sua abitazione dove si era barricato. Il Sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Patti, Andrea Apollonio, ha per ora disposto il fermo dell’omicida per essere poi trasferito nel carcere di Gazzi a Messina.
È in corso la ricostruzione delle fasi drammatiche di questo dramma di Ferragosto. I Carabinieri hanno già raccolto alcune testimonianze ritenute importanti. Ma la situazione resta critica ad Ucria. Dopo il duplice omicidio è anche scoppiata una lite fra due gruppi di persone, vicine alle vittime e all’omicida. Fra la gente che erano nella piazza del paese ci sono stati momenti di paura.
L’opinione.
Il caso violento-tragico della fattispecie, come purtroppo molti altri più o meno analoghi di cui quasi giornalmente si apprende, porta ad una generale riflessione. Forse sarebbe l’ora di inviare un messaggio collettivo chiaro, inasprendo seriamente le pene e facendo sentire il sano timore della Legge, ma per tutti in Italia, nessuno indenne, senza neanche caste e corporazioni spesso indenni la qualcosa è un falcidiante esempio per l’etica collettiva. Sarebbe l’ora di riordinare, rendendola pure chiara e notoria, la giungla delle norme e giurisprudenza, affinché il cittadino sappia con trasparenza a cosa va incontro nel violare le leggi e senza che possano esserci diversità a seconda del Giudice che si si troverà innanzi. Sarebbe l’ora di dare messaggi pubblici, intellettuali, mediatici e pedagogici, a cominciare dalle scuole, che non siano alteri, insofferenti, discriminatori, offensivi, astiosi, aggressivi, violenti, ma neanche ipocriti, teatranti, interessati, ideologizzati, fondamentalisti e retorici (i nostri ragazzi seppure tacciono o non sanno ancora decodificarlo di solito percepiscono queste doppiezze). Insomma, questa cultura che ognuno possa dire e fare ciò che vuole sopra chiunque ed ogni cosa, questa arroganza diffusa e manifesta nel sistema pubblico-politico-giuridico-burocratico, questa lampante diffusione di cosiddetti personaggi nei media che più disturbati, litigiosi, intolleranti e asociali sono e più fanno audience, questa prolissa ostentazione di ciò che poi nei fatti non si crede o non si fa, non andrebbe più sottovalutata, poiché nel tempo penetra come un virus nel cervello di noi complessi umani, nessuno indenne, creando nuclei psicologici contorti, imprevedibili, irragionevoli, incontrollabili non sempre riconoscibili una volta riemersa in superficie con i sintomi e comportamenti nella vita reale e quotidiana. È il lavoro di una vita risponderebbe probabilmente un professionista della psiche umana. Ma è anche il dovere di uno Stato democratico, civile, repubblicano, sociale e umano, non borioso, misantropo, sprezzante e bugiardo. Siamo ridotti in questa Nazione quasi sapendo rassegnati che: ieri a loro, oggi agli altri e domani potrebbe toccare a noi. Così non è uno Stato per raggiungere tutti intenti, fini, benessere e interessi comuni, bensì sembra un disordine preordinato e mimetizzato.
A
dduso Sebastiano
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