15 misure cautelari a carico di imprenditori con due arresti e oltre 140 indagati, complice un commercialista, per circa 3 milioni di fatture false.
I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, in applicazione alle misure cautelari personali disposte dal Gip del Tribunale, hanno eseguito un’ordinanza dalla Procura della Repubblica coordinata dal Procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal Sostituto Andrea Fusco, nei confronti di 15 soggetti, responsabili a vario titolo di traffico illecito di rifiuti, emissione di fatture false e occultamento di documentazione contabile, operanti nel settore dello smaltimento di rottami metallici.
Gli arrestati ai domiciliari, sono i fratelli di Palermo, Baldassarre e Vincenzo Marino, di 67 e 65 anni, originari di Carini (PA), imprenditori della “Fondi Metal srl”, erano a capo di un maxi traffico di rifiuti. Complice era anche un commercialista che elargiva consigli su come evadere il fisco e diceva “Non si deve vedere che ti fa il bonifico“. Gli imprenditori sono finiti ai domiciliari, il commercialista è indagato.
Gli altri 13 imprenditori. i cosiddetti “cenciaioli” hanno l’obbligo di firma e l’interdittiva nel settore della raccolta ferro. Tutti partecipavano allo smaltimento illegale di rottami metallici. Sono in tutto 146 gli indagati per reati ambientali e tributari. Un affare da oltre tre milioni di euro. È questa la conclusione di un’indagine della Giardia Di Finanza nucleo di polizia Economico-finanziaria di Palermo e del nucleo speciale di Polizia valutaria.
L’indagine è partita dalla segnalazione di una sfilza di operazione bancaria sospette. L’allarme antiriciclaggio ha funzionato. Gli accertamenti fiscali sono stati incrociati con il contenuto delle intercettazioni telefoniche. Il meccanismo per smaltire i rifiuti metallici al di fuori del circuito legale era piuttosto complesso.
In particolare è emerso che titolari di ditte individuali, di fatto evasori fiscali totali e privi di autorizzazione ambientale, hanno movimentato, nel periodo dal 2014 al 2017, solo cartolarmente metalli 3,5 milioni di euro, in realtà non corrispondente a effettivi conferimenti.
Il sistema scoperto dalla Finanza si realizzava attraverso alcuni passaggi. I piccoli imprenditori appartenenti al “primo livello” della filiera, cioè i “cenciaioli”, recuperavano i rifiuti metallici (rame, ferro, ottone, alluminio). Li portavano nelle “piattaforme di raccolta”. I punti di raccolta, il “secondo livello”, emettevano fatture i cui importi non venivano dichiarati al fisco e indicavano quantitativi di materiale ferroso di gran lunga superiori a quelli effettivamente ceduti dai “cenciaioli”. Tutto per consentire alle società che conferivano i rottami di avere una giustificazione cartolare a importanti disponibilità di merce in realtà proveniente da un parallelo circuito illecito. Il pagamento delle fatture avveniva attraverso bonifici o assegni nei confronti dei “cenciaioli”, i quali poi prelevavano in contanti le somme ricevute che provvedevano a restituire alle “piattaforme di raccolta”. Per loro trattenevano un guadagno del 3 per cento. “Un’operazione volta a tutelare chi opera nel settore rispettando la normativa ambientle e fiscale”, spiegano dalla Finanza.
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