Operazione “Petrolmafie Spa”, anche un imprenditore e un avvocato siciliano indagati

Una operazione della Procura di Catanzaro congiuntamente a quelle di Roma, Reggio Calabria e Napoli che si è estesa anche in Sicilia

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Nella mattina dell’8 aprile corrente anno, i Comandi provinciali della Guardia di Finanza di Napoli, Roma, Catanzaro e Reggio Calabria, insieme ai Finanzieri dello Scico e ai Carabinieri del Ros, coordinati dalle rispettive Direzioni distrettuali antimafia e dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo guidata da Federico Cafiero De Raho, hanno dato esecuzione alla operazione “Petrolmafie Spa”.

Totale complessivo misure personali: n. 71 (56 occ + 15 fermi). Totale sequestri: 946.500.000 euro.

Operazione “Petrolmafie Spa”

LE ACCUSE

I Magistrati hanno contestato, a vario titolo, le accuse di “associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata a commettere delitti di estorsioni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche”. E ancora: “intestazione fittizia di beni, evasione delle imposte e delle Accise anche mediante emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (F.O.I.), contraffazione e utilizzazione di Documenti di Accompagnamento Semplificati (DAS)”.

I reati sarebbero stati commessi con l’aggravante di aver favorito la mafia.

Operazione “Petrolmafie Spa”

LE INDAGINI

Si è trattato di una maxioperazione contro la ‘ndrangheta coordinata dalle Procure antimafia di Reggio Calabria, Catanzaro, Napoli e Roma e dalla Direzione nazionale antimafia, nata da quattro indagini distinte nelle quali sono emerse le stesse dinamiche criminali.

Operazione “Petrolmafie Spa”

LA CANTANTE AMMINISTRATRICE E CAPO INDISCUSSO DELL’ORGANIZZAZIONE

Tra gli arrestati c’èra Anna Bettozzi – cantante con nome d’arte Ana Bettz -, vedova del petroliere Sergio Di Cesare, che secondo le accuse sarebbe amministratrice di fatto della precedente Max Petroli, poi Made Petrol Italia Srl – della famiglia Bettozzi

Anna Bettozzi è stata considerata dai Pm “amministratrice di fatto” dell’azienda di famiglia Maxpetroli (poi Made Petrol). Arrestata quella mattina dalla Procura di Roma. La donna, secondo il Gip era “capo indiscusso dell’organizzazione” ed era socia di Alberto Coppola, uno dei principali indagati che, a Roma, era in contatto con il boss camorrista Antonio Moccia. Ed è proprio con Coppola che Ana Bettz si sfoga il 14 febbraio 2018 quando si lamenta di come vengono gestiti gli affari dal gruppo di imprenditori coinvolto nella commercializzazione di prodotti petroliferi. Milioni di euro sporchi che la sua azienda, in sostanza, stando alle carte doveva ripulire.

Nelle oltre 600 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip di Roma, la donna è accusata di aver evaso evaso Iva, accise e Ires per oltre 16o milioni di euro. Secondo gli inquirenti aveva messo in piedi un’associazione a delinquere operante nel settore petrolifero per aggirare il fisco. I Pm sostengono infatti che, trovandosi a gestire una società in grave crisi finanziaria, era riuscita a ottenere forti iniezioni di liquidità da parte di vari clan di camorra, tra cui quelli dei Moccia e dei Casalesi, che le avevano consentito di risollevare le sorti dell’impresa, aumentando in modo esponenziale il volume d’affari, passato da 9 milioni di euro a 370 milioni di euro in tre anni.

Il denaro nella “Maxpetroli”, secondo i Pm, veniva autoriciclato e reinvestito anche “nell’attività imprenditoriale dell’arruolamento a fini pubblicitari del testimonial Gabriel Garko per il nuovo spot della “Made Petrol”. Dalle intercettazioni, per gli inquirenti “emerge la stipula di un contratto per la realizzazione di uno spot pubblicitario tra Bettozzi Anna e l’attore Garko Gabriel in cui parte del corrispettivo pattuito, pari a 150mila euro, è stato versato in denaro contante”. “Si era parlato del contratto in un certo modo…poi a me è arrivato un contratto fatto in un altro”. Garko si lamenta e la Bettz lo tranquillizza: “No…Gabrlel no”. “Il contratto era da 200.000!… Quel contratto lo strappo”. L’attore insiste e l’imprenditrice lo rassicura: “Scusa … noi abbiamo stabilito 250 … 50 te li ho già dati e rimangono 200”. L’ultima parola però la dice Garko che chiarisce dove sta il problema: “100 in nero e 100 fatturato … sul contratto va messo solo il fatturato!”. “Va messo solo 100?”. “E certo!”. “E va bene”. “Il cash prima del contratto”. Affari, ma anche la ribalta del jet-set: “Dalle riprese fotografiche – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – emerge come l’attore Gabriel Garko abbia accompagnato la Bettozzi sul red carpet anche del Festival di Cannes, a riprova della collaborazione commerciale stretta col testimonial”.

Ma a Cannes, l’11 maggio 2019, bisognava arrivarci per partecipare al festival del Cinema. Anna Bettozzi lo ha fatto a bordo di una Rolls Royce che è stata fermata dalla Guardia di Finanza alla frontiera di Ventimiglia. Dentro l’auto di lusso sono stati trovati circa 300mila euro in contanti che si aggiungono al milione e 734mila euro trovate all’interno di una cassetta di sicurezza dell’Hotel Gallia di Milano.

Operazione “Petrolmafie Spa”

GIGANTESCA CONVERGENZA DI INSOSPETTABILIE MAFIE

Dalle successive indagini è emersa, riferiscono gli investigatori, l’esistenza di una “gigantesca convergenza di strutture e pianificazioni mafiose originariamente diverse nel business della illecita commercializzazione di carburanti e del riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere intestate a soggetti insospettabili”.

Una alleanza tra clan camorristici, ‘ndrine calabresi e imprenditori per gestire il traffico illegale dei prodotti petroliferi.

Il Procuratore di Napoli Giovanni Melillo ha spiegato che è emerso “un ruolo centrale della presenza mafiosa nel settore della commercializzazione degli idrocarburi di figure apicali dell’associazione camorristica capeggiata fra gli altri da Antonio Moccia”.

L’indagine “ha dimostrato, ancora una volta la capacità di infiltrazione criminale, con la presenza sistematica, massiva, di imprese fiduciarie di associazioni mafiose in settori economici delicati e complessi come quello interessato da questa indagine, dei prodotti petroliferi” ha aggiunto.

“Parliamo di una vera e propria costellazione di imprese mafiose che costituiscono una componente strutturale del mercato le quali offrono e mettono a disposizione di chi entra in rapporto con loro ingenti risorse finanziarie – ha spiegato il Procuratore gratteri – Soprattutto offrono una straordinaria capacità di garantire servizi illegali, come quelli rappresentati in questo caso da una rete impressionante di società cartiere, intestate a prestanomi, che hanno il compito di realizzare e utilizzare false fatturazioni che consentono poi straordinari profitti”.

Il Procuratore di Catanzaro ha esplicitato che l’indagine “dimostra la grande sinergia tra le principali mafie italiane“. Non solo, stando a un’intercettazione ambientale, gli stessi mafiosi sostengono che il petrolio “conviene più della droga“.

E ha aggiunto Gratteri “l’indagine dimostra la grande sinergia tra le mafie italiane” – Sul versante delle indagini sulla ‘ndrangheta, l’inchiesta, avviata nel giugno 2018 dalla Dda di Catanzaro quale prosecuzione dell’operazione Rinascita-Scott si è incentrata sulle figure di alcuni imprenditori vibonesi, attivi nel settore del commercio di carburanti, ritenuti espressione della cosca Mancuso di Limbadi, e collegati alle articolazioni Bonavota, Anello e Piscopisani nel vibonese e Piromalli, Italiano e Pelle nel reggino. Sono stati accertati due sistemi di frode, riguardanti il commercio del gasolio, attraverso il coinvolgimento di 12 società, 5 depositi di carburante e 37 distributori stradali, elaborati, organizzati e messi in atto proprio dagli indagati. Oltre all’evasione dell’Iva e delle accise su prodotti petroliferi, l’associazione avrebbe commesso innumerevoli reati fiscali ed economici. La prima tipologia di frode consisteva nell’importazione, perlopiù dall’est-Europa, di prodotti petroliferi artefatti e oli lubrificanti, successivamente immessi in commercio come gasolio per autotrazione”.

Le mafie non hanno steccati né procedure da rispettare, ma sono presenti dove c’è da gestire denaro e potere. Questa indagine dimostra la grande sinergia tra le principali mafie italiane“ ha commentato il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della videoconferenza di pari data insieme ai Procuratori di Napoli, Giovanni Melillo, di Roma Michele Prestipino, di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri “Quasi contemporaneamente quattro procure si sono trovate a indagare sullo stesso oggetto, quello dei petroli – ha proseguito Gratteri – e da un’intercettazione ambientale si dice ‘ci sta fruttando più della droga‘. Quattro procuratori che hanno lavorato insieme e in maniera determinata per arrivare a un risultato”.

Un’indagine, ha concluso Gratteri, che nasce “da Scott 2, è uno degli aspetti del riciclaggio della famiglia Mancuso di Limbadi. Una cosa che mi ha colpito è la riunione nel gennaio 2019 a Vibo Valentia in un’osteria: l’imprenditore D’Amico che ha un grosso deposito di carburanti ha incontrato un rappresentante di un’impresa estrattiva del Kazakistan, arrivato con una interprete a Lamezia Terme accompagnato da due broker, arrestati questa notte a Milano, con l’obiettivo di far arrivare petrolio a Vibo Valentia. In questa riunione alla presenza di esponenti delle cosche locali si è discusso di creare una boa nel porto di Vibo Valentia per fare attraccare le petroliere e con un tubo far arrivare nei depositi dell’imprenditore il petrolio“.

Operazione “Petrolmafie Spa”

NDRANGHETA, BROKER ESTERI E AMBASCITORI

Che i Mancuso avessero da tempo messo gli occhi sul business del petrolio lo ha confermato di recente in aula anche il pentito Emanuele Mancuso, il primo e al momento l’unico del potente casato mafioso di Limbadi. Affari, ha raccontato il collaboratore al processo Rinascita Scott, che sarebbero stati al centro anche di un incontro fra suo padre, Pantaleone, e l’ambasciatore del Congo.

“La mia famiglia – ha detto il collaboratore – aveva rapporti con esponenti politici del Paese africano e in quel periodo l’ambasciatore e un alto funzionario vennero ospitati per due volte a pranzo nella mia abitazione. Mio padre, conoscendo il mio carattere, ricordo che la mattina del primo incontro mi disse: ‘Mi raccomando, oggi comportati bene perché è un giorno importante’. Quando chiesi i motivi della visita di quelle persone, mia madre mi riferì che mio padre sarebbe entrato ad investire nel business del petrolio. E ricordo inoltre che in una delle due occasioni, l’ambasciatore ci portò anche numerosi passaporti diplomatici“.

Contatti internazionali emersi anche nel corso dell’inchiesta. Nel gennaio 2019, a Vibo Valentia, gli investigatori sono riusciti a monitorare una riunione con un rappresentante dell’azienda di idrocarburi Kmg, la KazMunaiGaz del Kazakistan, due broker, adesso arrestati a Milano, Luigi Mancuso dell’omonima famiglia e altri personaggi in odor di mafia. L’argomento è chiaro: fare arrivare il petrolio in Calabria. Al centro dell’incontro, la possibilità di creare un attracco per le petroliere che permettesse di evitare la fin troppo monitorata zona del porto di Gioia Tauro.

Insomma un’alleanza tra clan camorristici, ‘ndrine calabresi e imprenditori per gestire il traffico illegale dei prodotti petroliferi.

Operazione “Petrolmafie Spa”

IL FILONE NAPOLETANO

Nel filone napoletano dell’inchiesta, il Procuratore di Napoli Giovanni Melillo ha spiegato che è emerso “un ruolo centrale della presenza mafiosa nel settore della commercializzazione degli idrocarburi di figure apicali dell’associazione camorristica capeggiata fra gli altri da Antonio Moccia”. L’indagine “ha dimostrato, ancora una volta la capacità di infiltrazione criminale, con la presenza sistematica, massiva, di imprese fiduciarie di associazioni mafiose in settori economici delicati e complessi come quello interessato da questa indagine, dei prodotti petroliferi” ha aggiunto. “Parliamo di una vera e propria costellazione di imprese mafiose che costituiscono una componente strutturale del mercato le quali offrono e mettono a disposizione di chi entra in rapporto con loro ingenti risorse finanziarie – ha spiegato – Soprattutto offrono una straordinaria capacità di garantire servizi illegali, come quelli rappresentati in questo caso da una rete impressionante di società cartiere, intestate a prestanomi, che hanno il compito di realizzare e utilizzare false fatturazioni che consentono poi straordinari profitti”.

Operazione “Petrolmafie Spa”

I SEQUESTRI

Sono stati sequestrati beni immobili, società e denaro contante per un valore di circa 1 miliardo di euro. I Magistrati hanno sequestrato ville, quote societarie, conti correnti nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Crotone, Napoli, Salerno, Verona, Catania, Palermo, Messina, Ragusa, Siracusa e Caltanissetta. Sigilli a catene di rifornimento, depositi di carburanti, tutti i provvedimenti sono stati convalidati dal Gip e i beni, attualmente, sono stati affidati agli amministratori giudiziari.

Operazione “Petrolmafie Spa”

Riepilogo dei reati contestati e dei provvedimenti eseguiti nella Operazione “Petrolmafie Spa”

Totale complessivo misure personali: n. 71 (56 occ + 15 fermi)

Totale sequestri: 946.500.000 euro

Operazione “Petrolmafie Spa”

DDA NAPOLI

Misure cautelari personali nei confronti di n. 10 soggetti (6 arresti in carcere, 4 arresti domiciliari). Sequestri per circa 4.500.000 euro.

Reati ipotizzati: artt. 416 bis (associazione di tipo mafioso), 416 bis 1. (circostanza aggravante per reati connessi ad attività mafiose), 512 bis (trasferimento fraudolento di valori), 513 bis (illecita concorrenza con minaccia o violenza), 629 (estorsione) in relazione al 628 comma nn.1 e 3, 648 bis (riciclaggio), 648 ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita), 648 ter.1 (auto­riciclaggio), 240 bis (confisca per sproporzione), 110 (concorso nel reato), 56 (tentativo) e 81 c.p.v. c.p. e artt. 10, 12 e 14 L. 497/74 (detenzione e porto illegale di armi).

Hanno operato 220 Finanzieri del Comando Provinciale Napoli.

Destinatari dei provvedimenti cautelari:

  • CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE
  1. COPPETA Gabriele, nato ad Afragola il 04.04.1965;
  2. COPPOLA Alberto, nato a Napoli il 19.07.1967;
  3. D’AMICO Salvatore alias “O’ Pirata”, nato a Napoli il 01/08/1973;
  4. LIBERTI Domenico, nato a Napoli il 26.03.1969;
  5. MAZZARELLA Francesco, nato a Napoli il 14.05.1971;
  6. VIVESE Giuseppe, nato a Napoli il 06.08.1983.
  • ARRESTI DOMICILIARI
  1. ABBONDANDOLO Claudio, nato a Napoli il 22.12.1972;
  2. COPPOLA Silvia, nata a Torre del Greco (NA) il 23.02.1995;
  3. DI BLASIO Maria Luisa, nata a Napoli il 21.11.1950;
  4. FIANDRA Aldo, nato a Casoria (NA) il 20.04.1960;
Operazione “Petrolmafie Spa”

DDA ROMA

Misure cautelari personali nei confronti di n. 23 persone (10 in carcere e 13 agli arresti domiciliari). Sequestri per oltre 200 milioni di euro.

Reati ipotizzati: associazione per delinquere costituita per la commissione di plurimi reati tributari, illecita commercializzazione di prodotti petroliferi, riciclaggio nonché autoriciclaggio, anche al fine di agevolare le attività di associazioni di tipo mafioso.

Hanno operato 200 Finanzieri del Comando Provinciale Roma.

Destinatari dei provvedimenti cautelari:

  • CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE
  1. AURIEMMA Ferdinando, nato a Caserta il 19.02.1979;
  2. BETTOZZI Anna, nata a Roma il 27/07/1958;
  3. BETTOZZI Filippo Maria, nato a Roma il 02/09/1987;
  4. COPPOLA Alberto, nato a Napoli il 19.07.1967;
  5. D’AGOSTINO Felice, nato a Terlizzi (BA) il 3.02.1982;
  6. MERCADANTE Giuseppe, nato a Caserta il 13.01.1979;
  7. MOCCIA Antonio, nato ad Afragola (NA) il 13.06.1964;
  8. STRINA Roberto, nato il 20.12.1980;
  9. SCHIAVONE Armando, nato a Capua (CE) il 07.12.1974.
  10. VIVESE Giuseppe, nato a Napoli il 06.08.1983;
  • ARRESTI DOMICILIARI
  1. CIUCCIO Raffaele, nato ad Afragola (NA) il 19.06.1964;
  2. COPPOLA Eduardo, nato Napoli il 16.12.1962;
  3. COPPOLA Roberta, nata a Torre del Greco (NA), il 02.03.1998;
  4. COPPOLA Silvia, nata a Torre del Greco (NA) il 23.02.1995;
  5. DEL BENE Vittorio, nato a Nocera Inferiore (SA) il 05.02.1981;
  6. DI CESARE Virginia, nata a Roma il 25.09.1993;
  7. D’APOLITO Ilario, nato a Vallo della Lucania (PZ) il 13.07.1982;
  8. DI FENZA Luigi, nato a Napoli il 22.02.1954;
  9. LIBERTI Domenico, nato a Napoli il 26.03.1969;
  10. LIONE Marco, nato a Napoli il 31.07.1973;
  11. SALVI Stefano, nato a Roma il 08.10.1979.
  12. SPADAFORA Gennaro, nato a Torre del Greco (NA) il 28.10.1974;
  13. TOSCANO Claudio, nato a Napoli il 13.02.1966.
Operazione “Petrolmafie Spa”

DDA CATANZARO

Fermo di indiziato di delitto nei confronti di n. 15 indagati

Sequestri per un valore complessivo di 142 milioni di euro.

Reati ipotizzati: associazione per delinquere di tipo mafioso (‘Ndrangheta), estorsione, riciclaggio, intestazione fittizia di beni, aggravati dalle modalità mafiosa, nonché associazione per delinquere finalizzata all’evasione dell’IVA e delle Accise sui prodotti petroliferi destinati al consumo

Hanno operato 250 Finanzieri del Comando Provinciale Catanzaro e 400 Carabinieri. Più in dettaglio:

  • militari del ROS e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, con il supporto, nella fase esecutiva, dei Comandi territoriali competenti, nonché del XIV Battaglione Carabinieri “Calabria”, dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria” e del G.I.S. (Gruppo Intervento Speciale), per l’esecuzione ad un Decreto di Fermo di indiziato di delitto nei confronti di 15 indagati;
  • gli stessi militari per l’esecuzione di un Decreto di sequestro emesso in via d’urgenza dalla medesima Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro – Direzione Distrettuale Antimafia, di beni ubicati nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Crotone, Napoli, Salerno, Verona, Catania, Palermo, Messina, Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, riconducibili (soprattutto) a società di capitali e a ditte individuali operanti nel settore del commercio di carburanti e dei trasporti, oltre a numerosi beni immobili, per un valore complessivo di 142 milioni di euro e in particolare di: 15 imprese operanti nel settore del commercio di carburanti che hanno in gestione 6 depositi e 30 distributori di carburante; 8 imprese edili; 2 imprese di trasporti; 1 società di commercio veicoli; 2 imprese del settore agricolo; 6 società di servizi vari; 161 beni mobili; 249 immobili (tra i quali figurano terreni, appartamenti e ditte).

Destinatari dei provvedimenti di fermo:

  1. AGOSTA Alberto Pietro, cl.’86 di Sant’Agata Li Battiati (CT),
  2. ANELLO Francescantonio, cl.89 di Filadelfia (VV),
  3. BORRIELLO Luigi, cl.’75 di San Giorgio a Cremano (NA),
  4. D’AMICO Antonio, cl.’64 di Vibo Valentia,
  5. D’AMICO Giuseppe cl. 72 di Vibo Valentia,
  6. GIORGIO Salvatore cl.’74 di Chiaravalle Centrale (CZ),
  7. MANCUSO Francesco, cl. 57 di Limbadi (VV),
  8. MANCUSO Silvana, cl. 69, di Limbadi (VV),
  9. MONTELEONE Francesco, cl. 85, di Vibo Valentia,
  10. PADURET Irina, cl. 86, di Milano,
  11. PORRETTA Francesco Saverio, cl. ’74, di Milano,
  12. PUGLIESE Rosamaria, cl.’75, di Nicotera,
  13. RIGILLO Domenico, cl.’72 di San Vito Sullo Ionio (CZ),
  14. RUCCELLA Giuseppe, cl. 81 di Filogaso (VV)
  15. TIRENDI Alessandro Primo, cl.’82 di Gravina di Catania (CT).

Operazione “Petrolmafie Spa”, anche un imprenditore e un avvocato siciliano indagati

IL FILONE SICILIANO

L’obiettivo dei Mancuso era di creare a Vibo Valentia una raffineria collegata tramite un oleodotto a una piattaforma di scarico piazzata a 1,5 chilometri dalla riva. Lì le navi provenienti da mezzo mondo avrebbero potuto attaccarsi e scaricare il greggio, di qualsiasi provenienza fosse. Tanto poi ci pensavano loro a farlo diventare “soldi”. Per questo si appoggiavano ad imprenditori che già operavano sul mercato.

Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia calabrese, nelle quasi quattromila pagine di ordinanza, era il catanese Orazio Romeo, autodefinitosi in una circostanza del 2012 estranea all’inchiesta, “erede universale” dell’imprenditore Sebastiano Pappalardo, suo nonno materno, e già in rapporti con i fratelli D’Amico. Per la Procura calabrese Romeo ha messo «a disposizione della consorteria le società del proprio gruppo, al fine di agevolare lo smercio del carburante contrabbandato dalla associazione, acquistandolo dai fratelli D’Amico (Antonio e Giuseppe, di 57 e 49 anni, di Piscopio, arrestati nell’ambito dell’operazione “Rinascita Scott 2”, parte dell’inchiesta Petrof mafie, entrambi in atto in carcere) a prezzi scontati, per la successiva vendita al dettaglio presso i distributori di sua proprietà. Inoltre, metteva a disposizione, per il trasporto di prodotto proveniente dal nord Italia, le autobotti di un’altra società» della galassia del gruppo e «offriva la propria disponibilità a riciclare denaro provento delle illecite transazioni e partecipava, con i D’Amico, alla ideazione di ulteriori sistemi di traffico e contrabbando di prodotti petroliferi ed oli minerali in evasione di imposte ed accise».

«I soldi in nero te li posso fare diventare bianchi», si vantava Romeo in una delle tante intercettazioni captate dai finanzieri dello Scico. Un primo incontro tra Romeo e i D’Amico c’era stato nel giugno 2018, ma è stato quello del 28 settembre dello stesso anno a suggellare l’accordo. Il 2 ottobre si sentono nuovamente per le “licenze” e dal 4 ottobre parte l’accordo, con un’altra intercettazione dalla quale si capisce che «la prima autocisterna si trovava in quel momento alla Dr Service, ove stava approvvigionando prodotto petrolifero. Romeo precisava altresì che l’indomani sarebbe seguita una seconda cisterna».

I rapporti tra Romeo, D’Amico e Mancuso erano anche precedenti al 2018. La SP Energia Siciliana negli anni 2012-2013 aveva promosso un’azione esecutiva nei confronti della società dei D’Amico per un credito di 2 milioni di euro. Ma la società siciliana era anche proprietaria di un distributore a Filandari (in provincia di Vibo Valentia) gestito da Cesare Nicola Limardo, nipote di Giovanni Mancuso oltre che di Silvana Mancuso. Quel distributore fu venduto a Limardo a poco più di un quinto del valore della stessa.

Altro nome siciliano nelle carte dell’inchiesta è quello dell’avvocato Antonino Grippaldi, vicepresidente alla Kore e nel Cda Autodromo Pergusa – entrambe le realtà del tutto estranee all’inchiesta, ovviamente – secondo la Procura “prestanome” per conto di Giovanni Camastra, Domenico Camastra e Antonio Casile come rappresentante legale dell’ItalPetroli S.p.A. dal 05.11.2018 al 14.02.2019, nonché presidente del Cda della società.

Adduso Sebastiano

Operazione “Petrolmafie Spa”, anche un imprenditore e un avvocato siciliano indagati

Una operazione della Procura di Catanzaro

(tutte le altre informazioni regionali le trovi anche su Vivicentro – Redazione Sicilia)

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