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Omicidi in Italia: cresciuta la proporzione delle donne che uccidono

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Sullo sfondo di una riduzione dell’80 per cento del numero degli omicidi in Italia negli ultimi 25 anni, i dati rivelano che il fenomeno ha subito rilevanti mutamenti qualitativi. Rimane vero che gli assassini sono soprattutto giovani uomini. Ma è anche cresciuta la proporzione delle donne che uccidono.

Quando a uccidere sono le donne

Per molto tempo uccidere era un atto confinato all’interno della popolazione maschile. Dal 2000, però, gli omicidi tra uomini sono calati drasticamente, mentre le uccisioni di donne da parte di altre donne sono rimaste stabili o leggermente cresciute.

Il genere e la violazione delle norme

S

traordinari mutamenti sono avvenuti in Italia, nell’ultimo quarto di secolo, nel campo della criminalità violenta. Non solo il numero degli omicidi è fortemente e costantemente diminuito, passando da 1.916 casi (3,4 per 100 mila abitanti) nel 1991 a 397 (0,65) nel 2016. Sono cambiate anche le caratteristiche demografiche degli autori del delitto.

È mutata la loro composizione per età: sono calati gli autori di omicidio fra i 26 e i 40 anni, ovunque ma soprattutto nel Mezzogiorno, cioè proprio nello strato della popolazione più colpito dalla crisi economica .

I dati della ricerca che stiamo conducendo nell’archivio del ministero dell’Interno ci dicono, inoltre, che è mutata anche la composizione per genere degli autori degli omicidi.

Gli studi condotti nei paesi occidentali hanno messo in luce che il genere è una delle variabili indipendenti più importanti per predire la violazione delle norme penali: è molto più probabile che a delinquere sia un uomo piuttosto che una donna.

Vi sono tuttavia differenze a seconda del tipo di reato. In primo luogo, oggi come nel passato, quanto più grave è un delitto tanto più facile è che a compierlo sia un uomo. Così, ad esempio, in Italia, all’inizio degli anni Novanta, le donne costituivano il 10 per cento dei condannati per furto e il 3,9 per cento delle persone denunciate o arrestate per omicidio.

In secondo luogo, nell’ultimo quarantennio, nei paesi occidentali, vi è stata una (moderata) tendenza alla convergenza fra la criminalità femminile e quella maschile. Si è verificata solo, o principalmente, per i reati meno gravi (furti e truffe), soprattutto a causa dell’ingresso di un numero crescente di donne nel mercato del lavoro, che ha creato nuove occasioni di illeciti penali.

Due diverse tendenze

Nell’ultimo quarto di secolo, nel nostro paese, anche il divario di genere fra gli autori di omicidio è diminuito. La quota delle donne sul totale delle persone arrestate o denunciate per questo delitto è più che raddoppiata, passando dal 3,9 per cento nel 1992 al 9,1 per cento nel 2016, superando però anche l’11 per cento nel 2014.

Figura 1

Quando a uccidere sono le donne

Il mutamento ha avuto luogo sia nelle regioni centro-settentrionali che in quelle meridionali e insulari (figura 1). È dovuto, in misura minore, alla crescita degli omicidi commessi da donne, avvenuta soprattutto fino all’inizio del Duemila, ma in misura molto maggiore alla fortissima flessione di quelli compiuti da uomini. Si pensi che, dal 1993 al 2016, questi ultimi sono diminuiti di due terzi (tabella 1).

Tabella 1 – Numero di persone arrestate o denunciate per omicidio dal 1992 al 2016, per genere

Numero di persone arrestate o denunciate per omicidio dal 1992 al 2016, per genere

Fonte: ricerca Barbagli e Minello, archivio Ministero dell’Interno

Sarebbe un errore interpretare la crescente tendenza delle donne a uccidere come una reazione al fenomeno del femminicidio. Per quanto il genere dei coinvolti non basti a definire i femminicidi, i dati parlano di un mutamento nel rapporto fra il genere dell’autore e quello della vittima nell’ultimo quarto di secolo (tabella 2). Nell’ultimo decennio del Novecento, gli uomini costituivano il 92 per cento degli arrestati o denunciati per questo delitto e il 70 per cento degli uccisi. Quasi due terzi di questi delitti erano commessi da uomini contro uomini. Uccidere era dunque un atto confinato all’interno della popolazione maschile, una soluzione dei conflitti alla quale facevano ricorso principalmente gli uomini, che più frequentemente delle donne si trovano in situazione di competizione, di rivalità, di lotta per il controllo di risorse, materiali e umane. Le donne erano solo l’8 per cento degli autori, ma il 30 per cento delle vittime.

Tabella 2 – Numero medio annuo di omicidi commessi in Italia, in tre periodi, secondo il genere dell’autore e della vittima (1992-2016)

 Numero medio annuo di omicidi commessi in Italia

Fonte: ricerca Barbagli e Minello, archivio Ministero dell’Interno

La situazione è cambiata nel nuovo millennio. Gli omicidi fra uomini hanno subito una forte flessione, pur restando la maggioranza. Sono diminuiti anche i casi di donne uccise da uomini, ma meno dei precedenti, e dunque il loro peso percentuale è cresciuto. Sono calati pure quelli di uomini ammazzati da donne. Sono rimaste stabili o lievemente cresciute le uccisioni di donne da parte di altre donne (tabella 2).

Il mutamento è solo in parte dovuto al fatto che il tipo di omicidio che ha subito la più forte flessione è quello di criminalità organizzata, che molto più degli altri avviene fra uomini. La crescita della quota di donne fra gli autori è avvenuta infatti anche per molti altri tipi di omicidio: familiari, di criminalità comune, per furti e rapine (tabella 3).

Tabella 3 – Percentuale di donne sul totale degli autori per tipo di omicidio e periodo (1992-2016)

Percentuale di donne sul totale degli autori per tipo di omicidio e periodo (1992-2016)

Le differenze di genere si riscontrano anche sul tipo di arma usata per uccidere. Prevalgono quelle da fuoco quando un uomo ne uccide un altro. È, invece, frequente il ricorso all’asfissia quando una donna ne uccide un’altra (tabella 4).

Tabella 4 – Percentuale di omicidi commessi in Italia secondo il genere di autore e vittima per arma usata

Percentuale di omicidi commessi in Italia secondo il genere di autore e vittima per arma usata

Fonte: ricerca Barbagli e Minello, archivio Ministero dell’Interno

vivicentro.it/ATTUALITÀ CULTURA
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Marzio Barbagli e Alessandra Minello/lavoce.info

MARZIO BARBAGLI

Laureato in Scienze Politiche all’Università di Firenze, è stato direttore dell’Istituto Cattaneo di Bologna, professore ordinario di sociologia a Bologna e Trento, visiting scholar in numerose università americane, inglesi e australiane. Ha diretto l’Osservatorio nazionale sulle famiglie della Presidenza del Consiglio dei Ministri. E’ stato consulente del Ministero dell’Interno come direttore scientifico di quattro rapporti sulla criminalità in Italia e membro del Consiglio dell’Istat. E’ autore di numerosi libri, fra i quali “Congedarsi dal mondo. Il suicidio in Occidente e in Oriente”, vincitore del premio Mondello per la saggistica. E’ professore emerito all’Università di Bologna e Accademico dei Lincei.

ALESSANDRA MINELLO

Research Fellow in Sociologia all’Istituto Universitario Europeo a Firenze. Collabora al progetto “Determinants of the emergence of gender-specific patterns of competencies and decision making over the educational career in Germany”, finanziato da DFG. Ha lavorato all’Università di Bamberg e all’ Università Bocconi (Centro Carlo F. Dondena). Ha ottenuto il dottorato in Sociologia e Ricerca Sociale all’Università di Trento, con una tesi sulle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni in Italia. Dal 2008 collabora ad un progetto di demografia storica dell’Università di Padova: CHILD (Collecting Hasburgical Information about Life and Death), ed è coautrice del libro “Sweet CHILD of mine”.

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