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Castellammare di Stabia

Olimpiadi: il senso di una Vita è nel conoscere sé stessi

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Le Olimpiadi sono state, sono e saranno sempre l’occasione per lasciare il proprio segno nella Storia – Intervista a Salvatore Amitrano, di come il Canottaggio ha segnato la sua Vita.

Olimpiadi: il senso di una Vita è nel conoscere sé stessi

Nell’arco di una Vita, l’augurio di ciascuno è riuscire almeno per un po’ a conoscere la Felicità, per molti avere ricchezza, per altri saggezza, per altri ancora sono la Gloria e il Successo…Poi ci sono gli Atleti, che “semplicemente” sognano le Olimpiadi e la medaglia olimpica.

Dietro questo “semplice” desiderio, si rivela molto di più di quel che sembra: c’è una “scelta di vita” ben precisa.
Non chiamiamoli “sacrifici”: avere la possibilità e la volontà di dedicarsi a ciò che si ama fare non dovrebbe essere considerato un “sacrificio”, semmai lo sarebbe se si fosse costretti a rinunciarvi per dover fare altro che non si ama fare…
Ma chi non ha mai fatto sport, chi non si è mai trovato a riflettere su sé stesso, a scoprire i propri limiti e il proprio potenziale, non lo può capire, e vede il dedicarsi profondamente a ciò che si ama fare come “una rinuncia alla vita normale” (dove in fondo, non si rincorre alcuna medaglia).

Lo Sport è insieme all’Arte, lo specchio che rivela e riflette l’essenza di una persona, sia quando gioisce per una vittoria, sia quando -soprattutto- deve piegarsi e riconoscere di aver perso (da come ci si rialza dal crollo, si può capire che tipo di uomo/donna si è).

In questi tempi moderni, essere Atleta implica anche saper gestire le “attenzioni” dei social, degli sponsor, che in qualche modo rischiano di “far distrarre” da quale sia effettivamente la meta a cui si mira.

Quando il Barone francese Pierre de Coubertin, nel 1894 organizzò presso l´università della Sorbona, a Parigi, un congresso e diede impulso alla fondazione del Comité International Olympique, era assolutamente convinto della forza didattica dello sport e pensava che un buon approccio alla vittoria e alla sconfitta potesse essere d’aiuto nella vita di ciascuno, per misurarsi con se stesso e per rispettare gli altri.

Il 1896, quindi, fu l’anno che aprì ufficialmente i primi Giochi Olimpici dell’era moderna ad Atene, e così come avveniva nell’antichità si fissò un intervallo di quattro anni tra una edizione e l’altra, e si ripresero molti termini arcaici per indicare gli atleti, gli arbitri e le competizioni.

Le Olimpiadi moderne ottennero un enorme successo, e la Grecia, con il suo re Giorgio I, chiese la possibilità di diventare sede permanente di tutti i futuri Giochi Olimpici; il CIO non concesse tale diritto e stabilì che ogni edizione dovesse essere organizzata di volta in volta in una nazione diversa.

La prima Olimpiade è datata nel 776 a.C., nella città sacra di Olimpia, tenutasi per rendere omaggio agli dei. Da quella data si celebrarono ogni quattro anni, finché, nel 393 d.C., l’imperatore Teodosio ne decretò la fine, poiché considerata manifestazione pagana. L’editto dell’imperatore romano, Teodosio I, pose fine ad ogni forma di manifestazione sportiva e con l’ordinanza di distruzione del tempio di Zeus, completata poi dal terremoto del VI sec. d.C.,

I Giochi erano un evento assai importante che determinava, addirittura, la sospensione di ogni conflitto bellico, istituendo una “tregua sacra” che permetteva agli atleti di prendere parte alle gare.

Diversamente da oggi, dove le Olimpiadi si tengono indipendentemente dai conflitti in atto (altro che “tregua sacra”), c’è una costante: il sogno di diventare leggenda, diventare esempio per i più giovani e se nell’antica Grecia venivano esaltati da famosi poeti nei loro poemi -talvolta si costruivano anche statue in loro onore-, oggi si è insigniti di onorificenze importanti, per aver reso orgogliosa la propria Patria.

Si potrebbe dire, che in qualche modo si diventa Immortali, nella misura in cui ciò che si è fatto resterà nella memoria di chi viene dopo.

Questo permette lo Sport. Diversamente dall’Arte, dove il giudizio è rimesso alla “sensibilità”del tempo, lo Sport concede una “vera” Vittoria: si disputa la gara, il MIGLIORE VINCE.

Lo Sport concede, diversamente dall’Arte, la possibilità di misurarsi nel tempo in cui si vive e scoprire effettivamente il proprio valore.

Se poi, non tutti si ricorderanno del nome del vincitore, poco importa: chi si approccerà a quella certa disciplina -magari poco “sponsorizzata”- prima o poi pronuncerà il nome di quell’Atleta “poco conosciuto” e si confronterà con il risultato da lui raggiunto, prendendolo ad Esempio.

All’Atleta che magari pur avendo vinto, non è stata resa abbastanza Gloria, resterà comunque la consapevolezza di aver vissuto pienamente la propria vita, avendo avuto la possibilità di compiere pienamente sé stesso, misurandosi con i suoi stessi limiti e riuscendo a migliorarsi.

Castellammare di Stabia è una città che vanta numerosi atleti che hanno reso onore al Paese in ambito sportivo, in primis i fratelli Carmine e Giuseppe Abbagnale, che insieme a Giuseppe Di Capua hanno fatto la storia del canottaggio italiano e mondiale.

Sempre nel Canottaggio altri due Atleti stabiesi hanno reso onore all’Italia: Salvatore Amitrano e Catello Amarante, rispettivamente classe ‘75 e ‘79, che dal 1998 al 2004 con la loro imbarcazione 2 senza PL hanno dominato incontrastati sul gradino più alto del podio in questa specialità.

Inoltre, insieme a Lorenzo Bertini e Bruno Mascarenhas , alle Olimpiadi di Atene 2004 hanno conquistato il bronzo, condividendo il podio con i danesi Kristensen, Ebert, Moelvig, Ebbesen, e gli australiani Loftus, Edwards, Cureton, Burgess.

L’intervista: una Vita riflessa nel Canottaggio

In questa intervista, Salvatore Amitrano, Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana, si racconta dagli esordi alle esperienze olimpiche (oltre ad Atene, ci sono state Sidney nel 2000 e Pechino nel 2008).

1) Prima delle Olimpiadi di Atene, nella tua carriera c’è stata quella di Sindey e poi dopo quella di Pechino, che ricordo hai di ognuna di loro?
I ricordi delle Olimpiadi a cui ho partecipatio sono tanti e tutti diversi tra loro, l’unica cosa che non cambia ed è una delle cose più belle, è l’atmosfera che si respira, la così detta aria olimpica che amo ricordare e ti resta per sempre.

2)Hai iniziato la tua carriera sportiva giovanissimo, cosa ti ha fatto appassionare di questo sport?
Ho iniziato il canottaggio a circa 12 anni ma anche prima di intraprendere questo sport ero uno che amava praticare molte discipline, ciò che mi ha fatto appassionare proprio al canottaggio è il fatto che questo sport ti porta a stare in continuo contatto con la natura, per questo lo reputo uno degli sport più belli ed affascinanti.

3) Gli allenamenti di canottaggio, sono, probabilmente, tra i più faticosi, in quanto non si tratta solo di allenare il corpo, ma anche di imparare a padroneggiare l’imbarcazione e saper affrontare gli imprevisti atmosferici. Negli anni, come hai visto cambiare i programmi di allenamento? Quanta attenzione è rivolta alla capacità di concentrazione e mantenere una mentalità “vincente”?

l canottaggio sicuramente è uno sport duro, ma forse è proprio questo uno degli elementi che mi ha fatto innamorare di questa disciplina, la possibilità di poter tentare, ogni giorno, di oltrepassare i propri limiti. Il canottaggio oltre ad essere uno sport di forza e resistenza è per il settanta per cento uno sport molto tecnico, il classico sport dove la forza è nulla senza il giusto controllo.

Gli allenamenti negli anni hanno sicuramente subito una evoluzione come d’altra parte i materiali, ma noi a Castellammare abbiamo avuto, come è noto, allenatori che per primi hanno capito e sperimentato metodologie vincenti che poi hanno fatto grande il canottaggio italiano, sicuramente la capacità di attenzione e di concentrazione, soprattutto quando si fa fatica, è un elemento essenziale che può fare la differenza.

4) Quale è stato il periodo di allenamento più faticoso?

I periodi di allenamento sono molto diversi tra loro in base al periodo ed all’avvicinamento alle gare. Io sinceramente nella fatica trovavo sempre grande motivazione e voglia di andare oltre perché sentivo che dopo la fatica avrei sicuramente potuto ottenere il risultato… Senza fatica credo che ciò non sia possibile.

5)Ci sono mai stati periodi in cui hai “odiato” questo sport?

Non ho mai odiato il mio sport come non ho mai odiato lo sport in generale, credo che lo sport sia una possibilità che la vita ci riserva a prescindere dal fatto che si diventi campione o no, questo perché i valori dello sport, in primis, sono quelli di far diventare campioni nella vita prima che di vincere una gara.

6)Quanto ti ha cambiato umanamente praticare uno sport come il canottaggio, che alla fine di ogni gara, ti lascia letteralmente senza fiato?

Il canottaggio mi ha sicuramente cambiato la vita, come sicuramente me l’ha cambiata vincere una medaglia olimpica, il sogno di qualsiasi atleta.

7)La Tennista Naomi Osaka ha fatto parlare di sé quando si è rifiutata di presenziare in conferenza stampa, stanca delle continue pressioni da parte dei giornalisti. Secondo te, sono gli atleti ad essere diventati più “fragili”, o è tutto il sistema che gira intorno allo Sport che diventa sempre più lacerante e pressante nei confronti degli atleti (soprattutto quando ci sono di mezzo importanti sponsor)?

Non giudico il comportamento della Naomi Osaka e credo che abbia avuto delle valide motivazioni se ha fatto quella scelta, detto ciò purtroppo gli interessi economici, da sempre, hanno inquinato lo sport, vedi il doping e la continua ricerca del risultato a tutti i costi anche mettendo a rischio la propria salute, insomma cose che vanno completamente in contrasto con quello che è e deve essere lo spirito ed i valori olimpici.

8)La tua imbarcazione, il quattro senza PL, è forse quella “tecnicamente più difficile”, qual è stato il “collante” che ha permesso a te e ai tuoi colleghi di imbarcazione, Bertini, Amarante, Mascarenhas di arrivare così lontano e dividervi il podio con Danimarca e Australia?

Il quattro senza è sicuramente una delle discipline più tecniche del canottaggio, posso dirti, con estrema sincerità, che noi quattro presi singolarmente non eravamo grandi talenti, ma uniti, con il gioco di squadra diventavamo spesso imbattibili e questo ci ha consentito di vincere quasi tutto dal 2001 al 2004, insomma quando si dice uno spogliatoio unito e compatto, ed infatti tra noi, anche se capita di vederci raramente, è rimasto un bellissimo rapporto di amicizia unito per sempre da quella medaglia olimpica.

9) Al termine della finale alle Olimpiadi di Atene, ne uscisti un “po’ provato”, come hai fatto a resistere per tutta la gara e arrivare fino alla fine sapendo che rischiavi col cuore?

Diciamo che nella mia carriera i problemi legati alla salute, purtroppo, non sono mancati, ma avevo un obiettivo, un sogno, a cui non avrei mai e poi mai rinunciato forse anche con un pò di incoscienza, ma grazie a Dio è andata bene..

10) Un altro canottiere, il britannico Stephen Geoffrey Redgrave, pure aveva a che fare con problemi di salute, lui soffriva di diabete (e comunque continuava a vogare): che lavoro deve fare mentalmente un atleta per riuscire a mantenere alta la sicurezza in sé stesso, quando certi “problemi di salute” gli diventano “di intralcio”?

Stephen Geoffrey Redgrave a mio avviso è stato uno dei più grandi atleti di tutti i tempi, sono certo che una marcia in più, quella motivazione che lo faceva andare avanti, lui la trovasse proprio nel riscattare quel problema che lo affliggeva, ho avuto la fortuna di vederlo tanta volte in gara e posso dirti che ogni volta ne restavo incantato. Sicuramente l’essere seguiti, io come sicuramente lui, da staff medici di altissimo livello, ti permette di poter fare cose che senza di certo non riusciresti a fare.

11) Secondo te, l’apporto tecnologico che aiuta a migliorare le imbarcazioni, “aiuta” gli atleti rendendo la gara più “facile” o in fondo tutto risiede sempre nelle capacità dell’atleta?

Sicuramente l’evolversi dei materiali permette di raggiungere velocità e prestazioni migliori, ma sicuramente ciò che fa la differenza è il motore che resta l’atleta sia per forza che per tecnica.

12) Nella palestra del Circolo Nautico Stabia, in cui ti sei allenato per tanto tempo, c’era su una lastra di marmo la scritta “IL SUCCESSO è UNA LUNGA PAZIENZA”, per te che significato ha avuto questa frase?

“IL SUCCESSO è UNA LUNGA PAZIENZA” è stato ciò che più volte mi sono ripetuto nella vita e questo perché questa frase dice una grande verità, non passava un giorno, anzi, non passa un giorno ancora oggi, che almeno una volta non me lo ripeta perché un’altra cosa che lo sport insegna è quella di non fermarsi mai, anche nel quotidiano.

13) Quando ad Atene 2004 sei salito sul podio con accanto i danesi e gli australiani, cosa hai pensato?
In Danimarca e in Australia il Canottaggio è certamente molto più considerato rispetto che in Italia, eppure avete dimostrato di non avere nulla in meno, come vi eravate preparati per riuscire a tanto?

Sul podio con i danesi e gli australiani ero già salito diverse volte, erano anni che a fasi alterne ci scambiavamo solo i gradini di quel podio e tra noi c è sempre stata grande stima e rispetto, ma ciò che posso dirti è che quel podio, il podio olimpio, ha un altro sapore. A noi non è mai interessata la considerazione dall’esterno, a noi interessava realizzare il nostro sogno, un sogno che poi alle Olimpiadi diventa il sogno di una nazione intera.

14)Cosa pensi degli atleti convocati quest’anno alle Olimpiadi?

Quest’anno in squadra ci sono molti giovani a mio avviso forti che possono fare grandi cose, la federazione sta investendo tanto, da anni, nella ricerca di nuovi talenti e sono certo che questa squadra farà bene.

15) Il fatto che le gare si disputino senza pubblico, e lo “spettro del virus” con cui si rischia la quarantena, pensi che giochino a sfavore del morale degli atleti?

Sicuramente per un atleta gareggiare in questa situazione di stress non è facile, la paura di poter compromettere il risultato aggiunge ulteriore stress in una situazione in cui un atleta già è provato dal momento e dall’avvicinamento alla gara, ma sono sicuro che i nostri hanno avuto la giusta preparazione mentale che consente loro di gestire anche questo.

16)Come lo vedi il Canottaggio italiano rispetto al resto del mondo?

Il canottaggio italiano resta uno dei migliori al mondo, la nostra nazionale è sempre tra i primi posti nel medagliere tra nazioni e questo a conferma che la nostra federazione sta facendo grandi cose.

17) Da atleta come la segui una gara di canottaggio? Per chi non conosce lo sport, “sembra” che si tratti solo di vogare, chi lo ha praticato ne ricorda la fatica disumana, tu che lo hai vissuto questo sport, quando ti soffermi a guardare una gara, a cosa presti più attenzione?

Quando guardo una gara cerco di percepire il gesto, la tattica diciamo ciò che guarda un addetto ai lavori, non ti nego che spesso preferirei essere lì, fare anche fatica ma essere lì.

18)La Prima volta che hai messo piede sull’imbarcazione, che sensazione hai avuto? E la prima volta in quattro senza?

La prima volta che ho messo piede in una barca ho percepito subito che quello sport era il mio sport, grande emozione ma lo sentivo mio, ci ho sempre creduto dentro di me che avrei un giorno calcato il panorama internazionale a grandi livelli, forse questa convinzione mi ha anche aiutato.
La prima uscita della mia vita è stata in un quattro con, ricordo ancora l’emozione..

19)Secondo te, qual è l’imbarcazione più difficile? E quale postazione ha il ruolo più difficile?

Ogni specialità ha le sue difficoltà, la barca che mi ha dato più soddisfazioni è stata il due senza, barca con grandi varianti tecniche, ma con orgoglio posso dire che dal 1998 al 2004 in coppia con Catello Amarante altro stabiese siamo rimasti imbattuti, ogni anno, per tutti, l’obiettivo era battere Amitrano ed Amarante, ma non ci sono riusciti..

20)Tra le imbarcazioni, in quale, secondo te, fa più male perdere, e in quale è più bello vincere?

Personalmente perdere mi ha sempre fatto male, ma per fortuna dalla sconfitta mi sono sempre rialzato, e proprio dalla sconfitta probabilmente ho capito cosa dovevo fare e cambiare per vincere.

21) C’è nella realtà del canottaggio di oggi, un atleta che ti assomiglia?

Non so se nella realtà odierna ci sia un atleta che mi somiglia, ma ciò che spero è che ci sia qualche atleta a cui ho lasciato un buon esempio sia sportivo che umano, credo che non ci sia cosa più gratificante che sapere di essere da esempio per le nuove generazioni. Lo sport e gli sportivi, soprattutto quelli in vista, dovrebbero essere anche e soprattutto questo.

22) Secondo te, varrebbe la pena scegliere Atene come unica sede per disputare le Olimpiadi?(ultimamente è girata la notizia che la Grecia “rivendicherebbe” l’esclusività dell’evento).
Le Olimpiadi ad Atene hanno un altro effetto?(Tu ad Atene hai vinto la medaglia, ma hai vissuto anche Sidney e Pechino).

Credo che le Olimpiadi debbano essere itineranti perché è importante che ogni stato abbia la possibilità di far conoscere lo sport, e l’ Olimpiade è l’occasione perfetta, detto ciò comunque vincere una medaglia ad Atene, lì dove tutto ha avuto inizio, sicuramente ha un sapore diverso.

23) Dopo il Giappone, saranno Stati Uniti e Francia ad ospitare le Olimpiadi: quali miglioramenti vorresti vedere nel mondo del Canottaggio Italiano?

Spero in primis che lo sport italiano, il Governo, il Coni, continuino a valorizzare lo sport nazionale soprattutto nelle discipline olimpiche, ed in particolare spero che la Federazione Canottaggio, oggi guidata dal grande Giuseppe Abbagnale, continui ad investire ed a far crescere il movimento dello sport a mio avviso tra i più belli ed affascinanti al mondo.

Per quanto riguarda me lo sport lo porterò per sempre nel cuore perché mi ha dato la possibilità di essere ciò che sono oggi, non smetterò mai di dire ed invogliare i giovani a fare sport come non smetterò mai di sensibilizzare le istituzioni affinché investano nei settori sportivi in primis per una questione sociale e poi perché no, creare i campioni del futuro.

II Canottaggio è il più antico degli sport nautici, la prima gara viene descritta dal poeta latino Virgilio nell’Eneide.
Il canottaggio è forse lo sport più duro tra tutte le discipline. Una volta che la gara è iniziata, non ci sono timeout o sostituzioni, non si recita come in uno spettacolo, la fatica la vedi sulle facce degli atleti, mentre i corpi si fondono in armonia con l’imbarcazione e con l’acqua, fregandosene se ci sia pioggia o vento.
E’ lo sport in cui andando avanti, guardi indietro, George Yeoman Pocock diceva del Canottaggio:


E’ un arte grandiosa, il canottaggio. E’ l’arte più eccelsa che esista. E’ una sinfonia in movimento. Quando voghi bene, rasenta la perfezione. E quando rasenti la perfezione, è come sfiorare il Divino. Sfiora la parte più vera di te. Che è la tua anima.

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Stéphanie E. Perna / Redazione Campania


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