Non solo il pronto soccorso sotto accusa
Il virus della disorganizzazione e del caos, al Cardarelli di Napoli, non colpisce solo le corsie del Pronto soccorso e della Medicina di urgenza ma contagia anche il laboratorio di analisi. Stamattina una provetta con un emocromo di un paziente ricoverato in pronto soccorso è andata smarrita ed è stata ritrovata su uno dei tavoli del centro di analisi solo dopo alcune ore.
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er una struttura che riceve centinaia di richieste di analisi al giorno e un core-lab (il cuore del centro di analisi) attivo 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno al servizio delle attività di urgenza si tratta di una spia rossa accesa segnalata a più riprese e da mesi sia al responsabile facente le funzioni di primario Gerardino Amato sia ai vertici sanitari del complesso ospedaliero.
Il funzionamento a singhiozzo della posta pneumatica, il malfunzionamento del server informatico che interfaccia il laboratorio con le corsie dell’ospedale e del dipartimento di emergenza, la mancanza di una chiara ripartizione dei carichi di lavoro e delle responsabilità lungo le filiera dei diversi sistemi analitici, la impossibilità di tracciare provette e percorsi compiuti dai campioni di sangue e plasma sono alla base di un disservizio che si trascina da mesi e che incide sulla tempestività dei responsi e sulla affidabilità di un processo che dovrebbe invece funzionare con precisione svizzera soprattutto quando in gioco c’è la vita di pazienti critici (ictus e infarto) in cui in pochi minuti occorre avere un responso ad esempio allo stato della coagulabili del sangue.
Insomma in quello che oggi è l’unico hub clinico della Campania in grado di fronteggiare qualunque urgenza medica e chirurgica c’è anche un “bug” nei servizi di supporto al pronto soccorso fatto di carenze, disservizi, pericoli per i pazienti e anche sprechi. A non funzionare come dovrebbe è anche l’interfaccia informatica che mette in comunicazione i reparti di emergenza con il centro analisi dell’ospedale che dovrebbe, in pochi minuti, consentire ai medici di raccogliere al videoterminale i responsi. Centinaia di casi clinici ogni giorno, per essere inquadrati, avviati alla terapia e monitorati, hanno bisogno di un prelievo. A mandare in tilt questo cruciale servizio sono anche le carenze di personale con 4 unità su cui ricade un lavoro che pre essere effettuato senza intoppi richiederebbe almeno altri due professionisti.
Un sistema approssimativo e caotico che spesso va in crisi fino alla perdita del controllo della situazione bypassando le rigide regole da rispettare e con una sola persona di turno chiamata a fronteggiare accettazioni non adeguate, campioni non idonei, provette che arrivano a volte vuote o con quantità di sangue insufficienti. Ciò richiede la ripetizione del prelievo e la ripetizione per 4 o 5 volte delle richieste per uno stesso paziente aggravando la perdita di tempo e incidendo anche sulla dimissione di pazienti che magari non hanno nulla. Senza contare che le continue telefonate di reclamo che giungono dai vari reparti che finiscono per frammentare ancor più il lavoro alle macchine di biologi ed operatori senza che vi sia alcuna negligenza da parte loro. Attualmente al laboratorio del Cardarelli, per le urgenze, si alternano in tutto quattro biologi 1 o 2 la mattina, 1 pomeriggio e 1 la notte. Talvolta fanno i turni anche insieme ai 5 che presidiano il laboratorio generale. Un sistema farraginoso e da rivedere, mal codificato e disorganizzato e che porta a spingere sulla leva dello straordinario selvaggio per tamponare le falle.
Le soluzioni? Provvedere ad una sostanziale riorganizzazione interna. Attribuire competenze e responsabilità, centralizzare il traffico in alcuni orari dai reparti di elezioni fatte salve le urgenze che devono contare su una corsia preferenziale. E poi attribuire rigide mansioni interne, suddividere le responsabilità e identificare ruoli e compiti tra chi accoglie i campioni, chi li smista, chi segue le attività alle macchine in base alle diverse qualifiche professionali gettando le dimenticatoio l’attuale calderone in cui è confinato il laboratorio del più grande ospedale del Sud.
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