span class="m_5649792436367758210s5">La mostra in omaggio a Oscar Di Prata nasce da un sogno e da un grappolo di disponibilità generose che sono rappresentate, prima di tutto, dall’Amministrazione comunale di Lograto e, in particolare, dal sindaco Gianandrea Telò e dal vice–sindaco, assessore alla cultura, Valeria Belli, che mi hanno invitato a curare questa mostra all’interno del percorso artistico sull’arte contemporanea mettendo a disposizione un’ambientazione prestigiosa. Mi sono stati di incoraggiamento anche l’entusiasmo e la preziosa collaborazione di alcuni collezionisti che hanno offerto in prestito le loro opere al fine di consentire un itinerario rivelatore delle diverse fasi creative e stilistiche espresse dall’artista.
Il sogno è subito narrato. Qualche tempo fa sognai l’amico Oscar. Percorrevo la strada che conduceva alla sua abitazione sulle pendici della Maddalena. Mi apparivano subito la recinzione e il cancellino dipinti d’azzurro che segnano il confine del suo giardino. Attraversavo il piccolo parco denso di cinguettii, salivo i gradini che conducono all’ingresso della sua abitazione ed entravo in casa. Ed ecco venirmi incontro Eros, la sposa dell’artista, che, con un sorriso, mi diceva come al solito: “E’ di sopra, sta dipingendo, ti aspetta”. Salivo le scale ed eccomi nello studio dell’artista. Oscar era al cavalletto e stava dipingendo. Il pennello che impugnava correva lievemente sulla tela accarezzandola. La luce estenuata del tramonto, entrando dalle numerose finestre, irrorava la sua figura avvolgendola. Mentre lo osservavo dicevo tra me e me: “Ma come è possibile? Ero convinto che fosse morto, ero andato al suo funerale e in chiesa avevo anche pronunciato il saluto commemorativo di commiato, com’è possibile che, invece, sia qui e stia dipingendo!? Eppure è qui, la realtà è questa- mi dicevo. Sono stato sciocco a credere che fosse morto e non tornare a fargli visita in tutti questi anni”.
In realtà, il mio colloquio con lui non si è mai interrotto perché lo sento sempre accanto in un bisogno di cuore e in un giacimento di presagi. E neppure il mio lavoro di studio e di esplorazione della sua vita nell’arte non è mai stato sospeso, come testimoniano le numerose pubblicazioni e saggi che gli ho dedicato.
Del resto, il tempo, nel suo incessante scorrere, non riesce a sommergere nell’oblio la memoria di coloro che abbiamo amato. E i ricordi non possono che affiorare continuamente dall’emozione che scaturisce da un orizzonte di antica amicizia. E, a maggior ragione, quando il rapporto d’affetto si è ancorato in profondità alimentandosi di riflessioni e ricerche di senso che legano la creatività all’esistenza, l’arte alla vita, il sogno alla realtà, le cromie alle parole.
Il sogno mi ha anche ricordato che Oscar aborriva il termine “morte”, al suo posto prediligeva “trapasso” perché
Altrettanto imponente è stata la sua produzione pittorica di dipinti che ha realizzato persino durante la sua prigionia in India, alle pendici dell’Himalaya, dopo essere caduto prigioniero degli Inglesi, a seguito di aspri combattimenti, nel deserto della Sirte nella seconda metà del 1941.
Il pittore Oscar di Prata con la sua attività creativa ha attraversato tutto il secolo scorso costituendo un prezioso ed imprescindibile riferimento non solo per il mondo artistico, ma anche per la società in generale per la tensione morale delle sue opere ed i valori che testimoniava nella vita di tutti i giorni: mitezza, bontà, accettazione e ascolto dell’altro, fede nel trascendente.
Con la sua pittura ha esplorato in profondità sentimenti ed emozioni in cui il gusto estetico si è condensato e raggrumato in valore morale. La problematica condizione dell’uomo è stata narrata con empito gestuale attraverso ritmi compositivi aperti ai più diversi versanti artistici, reinterpretati in modo originale con autentica libertà creativa. Le sue riflessioni pittoriche continuano a mantenere viva attualità sia come la denuncia del ghigno del potere quando diviene prevaricante sul debole e l’oppresso che come solidale abbraccio pietoso del ferito, dell’oltraggiato vittima del sopruso e della violenza. E, nel contempo, appare emergere inesplicabile l’atmosfera di misericordia nella stretta compassionevole che cinge sia la vittima incolpevole che il carnefice che non sa quello che fa, altrimenti non lo farebbe.
Nelle sue tele, spesso, si ha la sensazione di trovarsi di fronte all’immenso che ci avvolge. Il pittore, diceva in sintesi, si sente investito da questo “immenso che ci avvolge” e cerca di esprimerlo riportandolo attraverso l’immagine. E l’immenso lo si può percepire ovunque perché è costituito da tutte quelle suggestioni che permettono di intravedere il mistero. Per Oscar di Prata la sensazione dell’immenso scaturiva continuamente dal ricordo del deserto dove ha vissuto l’esperienza tragica della seconda guerra mondiale; un deserto inteso non soltanto come luogo geografico, ma soprattutto come evento interiore. E forse, anche per questo, le sue opere trasmettono profonda emozione. I suoi dipinti sono testimonianza della sua autenticità di uomo e di artista perché se si cercano i rapporti misteriosi che legano tra di loro le cose e le situazioni, che si intrecciano con le sensazioni che si provano, la prima regola è essere se stessi. Ed ecco i suoi dipinti come luogo dove trovare il cuore delle cose, ma soprattutto il cuore dell’uomo nel mistero in cui è avvolto.
La mostra si apre con un autoritratto degli anni Trenta e si chiude con alcune tele dipinte agli inizi del Duemila quando la figurazione tende a trasformarsi in soave canto cromatico, forse nel presagio dell’oltre. Si tratta di una quarantina di opere che, pur nell’esiguità del numero rispetto alla vasta produzione dell’artista, rappresentano un compendio, uno spiraglio che consente di affacciarsi sulla complessità della sua attività artistica.
Nel passato la critica ne ha indicato le ascendenze artistiche anche in
I molteplici riferimenti citati, ma ne esistono numerosi altri, testimoniano come Oscar Di Prata sia stato un uomo di vasta cultura che ha narrato gli umori, le preoccupazioni, le utopie e i drammi del Novecento vivendoli
La sua pittura continuerà a parlare al cuore dell’uomo.
Giovanni Quaresmini
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