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Morto lo scrittore Umberto Eco. Ci mancherà il suo sguardo sul mondo. CLAUDIO GERINO*

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Aveva 84 anni. E’ stato filosofo, semiologo e grande esperto della comunicazione. Non ha mai perso la voglia di osservare la politica. Aveva appena lanciato una nuova casa editrice “La Nave di Teseo”, dopo aver rifiutato di restare in quella che lui chiamò “La Mondazzoli”, la fusione Mondadori-Rcs. E’ stato anche storico collaboratore di Repubblica e de l’Espresso.

Umberto Eco è morto. Il mondo perde uno dei suoi più importanti uomini di cultura contemporanei e a tutti noi mancherà il suo sguardo sul mondo. Aveva 84 anni, è stato scrittore, filosofo, grande osservatore ed esperto di comunicazione e media. La conferma della scomparsa dell’autore de “Il nome della Rosa” e de “Il pendolo di Foucault” è stata data dalla famiglia a Repubblica. La morte è avvenuta alle 22.30 di ieri sera nella sua abitazione.

span style="color: #252525; font-family: Arial, 'Helvetica Neue', Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; line-height: 23px;">Nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932, Umberto Eco era un semiologo, filosofo e prolifico scrittore. Nel 1988 aveva fondato il Dipartimento della Comunicazione dell’Università di San Marino. Dal 2008 era professore emerito e presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna.

  • L’ultima sua intervista: “Siamo pazzi, lasciamo la Mondazzoli” di FRANCESCO MERLO

Umberto Eco ha scritto numerosi saggi di estetica medievale, linguistica e filosofia, oltre a romanzi di successo. Tra questi il già citato “Il nome della Rosa“, uscito nel 1980 e diventato in brevissimo tempo un bestseller internazionale con 14 milioni di copie vendute, traduzioni in oltre cento lingue, una trasposizione cinematografica che ha vinto 4 David di Donatello nel 1987, e “Il Pendolo di Foucault“, del 1988. Dal 12 novembre 2010  era socio dell’Accademia dei Lincei, per la classe di Scienze Morali, Storiche e Filosofiche

L’ultimo suo libro, pubblicato nel 2015, proprio il giorno del suo compleanno, è stato “Numero Zero” , uscito per i tipi della da Bompiani. Un libro ambientato nel 1992 che parla di una immaginaria redazione di un giornale, con forti riferimenti alla storia politica, giornalistica, giudiziaria e complottistica italiana, da Tangentopoli a Gladio, passando per la P2 e il terrorismo rosso.

“Numero Zero” – Eco-Scalfari, dialogo sull’Italia e i suoi giornali

La scommessa sulla Nave. L’ultima sua intervista, invece, fu a Repubblica lo scorso 24 novembre quando lo scrittore decise insieme a Sandro Veronesi, Hanif Kureishi, Tahar Ben Jelloun ed altri di non pubblicare più per il nuovo colosso Mondadori-Rcs controllato da Segrate, pur essendo tra i migliori della scuderia Bompiani. E di seguire Elisabetta Sgarbi in una nuova avventura, la casa Editrice “La nave di Teseo”. E proprio questa nuova “avventura” di Umberto Eco, appresa la notizia della scomparsa, ha voluto salutare con un tweet la sua “guida”. “La nave di Teseo saluta il suo capitano. Grazie Umberto”.

Di questa nuova impresa Umberto Eco aveva parlato, come detto, al nostro giornale. Il punto della massima chiarezza è stato anche quello della massima oscurità, quando, raccontava Umberto Eco, “si sono incontrate per non capirsi Elisabetta Sgarbi e Marina Berlusconi”, non donne incompatibili e incomunicabili per ideologia, ma per antropologia. È da quell’incontro che è nata “La Nave di Teseo”, due legni arcuati e all’insù come simbolo, la nuova case editrice finanziata dagli scrittori, a partire dai due milioni messi proprio dallo scrittore che, faceva progetti con l’entusiasmo e i rischi di un ragazzo, pur sapendo di avere ormai 84 anni (ancora da compiere): “Perché il progetto è l’unica alternativa alla Settimana Enigmistica, il vero rimedio contro l’Alzheimer”. Velleitari? “Peggio, siamo pazzi”, diceva a Francesco Merlo che lo intervistava per Repubblica, di cui Eco è stato storico collaboratore, così come con l’Espresso

Eco ammetteva che con questa nuova esperienza potevano rischiare il magnifico fallimento. L’editoria infatti – ragionava lo scrittore assieme agli altri che lo hanno voluto seguire in questa nuova avventura – è il modo più elegante per dissipare i propri risparmi, magari in modo lento, ma sicuro. Inoltre – sosteneva ancora – in un’epoca non creativa, l’editore può essere destinato all’impotenza.

Ma lo scrittore spiegava: “Teseo è solo un pretesto, un nome come un altro. L’importante è la nave, non Teseo”, tirando fuori la sua tanto amata semiologia, riferendosi anche al fatto che la nave di Teseo è proprio quella che perde e sostituisce i pezzi, un po’ premonitore della sua scomparsa. Eco ha voluto a tutti i costi che la nave continuasse a navigare, con o senza di lui, pur sapendo, forse, di avere poco tempo a disposizione per condurla in acque sicure.

“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita – aveva detto in passato – Chi legge avrà vissuto 5000 anni. La lettura è un’immortalità all’indietro”.

Eco e la politica. Una scelta, quella di lasciare il gruppo editoriale della famiglia Berlusconi, che ha probabilmente origine nelle posizioni che Eco prese nei vent’anni del Cavaliere. Lui, da garante di Libertà e Giustizia, fu sempre in prima fila nel denunciare gli eccessi politici e personali del premier. “Noi credevamo che il nostro presidente del Consiglio avesse con Mubarak in comune solo una nipote, ma invece ha anche il vizietto di non voler dare le dimissioni” diceva nel 2011 a Firenze.

I suoi studi universitari e il suo rapporto conflittuale con la Chiesa. Figlio di un negoziante di ferramenta, in gioventù fu impegnato nella GIAC (l’allora ramo giovanile dell’Azione Cattolica) e nei primi anni cinquanta fu chiamato tra i responsabili nazionali del movimento studentesco dell’AC (progenitore dell’attuale MSAC). Nel 1954 abbandonò l’incarico (così come avevano fatto Carlo Carretto e Mario Rossi) in polemica con Luigi Gedda.

Durante i suoi studi universitari su Tommaso d’Aquino, smise di credere in Dio e lasciò definitivamente la Chiesa cattolica; in una nota ironica, in seguito commentò: “si può dire che lui, Tommaso d’Aquino, mi abbia miracolosamente curato dalla fede”.

Laureatosi in filosofia nel 1954 all’Università di Torino con Luigi Pareyson con una tesi sull’estetica di San Tommaso d’Aquino, iniziò a interessarsi di filosofia e cultura medievale, campo d’indagine mai più abbandonato, anche se successivamente si dedicò allo studio semiotico della cultura popolare contemporanea e all’indagine critica sullo sperimentalismo letterario e artistico. Nel 1956 pubblicò il suo primo libro, un’estensione della sua tesi di laurea dal titolo Il problema estetico in San Tommaso.

Le sue pubblicazioni. Nel 1962 Umberto Eco pubblica Opera aperta, analisi di testi letterari in termini strutturalisti a partire da Ulisse di Joyce, che fa discutere e diviene uno dei manifesti della neoavanguardia riunita l’anno dopo nel Gruppo ’63. Nel 1980 esce invece il romanzo storico medioevale “Il nome della rosa”, che suscita consensi internazionali, best seller da oltre 12 milioni di copie, tradotto in cento lingue. In mezzo, molte altre pubblicazioni, saggi, articoli.

Da osservatore ironico e semiologo avvertito oltre che creativo, ha dimostrato in ogni occasione di saper cogliere lo spirito del tempo. Il suo Lector in fabula, saggio del 1979 (non a caso periodo in cui stava scrivendo proprio Il nome della rosa), è appunto il lettore che in un testo, in particolare se creativo, letterario, arriva a far interagire col mondo e le intenzioni dell’autore, il proprio mondo di riferimenti, le proprie associazioni, che possono creare una lettura nuova: ”generare un testo significa attuare una strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui”. Un”opera aperta è proprio quella che più riesce a produrre interpretazioni molteplici, adattandosi al mutare dei tempi e trovando agganci con scienze e discipline diverse.

Una tesi che apparve dirompente in un paese legato alle sue tradizionali categorie estetiche, diviso tra crocianesimo e marxismo storicista. E il discorso di Eco non riguardava, ovviamente solo la forma, la struttura di un’opera, come intesero molti autori di quegli anni, tanto che poco dopo dette alle stampe La struttura assente, che spostava il discorso sulla ricerca semiologica e le sue interazioni. Così, forse, il tentativo più esemplare nel mettere in pratica le sue teorie, è nel 2004 La misteriosa fiamma della regina Loana, romanzo illustrato con foto di libri e riviste, manifesti, tavole di fumetti, che fanno parte del racconto e contribuiscono a far rivivere l’atmosfera dell’epoca (da fine anni ’30 alla guerra) a ogni lettore anche con i propri ricordi. Eco è stato anche autore di paradossali e ironiche pagine su aspetti minori della realtà raccolte in Diario minimo negli anni ’60, e successivamente con le “Bustine di Minerva” sul settimanale l’Espresso.

La fenomenologia “Mike Bongiorno”. Proprio in “Diario Minimo“, Eco affronta in un saggio la fenomenologia “Mike Bongiorno”, il famoso presentatore televisivo italoamericano che all’epoca aveva conquistato la televisione nazionale italiana.  Il saggio uscì nel momento di massima popolarità del presentatore, in cui il semiologo lo consacrava al rango di fenomeno di massa. Mike Bongiorno ”non provoca complessi di inferiorità, pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello”, scriveva infatti Eco all’inizio degli anni ’60, all’epoca in cui la gente si ritrovava ad affollare i bar la sera per seguire la prima grande trasmissione di culto della televisione, ‘Lascia o raddoppia’.
Il semiologo, non ancora autore di romanzi di successo, fece del popolarissimo presentatore, sulla scia dei ‘miti d’oggì di Roland Barthes, un’icona dell’Italia del boom, che ”convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità”. Un ritratto che ovviamente non piacque a Bongiorno, il quale, teneva a ricordare che Eco era stato tra i collaboratori di ‘Lascia o raddoppia’: ”Arrivava anche lui il giovedì con la sua busta di domande… ma non lo dice mai: forse è un ragazzo un po’ timido”.

Eco e i social network. Negli anni successivi, lo scrittore ha parlato anche molto dei social, affermando che “danno diritto di parola a legioni di imbecilli”, scatenando così fortissime polemiche.

Umberto Eco e i social: ”Danno diritto di parola a legioni di imbecilli” (VIDEO)

Col Nome della rosa, lo scrittore raggiunse il successo internazionale, suscitando comunque più polemiche delle sue innovative teorie saggistiche.

Umberto Eco: ”Odio ‘Il nome della rosa’, è il mio peggior romanzo” (VIDEO)

Poi verranno gli altri romanzi, altri best seller che ne consolidano la fama e stemperano le astiosità: Il pendolo di Foucault nel 1988, L’isola del giorno prima (1994) e Baudolino (2001), La misteriosa fiamma della regina Loana(2004) e Il cimitero di Praga. Fino all’ultimo romanzo sul mondo dei giornalisti e dell’editoria, Numero Zero, uscito l’anno scorso.

La lectio magistralis di Eco sul dolore

Numero Zero. Un romanzo giallo sul cattivo giornalismo, pieno di ironia e di colpi di scena sulla storia d’Italia – come l’indagine che, partendo dall’assunto dell’esistenza di due Mussolini, vuole dimostrare che il cadavere di piazzale Loreto non era quello del duce – e su misteri e pagine oscure da Gladio alla P2, dall’assassinio di Papa Luciani alla Cia e ai terroristi rossi. “La questione è che i giornali non sono fatti per diffondere ma per coprire le notizie”, viene sottolineato nel libro.  A cinque anni da ‘Il cimitero di Praga di cui era protagonista un cinico falsario antisemita, il settimo romanzo e quarantatreesimo libro di Eco torna anche su un argomento che da sempre appassionava lo scrittore, filosofo e semiologo: il tema del falso e della menzogna. “Non lo nego, ma mio padre mi ha abituato a non prendere le notizie per oro colato. I giornali mentono, gli storici mentono, la televisione oggi mente” e anche “la scienza mente” dice uno dei protagonisti della storia. Il libro si svolge da aprile a giugno del 1992, subito dopo lo scandalo di Tangentopoli che sarà al centro del numero 0/1 di ‘Domani’. L’editore è il commendator Vimercate che ha il controllo di alberghi sulla costa adriatica, case di riposo, tv locali con televendite, aste e improbabili show, e per lui “Domani” dovrebbe essere uno strumento di ricatto più che di informazione. L’impegno è di far uscire dodici numero zero in poche copie che mettano in difficoltà i salotti buoni della finanza e della politica per poi chiuderlo in cambio dell’ingresso in questi ambienti. Il direttore Simei ne è consapevole come il giornalista, Colonna, ghost writer fallito (più precisamente ne’gre) a cui viene affidata la stesura parallela del libro Domani: ieri che il direttore pensa possa rappresentare un investimento per il suo futuro.

Rep idee, Eco e Bartezzaghi giocano con gli incipit della nostra storia (VIDEO)

L’ultimo suo libro, “Pape Satàn Aleppe” uscirà quest’anno. Dovrebbe uscire quest’anno con la nuova casa editrice di Elisabetta Sgarbi, La Nave di Teseo, l’ultimo libro di Umberto Eco, ‘Pape Satàn Aleppe‘ saggio che raccoglieLe bustine di Minerva (la rubrica di Eco sull’Espresso) dal 2000 a oggi (l’ultima del 27 gennaio dedicata alla mostra sul bacio di Hayez), ”legate al tema della società liquida e dei suoi sintomi”. Di Pape Satàn Aleppe, che era stato inizialmente annunciato con uscita nella seconda parte del 2015 edito da Bompiani, esiste su siti come Amazon anche una descrizione ufficiale, con dichiarazioni di Eco. ”Dal 1985 pubblico su “l’Espresso” La Bustina di Minerva – scriveva -. Ne sono state raccolte molte in “Il Secondo Diario Minimo” e poi “La bustina di Minerva”. Dal 2000 a oggi ne rimanevano moltissime, ho scelto quelle che potevano riferirsi al fenomeno della “società liquida” e dei suoi sintomi: crollo delle ideologie, delle memorie, delle comunità in cui identificarsi, enfasi dell’apparire etc.. “Cronache di una società liquida” è il sottotitolo ma, data la varietà dei temi non unificabili sotto una sola espressione “slogan”, il titolo sarà “Pape Satán Aleppe”, citazione evidentemente dantesca che non vuole dire niente e dunque abbastanza “liquida” per caratterizzare la confusione dei nostri tempi”.

*larepubblica

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