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Morta per un mix di sostanze radioattive Imane Fadil, la modella testimone chiave nel processo Ruby Ter

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La modella testimone chiave nell’inchiesta sul caso Ruby, deceduta lo scorso 1 marzo, sarebbe morta per un “mix di sostanze radioattive”.

“Mi hanno avvelenata, aiutatemi” diceva quando il 29 gennaio scorso, Imane Fadil, 33 anni, modella di origine marocchine, diventata celebre come testimone ai processi contro Berlusconi per le serate a luci rosse di Arcore, si era presentata all’Humanitas di Rozzano. Inizialmente non l’avevano creduto. Ma Imane ha continuato a stare molto male e in pochi giorni le sue condizioni sono peggiorate finendo prima in terapia intensiva e poi in rianimazione. Secondo le indagini la modella è morta dopo “un mese di agonia”, vigile fino all’ultimo, nonostante i forti dolori e il “cedimento progressivo degli organi”. Finché il primo marzo scorso è morta.

Imane Fadil sarebbe morta per un “mix di sostanze radioattive”. A dirlo gli esiti degli esami tossicologici disposti lo scorso 26 febbraio dai medici dell’Humanitas ed effettuati in un centro specializzato di Pavia. Esiti arrivati il 6 marzo e trasmessi immediatamente dallo stesso ospedale alla Procura di Milano.

La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario sulla sua morte. La stessa ragazza aveva raccontato al suo avvocato e a suo fratello di temere di essere stata avvelenata, la procura ha confermato: “Stiamo lavorando anche su questa ipotesi”. A specificarlo è stato il procuratore capo Francesco Greco, che ha parlato di “calvario” della ragazza e di “diverse anomalie” nella sua cartella clinica da cui sarebbero emerse “sintomatologie da avvelenamento”. Anche per questo, è stata disposta un’autopsia e il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, che rappresenta l’accusa nel processo Ruby ter, ha aperto un’indagine nell’ambito della quale sono già stati sentiti diversi testimoni.

La Procura ha comunicato di aver aperto un fascicolo per “omicidio volontario” affidato al Procuratore aggiunto Tiziana Siciliano. Tra i primi testimoni ad essere ascoltati, proprio i medici dell’ospedale di Rozzano che dovranno spiegare perché, nonostante le parole della modella, non abbiano pensato di informare almeno la polizia. Tra i principali sostenitori della tesi dell’omicidio, il fratello della giovane che si è detto convinto che la sorella sia stata avvelenata.

I

mane, residente a Torino ma convivente a Milano con un amico, ultimamente non era più la bella e appariscente ragazza comparsa su tutti i giornali all’epoca dei processi a Berlusconi. L’attenzione mediatica, l’avevano sfinita. Dimagrita, a volte preda di crisi depressive, aveva deciso di scrivere un libro perché sosteneva di avere scoperto nella villa di Arcore l’esistenza di una setta Satanica composta quasi esclusivamente da donne. Almeno così aveva raccontato un anno fa in un’intervista al Fatto.

La ragazza aveva 25 anni quando venne invitata la prima volta ad Arcore, a casa di Berlusconi, all’epoca Presidente del Consiglio. Partecipò a ben otto “cene eleganti”, l’ultima delle quali decise di andarsene. Qualche tempo dopo si presentò in Procura per raccontare ciò che aveva visto, divenendo un’importante teste per l’accusa. Ancora adesso era testimone in alcuni processi stralcio sulle false testimonianze delle “Olgettine”.

Adduso Sebastiano

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