Morire per uno scatto, arriva la “No selfie zone” GIANLUCA NICOLETTI*

Di selfie si può morire. La polizia della metropoli di Mumbai ha identificato ben quindici...

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Di selfie si può morire. La polizia della metropoli di Mumbai ha identificato ben quindici siti «no selfie zone», dove sarà apposto il divieto di fotografarsi. Sono soprattutto spiagge, lungomare, fortini a picco sulle rocce. Una settimana prima, proprio a Mumbai, una ragazza era morta, assieme al suo soccorritore, per essersi fatta un selfie dalla spiaggia di Brandra. C’erano onde altissime, ma sono proprio i paesaggi più suggestivi a essere quelli presi più di mira da chi vuole accaparrarsi uno sfondo epico alla propria faccia sorridente.  

Al momento è soprattutto in India che l’autoscatto risulta essere particolarmente nefasto. Recentemente tre persone sono state travolte da treni mentre tentavano il pernicioso selfie sulla rotaia, altre sette sono annegate per il selfie da barca. A settembre un turista giapponese è morto precipitando dalle scale del Taj Mahal da dove cercava evidentemente una posa temeraria dal tempio più famoso dell’India. 

Naturalmente, il sefie autodistruttivo è un fenomeno crescente e che può manifestarsi ovunque. Oramai il fotografarsi pericolosamente è l’esperienza dopante nella narrazione continua del proprio esistere in uno smartphone. Si parte da una scarica di egocentrismo irrefrenabile, il telefono diventa un seduttore a cui non si resiste, soprattutto di fronte alla tentazione di un set memorabile per la propria auto celebrazione.  

A luglio anche il ministero degli Interni russo fu costretto a pubblicare nel suo sito ufficiale dei nuovi segnali di pericolo, usati per indicare i selfie a rischio morte come fotografarsi con una pistola in mano, sul ciglio di un burrone, sul tetto, di fronte a belve in libertà, sui binari, sui tralicci dell’alta tensione, in motoscafo, mentre si salgono le scale…  

Una ragazza di San Pietroburgo era appena precipitata da un ponte ferroviario alto 30 metri e molte altre persone erano morte in Russia sorridendo con lo smartphone alla mano, sia fulminate, sia travolte da un treno, sia uccise per bellicosi selfie con armi da fuoco in mano.  

Sono tutte circostanze classificabili come possibile causa di decesso, perché già da qualche parte sono costate la vita a più di un maniaco del selfie estremo, nella fase del cercatore di like con autoscatti portentosi da pubblicare nei suoi social.  

Puntualmente le cronache riportano queste nuove tipologie di possibile incidente mortale. A Denver in Colorado è stato segnalato un serio pericolo per le persone che cercavano di farsi selfie con gli orsi del parco naturale, a Pamplona sono stati costretti a vietare i selfie durante la corsa dei tori per la città, in occasione della festa di San Firmino. Persino l’ultimo Tour de France ha avuto il problema dei turisti che intralciavano la gara per farsi dei selfie al volo con i ciclisti in corsa.  

Tutto questo solo per passare alla storia nel piccolo universo del proprio social network. Qualche like in più non vale certo il rischio che il nostro ardimentoso ultimo scatto appaia assieme alla notizia della nostra tragica fine. 

 

*lastampa

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