In un’intervista con Francesca Schianchi, Matteo Orfini detta l’agenda a Gentiloni: “Basta privatizzazioni, subito la commissione d’inchiesta sulle banche e una legge per correggere voucher e ius soli”. Nel suo commento Giovanni Orsina analizza i problemi del Pd nel quadro della “crisi d’identità che colpisce la sinistra in pressoché tutte le democrazie occidentali”.
Orfini avvisa il governo: “Fiducia sullo ius soli e basta privatizzazioni”
Il “reggente” Pd: rimettere mano alle leggi sul lavoro
Presidente Orfini, andiamo con ordine: soddisfatto della scelta di Emiliano?
«
Certo, credo che abbiamo fatto un lavoro positivo. E spero non sia finita qui: mi auguro ancora di riportare sui propri passi anche Rossi e Speranza».
Pensa sia ancora possibile?
«Siamo in uno stato abbastanza avanzato, ma finché non c’è stato un annuncio ufficiale è mio dovere tentare: considero la non partecipazione al congresso come qualcosa di diverso da un abbandono».
Non sarebbe stato meglio se al lavoro per scongiurare l’uscita di Rossi e Speranza ci fosse stato anche Renzi ieri, volato invece in America?
«No, Renzi ha fatto un gesto rispettoso. Il segretario si è dimesso e ricandidato: non può essere lui a fare la mediazione. Lasciarlo fare alla Direzione e agli organismi del partito è il modo migliore per garantire che nulla venga strumentalizzato: chi ha paura del partito di Renzi non può evocarlo quando lui si dimette».
Se la scissione dei bersaniani sarà confermata, il governo sarà più debole?
«Registro un fatto oggettivo: si pensa di uscire dal Pd per fare un’altra cosa con pezzi di sinistra che oggi sono all’opposizione del governo. Chi attende fuori dal Pd chiederà, come ha già fatto Nicola Fratoianni neo segretario di Si, che il discrimine sia il governo Gentiloni. Mi pare ovvio che una scissione rischierebbe di produrre un sostegno al governo più fragile».
Lei pensa ancora al voto a giugno?
«La mia posizione la espressi pubblicamente a suo tempo. Oggi è stata fatta una scelta diversa e non posso che tenerne conto».
Ma cosa vi costava garantire il sostegno a Gentiloni fino al 2018?
«Lo stiamo sostenendo quotidianamente. Abbiamo detto più volte che il nostro obiettivo è fare quello che serve al Paese, poi la data delle elezioni è nelle mani del presidente della Repubblica e del Parlamento. Ma mentre parte il congresso, non possiamo immaginare che il Pd si occupi unicamente di partito lasciando solo il governo».
Cosa intende dire?
«Il Pd si deve spendere in prima persona su alcune cose che dobbiamo fare».
Quali?
«Prima di tutto, dobbiamo fare una discussione seria sull’economia. Purtroppo siamo tutti più vecchi e gli anni ’90 sono finiti: riproporre oggi come soluzione a un debito pubblico di oltre 2000 miliardi le privatizzazioni è sbagliato. Abbiamo piuttosto bisogno di rilanciare la funzione delle grandi imprese pubbliche e di capire come usare meglio in questo senso anche Cassa depositi e prestiti. Su questo dobbiamo discutere prima di procedere».
Secondo impegno?
«È una preoccupazione giusta quella del ministro Poletti di rimettere mano alle norme oggetto dei referendum della Cgil. Così come, visto che rivendichiamo di aver restituito un Paese con più diritti, dobbiamo fare un passo avanti in quel campo».
A cosa pensa?
«Lo ius soli è incomprensibilmente bloccato al Senato: un governo forte e autorevole come il nostro, di fronte a italiani lasciati senza diritti, può pensare ad aiutare l’approvazione con la fiducia».
Finite le priorità?
«Poi ci sono le cose che spettano al Parlamento: dobbiamo mantenere l’impegno a insediare una commissione d’inchiesta sulle banche».
Insomma Orfini, parla veramente come un segretario…
«Ho perfettamente chiari i limiti del mio ruolo, so che siamo in una fase di transizione, ma credo che il partito non possa restare senza un punto di vista. Dobbiamo passare dalla convegnistica ai fatti e dalle mozioni alle leggi».
Dica la verità, sono i paletti che mette al governo per avere garantito il sostegno del Pd?
«Sono provvedimenti che renderanno ancora più forte il nostro governo».
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vivicentro/Matteo Orfini, intervistato, detta l’agenda a Gentiloni
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