Approvato l’emendamento di Titti Di Salvo alla manovra di Bilancio che stabilisce l’obbligo per il datore di versare la retribuzione tramite istituto bancario o postale
Niente più stipendi pagati direttamente dal datore di lavoro in contanti al dipendente. È la novità prevista da un emendamento al ddl Bilancio, su proposta del PD (prima firmataria Titti Di Salvo, vicepresidente del Gruppo PD alla Camera).
L’emendamento è stato approvato insieme ad altre due proposte, sulle quali il Governo aveva espresso parere contrario: si tratta di un progetto di riforma della governance INPS e INAIL e della richiesta volta a raddoppiare le mensilità (portandole a 8) spettanti al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo. Le proposte di modifica dovranno ora passare al vaglio della Commissione Bilancio.
La proposta dell’abolizione della retribuzione in contanti mira a salvaguardare i lavoratori dalla pratica delle “buste paga false” perpetrata da alcune aziende: in pratica, al lavoratore vengono corrisposte, profittando dello strumento dei contanti, somme inferiori ai minimi previsti dai contratti collettivi, pretendendo la firma da parte del dipendente della busta paga a importo pieno, dietro minaccia di un suo licenziamento.
L’emendamento: stop agli stipendi in contanti
Il disegno di legge che prevede una busta pagata “tracciabile”, in realtà, non è una novità recente (per approfondimenti: Addio agli stipendi in contanti: le novità approvate). Tuttavia, l’inserimento nella manovra di Bilancio potrebbe comportarne l’approvazione definitiva in tempi più stringenti.
Viene così stabilito che i datori di lavoro o committenti non potranno corrisponderela retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia di lavoro instaurato. Inoltre, la firma della busta paga apposta dal lavoratore non costituirà prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.
Le retribuzioni, nonché ogni anticipo di essa, dovranno essere versate utilizzando uno dei seguenti mezzi: accredito diretto sul conto corrente del lavoratore; pagamento in contanti presso uno sportello bancario o postale; emissione di un assegno da parte dell’istituto bancario o dell’ufficio postale consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
L’inosservanza della disposizione potrà comportare una sanzione pecuniaria di 5.000 euro.
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astaldi/Lucia Izzo
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