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Castellammare di Stabia

Madrid manda i blindati in Catalogna

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I catalani hanno scelto la data: lunedì proclameranno l’indipendenza. Madrid reagisce inviando i blindati dell’esercito a sostegno della polizia e il clima resta molto teso. Dopo aver duellato a distanza con il premier Rajoy, adesso i catalani sfidano anche il re Felipe: “Non vuole trovare una soluzione” è l’accusa. “Il nostro legame con Madrid ormai è spezzato”.

Barcellona dritta verso la secessione: “Sì, noi realizzeremo il nostro sogno”

Puigdemont: non cederemo di un millimetro. Lunedì la votazione decisiva in Parlamento. Il capo di Mossos accusato di sedizione. E Madrid manda l’esercito: sostegno logistico

BARCELLONA – Basta mettere in fila le novità di giornata, per capire che in Catalogna il baratro è dietro l’angolo: dichiarazione di indipendenza in arrivo, la Borsa che crolla, poliziotti accusati di sedizione, voci di arresti e ora persino i militari in cammino.La guerra istituzionale prende anche una piega personale. Il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, ha risposto direttamente al re Filippo VI, che martedì aveva attaccato con durezza gli amministratori secessionisti.

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l capo del governo catalano ha aspettato 24 ore per replicare, ha spostato il suo intervento alle 21, la stessa ora del sovrano, «per far capire che al re risponde un altro capo di Stato», racconta l’entourage di Puigdemont. «Così no – ha detto il “president” -. Lei ha deluso molti catalani, gente che aspettava un appello al dialogo e alla concordia».

Con una certa perfidia, il leader catalano ha ricordato che «il re ha facilitato le decisioni che il governo si prefigge», accusandolo di fatto di essere uno strumento (negli ambienti della Generalitat si usano parole più esplicite) nelle mani di Rajoy. La sfida è stata anche linguistica, a Barcellona molti sono rimasti sorpresi, oltre che dal tono del discorso di Filippo VI, anche dal fatto che il monarca non si sia mai espresso in catalano «una lingua che lei comprende bene», ha ricordato Puigdemont, il quale, al contrario, si è rivolto in castigliano «agli spagnoli che ci hanno mandato messaggi di simpatia in questi giorni».

Ma nell’intervento tv del capo della Generalitat è emerso un dato che, a quell’ora della sera, tutti ormai davano per scontato: si tira dritto verso la dichiarazione unilaterale di indipendenza: « Realizzeremo il nostro sogno, non cederemo di un millimetro». La votazione decisiva è stata fissata per lunedì prossimo nel parlamento catalano. Niente sembra poter fermare i propositi secessionisti, nemmeno il parere contrario degli esperti giuridici della Camera di Barcellona. Nella coalizione indipendentista non c’è una visione unanime degli effetti concreti della dichiarazione del parlamento. Le colombe spingono per una versione morbida, che preveda uno stop in caso di un’offerta da Madrid (o Bruxelles). Ma il discorso del re, letto qui come un ordine per nuovi interventi del governo spagnolo, ha rafforzato la linea dura, guidata dall’estrema sinistra della Cup, che vuole un pronunciamento con effetto immediato e la messa in moto della legge di transitorietà dalla legalità spagnola a quella giuridica. I propositi di mediazione sono molti, gli ultimi quelli di Pablo Iglesias, leader di Podemos (ha telefonato a Puigdemont e a Rajoy), e del cardinale di Barcellona, ma non fermano la corsa degli indipendentisti.

La scena tanto evocata, i carri armati sulla Diagonal, ancora non si verifica. Ma da Madrid arriva la notizia che il ministero della Difesa ha inviato i primi mezzi militari verso la regione insorta. «Si tratta soltanto di sostegno logistico alle forze di polizia», si precisa prudentemente. Ma l’immagine del territorio assediato si rafforza, con i blindati in arrivo, di nuovi ingredienti, oltre ai traghetti carichi di agenti ancorati al porto di Barcellona. Piazza Sant Jaume è la piazza del potere di Barcellona: uno di fronte all’altro sorgono il palazzo della Generalitat e quello del Comune e tutti credono che, «è questione di ore», arriverà la Guardia Civil. Mentre Puigdemont scrive con i suoi il discorso che pronuncerà in serata, un elicottero della polizia nazionale sorvola la piazza, sempre più basso: «Sanno tutto del palazzo, controllano chi entra e chi esce», dice un funzionario.

Già al mattino i segnali non erano certo di distensione: il capo dei Mossos d’Esquadra Josep Lluis Trapero è accusato di sedizione per aver messo a repentaglio la sicurezza dei poliziotti spagnoli, durante le perquisizioni nelle sedi della Generalitat. L’uomo simbolo dei giorni terribili degli attentati, diventato un mito per gli indipendentisti, rischia una pena di 15 anni e si dovrà presentare domani a Madrid per essere interrogato.

Che la crisi possa precipitare lo credono anche adesso anche i mercati. Ieri l’Ibex 35, il listino dei principali titoli spagnoli, ha ceduto il 2,85%, il prezzo più alto lo pagano soprattutto le banche con sede in Catalogna: Sabadell (-5,69%) e Caixabank (-4,96%). I segni del baratro ci sono tutti.

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