Allestimento di “Madama Butterfly” al Filarmonico di Verona in coproduzione tra Fondazione Arena ed Opera Nazionale Croata di Zagabria
“Madama Butterflay” poetica ed elegante al Filarmonico di Verona
L
o spettacolo odierno conclude in bellezza la rassegna autunnale “Viaggio in Italia nel tempo degli stili”, che Fondazione Arena ha organizzato per rivitalizzare l’attività artistica del Filarmonico, non più trattato come “figlio di un dio minore” rispetto al prestigioso anfiteatro imperiale.
Questo allestimento di Madama Butterfly, è anche un segnale di apertura verso il mondo esterno: infatti è una coproduzione di Fondazione Arena insieme all’Opera Nazionale Croata di Zagabria.
La regia è di Andrea Cigni, al suo esordio veronese, che assistito da Luca Baracchini, concepisce uno spettacolo limpido, delicato e pieno di lirismo in accordo con la straziante vicenda della fanciulla giapponese illusa ed abbandonata, che Puccini ha indagato in ogni piega del suo animo, dopo essersi scrupolosamente documentato sulla cultura giapponese in tema di amore e onorabilità. «Con onor muore, chi non può serbar vita con onore», infatti, è il motto a cui si ispira l’infelice Butterflay, che con coerenza trae le conclusioni del suo sventurato destino. La bella favola d’amore struggente precipita inesorabilmente verso il finale tragico.
Suggestiva la scenografia ideata da Dario Gessati, fatta da un fitto bosco di betulle dai tronchi argentati, che si scompongono e ricompongono in molteplici allineamenti e geometrie variabili dove di volta in volta si affollano personaggi o dove compare una sparuta casetta, nella quale vivono in solitario isolamento una giovane madre col suo bambino, insieme ad un’affettuosa tata di nome Suzuki. A primavera il sottobosco si veste dei mille colori dei tantissimi fiori che pullulano di vita e ravvivano la speranza di un arrivo sempre agognato, vissuto sempre come imminente con fede incrollabile.
Struggente è riuscito il video proiettato durante l’esecuzione dell’accorato coro a bocca chiusa, nel quale Butterflay proietta il trasognato pensiero del suo imminente incontro col marito americano, che affettuosamente la chiama “mogliettina”: scene al rallentatore in cui lui e lei, tra un ramo e l’altro, si corrono incontro per riabbracciarsi teneramente. Più di uno tra il pubblico aveva il fazzoletto in mano, noi compresi. Effetto commozione centrato in pieno, grazie alla delicata mano della regia.
I costumi di Valeria Donata Bettella per la gran parte dei personaggi sono molto spigliati rispetto ai tradizionali kimono ed agli abiti cerimoniali della tradizione nipponica. Molti dei personaggi in scena vestono all’occidentale e da tali si comportano, armati come sono quasi tutti dell’immancabile telefonino col quale scattano foto. Nel complesso l’accostamento tra classico e moderno risulta gradevole e ben assortito.
Sempre ben calibrate le luci di Paolo Mazzon che hanno saputo creare il giusto calore affettivo alternato al freddo algido che la vicenda suscita nei vari momenti del suo evolversi verso la tragica catarsi.
L’orchestra ha visto sul podio Francesco Ommassini, che ha espresso sonorità colorite e vibranti, seppure nel primo atto non sia riuscito del tutto a “domare” lo slancio degli orchestrali che di tanto in tanto, con le loro folate sinfoniche, sovrastavano il canto. Equilibrio tra buca e palcoscenico perfettamente calibrato alla ripresa, per durare armonicamente sino al finale.
Ottima la prestazione del Coro areniano, puntualmente preparato da Vito Lombardi.
Per una indisposizione del soprano Yasko Sato a indossare le vesti della protagonista Cio-Cio San è stata chiamata Daria Masiero, che già si era esibita in una serata precedente. La Masiero ha interpretato una Buterflay tenera e dignitosa, con una prestazione canora ben timbrata e sicura. Più che convincente la Suzucki incarnata da Manuela Custer, che pur vestendo i panni occidentali, svolge il ruolo di tradizionale angelo protettore della giovane sposa romantica. Raffaele Abete ha dato vita ad un F. B. Pinkerton dalla bella voce, molto romantico e poco farfallone. Ben meritato hanno inoltre, il baritono Mario Cassi come Console Sharpless, Cristian Saitta come Lo zio Bonzo, Nicolò Rigano come il Principe Yamadori, Salvatore Schiano di Cola come Commissario imperiale, Maurizio Pantò come Ufficiale del registro, Sonia Bianchetti come Madre di Cio-Cio-San , Manuela Schenale come Cugina di Cio-Cio-San e Lorrie Garcia come Kate Pinkerton.
Ci siamo trovati di fronte ad una regia che ha “attualizato” il libretto di Luigi Illica e Giusepe Giacosa, ma con una sapienza che non stravolge lo spirito originario del testo.
Nel complesso: spettacolo indovinato ed equilibrato, che il folto pubblico in sala ha apprezzato ed applaudito generosamente e calorosamente, sia a scena aperta, ripetutamente, che a fine spettacolo, prolungatamente.
Piccolo inconveniente: il mancato funzionamento del display dei sovratitoli per tutta la durata del primo atto, prontamente riattivato per l’inizio del secondo atto.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 22 dicembre 2019.
Carmelo TOSCANO
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