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amdi Ulukaya è un pastore curdo che vent’anni fa, stufo di mangiare solo yogurt, scese dalle montagne e partì per New York in cerca di fortuna. Per dieci anni assaggiò la vita dura del migrante e arrivò a rimpiangere i suoi yogurt: quelli americani non avevano sapore. La fortuna arrivò nel 2005, sotto forma di una mail che Hamdi si ritrovò per sbaglio sulla casella postale. Era di un’agenzia immobiliare che metteva in vendita un impianto per la produzione di yogurt. Hamdi si convinse che il destino stesse bussando alla sua porta e avesse una consistenza cremosa. Accumulò debiti pur di comprare l’impianto e impiegò due anni per riprodurre il gusto della sua infanzia. Ma alla fine nacque lo yogurt Chobani, che in turco significa gregge. In poco tempo conquistò uno spazio fisso nei frigoriferi della Costa Orientale, rendendo miliardario il suo inventore e consentendogli di assumere duemila persone, scelte per lo più tra i migranti senza lavoro come lui.
L’altro giorno il pastore del gregge ha comunicato due notizie. La prima: presto Chobani sarà quotato in Borsa. La seconda: era sua intenzione assegnare ai dipendenti il dieci per cento delle azioni. Qualcuno ha barcollato, qualcun altro è svenuto, tutti si sono ritrovati di colpo nelle tasche duecentomila dollari. Quelli che hanno tentato di ringraziare Hamdi per l’inatteso regalo si sono sentiti rispondere che non si trattava di un regalo, ma di una mutua promessa: d’ora in poi avrebbero lavorato con uno scopo e una responsabilità comuni. Ci voleva un pastore curdo per ridare un senso al capitalismo. E ci voleva New York per ridare un senso al pastore curdo.
vivicentro.it-opinione / lastampa / Lo yogurt della cuccagna MASSIMO GRAMELLINI
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