Dietro ai roghi spesso ci sono grandi interessi che smuovono i piromani. La conferma arriva dai Nuclei investigativi: “C’è chi vuole vedere gli aerei in volo”. Sotto accusa finiscono anche i forestali stagionali.
L’Italia nel mirino di 600 piromani. Gli interessi che scatenano i roghi
Gli investigatori: “Attacchi alle aree protette e ritorsioni contro le amministrazioni locali”. Condanne alte ma pochi restano in cella. Sotto accusa anche gli operai forestali stagionali
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OMA – Gli ultimi incendiari li hanno arrestati in Campania. Uno a Solopaca (Benevento), un coltivatore diretto di 54 anni colto in flagranza dai carabinieri forestali mentre appiccava un incendio in un’area adiacente la sua proprietà. L’incendio rischiava di investire il vicino monte Taburno, zona tutelata paesaggisticamente. Un altro, anziano contadino di 74 anni, lo hanno arrestato sul fatto a Giugliano (Napoli): ha ammesso di avere incendiato le sterpaglie per «ripulire» il suo campo, e ha causato così un incendio di vaste dimensioni che ha rischiato di danneggiare anche le abitazioni. Il terzo l’hanno pizzicato a Caserta, un altro agricoltore di 75 anni: richiamata dal denso fumo, una pattuglia di carabinieri l’ha trovato che incendiava di nascosto tubazioni in amianto, taniche, cassette in plastica, contenitori in metallo e onduline in disuso. Sul posto sono dovuti intervenire i Vigili del Fuoco per salvare la vegetazione.
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Tre storie di ordinaria aggressione al patrimonio ambientale. Tante le cause: disattenzione, incuria, vandalismo, interessi criminali, malattia mentale. Purtroppo le comunicazioni dell’Arma, che da sette mesi ha assorbito il Corpo forestale dello Stato, sono zeppe di queste segnalazioni. Da diciassette anni, quando fu fatta l’ultima legge contro gli incendi boschivi, è all’opera un Nucleo informativo antincendio boschivo che è la punta di diamante di questo tipo di indagini. Grazie a loro, la casistica degli incendi e degli incendiari è ormai nota: «Mediamente – racconta il tenente colonnello Marco Di Fonzo, del comando Tutela forestale dei carabinieri – una metà degli incendi è dolosa, metà colposa. Cambiano le proporzioni a seconda della stagionalità e delle condizioni climatiche che possono variare di anno in anno, ma c’è sempre dietro la mano dell’uomo».
Semplificando, gli esperti del Nucleo – e tramite loro i 1500 uomini delle stazioni forestali – sono in grado di ricostruire come si propaga un incendio boschivo, dove è il punto di innesco, quali le cause. Indagini sofisticate che danno risultati. «Ogni anno abbiamo denunciato dalle 400 alle 600 persone che hanno causato incendi di vaste proporzioni. Molti sono quelli colti in flagranza».
Seguono i processi. E bisogna subito dire che se le pene sono teoricamente molto severe (fino a 7 anni per un incendio, 10 anni se è un incendio boschivo, 15 anni se si è causato un danno grave ed esteso all’ambiente), in cella ci sono ben pochi colpevoli. Secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, attualmente ci sono 633 detenuti, tra condannati definitivi e in attesa di giudizio, per il reato di incendio semplice; soltanto 17 quelli detenuti per l’incendio boschivo.
La discrepanza nei numeri tra i denunciati e i condannati si gioca sulla distinzione tra rogo doloso o colposo. Dolosi sono gli incendi causati dai piromani, quei malati di mente che godono a mandare in fumo un bosco, magari solo per vedere gli aerei che lanciano acqua. Dolosi sono anche i roghi causati da lavoratori stagionali che si preoccupano di essere assunti l’anno successivo. E dolosi sono anche i roghi appiccati per puro vandalismo, o per protesta contro amministrazioni pubbliche, o per rappresaglia contro un parco, o ancora perchè si pensa di utilizzare successivamente il terreno «ripulito» dagli alberi per le coltivazioni. Non per edificare, in quanto funziona a dovere il vincolo di inedificabilità assoluta per 10 anni: dopo ogni incendio, la Forestale definisce il perimetro del territorio bruciato, individuano le particelle catastali ormai intoccabili, e i Comuni recepiscono.
Colposi sono invece gli incendi collegati a vecchie abitudini della pastorizia, chi vuole liberarsi delle potature dell’ulivo o delle stoppie, chi pensa di eliminare così le erbe secche. «Nonostante i divieti – racconta ancora il colonnello Di Fonzo – certe abitudini sono dure a morire, specie tra gli anziani. Ma troppo spesso il fuoco sfugge al controllo, proprio perché non hanno più la vigoria di un tempo. E poi si dannano per fermare le fiamme. Capita che troviamo il colpevole con gravi ustioni o addirittura morto per infarto».
Quest’anno, con caldo e siccità record, ci sono le condizioni peggiori per gli incendi. Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, vorrebbe schierare l’esercito. Intanto il Sud va a fuoco, dalla Sicilia alla Calabria, alla Campania. Ma le fiamme colpiscono anche il monte Amiata, in Toscana. E allora il premier Paolo Gentiloni esprime la sua «vicinanza» a chi si batte per contrastare ben 23 incendi in contemporanea. E Beppe Grillo tuona: «Hanno distrutto il Corpo Forestale per risparmiare una manciata di milioni e hanno regalato alle banche 86 miliardi».
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