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Castellammare di Stabia

L’Italia e il presepe dissacrato, così muore la tradizione

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Non basta l’elenco telefonico per catalogare città e istituzioni che con l’arrivo del Natale sforzano la loro immaginazione per violare e desacralizzare il simbolo più semplice della Natività di Gesù: il presepe.

Lo hanno fatto in tutti i modi (orribili) possibile. A Castenaso, in provincia di Bologna, il sindaco Stefano Sermenghi ha ben pensato di infilare Gesù, Giuseppe e Maria in un gommone da due soldi. Il messaggio è chiaro, non c’è che dire. E al solito ha gioito chi vede nelle migrazioni odierne una similitudine con il peregrinare della Santa Famiglia durante la fuga in Egitto per scappare alle persecuzioni di Erode. Il principio è piaciuto anche a Comunione e Liberazione, il movimento ecclesiale fondato più di quarant’anni fa da don Luigi Giussani, visto che nel biglietto di auguri del 2017 al posto della consueta capanna ha preferito una sorta di campo profughi. E che dire di Arcore, dove il bambinello invece di ritrovarsi riscaldato dal fiato del bue e dell’asinello deve fare a cazzotti con le braccia alzate degli immigrati accalcati in un improbabile natante alla deriva. “L’intento è legare la storia con l’attualità del fenomeno delle migrazioni. È un messaggio di solidarietà”, ha detto invece don Claudio Como, parroco di Udine, per giustificare la scelta di far nascere il Salvatore del mondo in una zattera. “Blasfemo”, l’ha definito qualcuno. Ma i progressisti tirano dritti.

Palermo sono andati addiruttra oltre. E invece di limitarsi ad un piccolo richiamo all’attualità, il presepe lo hanno stravolto del tutto e dedicato ai migranti. In pratica l’incarnazione di Dio sulla terra, “tu scendi dalle stelle o Re del cielo” e via dicendo sono andati a farsi benedire: il protagonista non è il santo bambinello, ma Aylan Kurdi, il piccolo profugo siriano di 3 anni trovato morto sulla spiaggia di Bodrum il 2 settembre 2015. Al posto della grotta c’è il “barcone della speranza” con una rete che richiama la frase di Gesù “vi farò pescatori di uomini”. Stupisce il fatto che a realizzarlo siano stati uomini di Chiesa e i giovani dell’Oratorio secolare di S.Filippo Neri, visto che non si capisce quale invito all’accoglienza possa avere quella frase del Cristo (che parla di proselitismo della Buona Novella più che di braccia aperte allo straniero). Ma tant’è.

I

n fondo tra scuole che eliminano ogni riferimento a Gesù dalla recita natalizia (Castellammare di Stabia), presidi che non lo fanno realizzare in aula e amministrazioni pronte a togliere pure l’albero con le palline per non irritare i musulmani, non è certo un periodo semplice per chi ama la semplicità di quel simbolo naturale. Ognuno fa ciò che vuole, per carità. Ma qui non stiamo parlando delle statuine di Maradona che i napoletani infilano al fianco dei pastori e delle pecorelle: loro lo fanno con goliardia e leggerezza. Qui invece emerge il dolo, cioè un volontario atto ideologico per trasformare una tradizione in un giocattolo da giostrare a piacimento. Non solo in tema di migrazioni, eh. Ci sono anche i presepi omosessuali, con due Giuseppi o due Marie. Un obbrobrio. Oppure i Re Magi politically correct. E pensare che quando San Francesco per la prima volta nella storia mise in scena il presepe a Greccio, diede indicazioni precise ai suoi compaesani: “Scegli una grotta dove farai costruire una mangiatoia ed ivi condurrai un bove ed un asinello, e cercherai di riprodurre, per quanto è possibile la grotta di Betlemme! Questo è il mio desiderio, perché voglio vedere, almeno una volta, con i miei occhi, la nascita del Divino infante”.

Nessun barcone, nessuna coppia gay, migranti o zattere. E così dovrebbe essere. Perché trasformandolo troppo si rischia di delegittimarlo a tal punto che ben presto perderà ogni senso del sacro. E finirà che tre ragazzotti troveranno normale oltraggiarlo con gesti sessuali e osceni e vantarsi dell’affronto pubblicando una foto online. Come successo a Bolzano.

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