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Castellammare di Stabia

Testimonianza di una donna che è riuscita a liberarsi della schiavitù

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Organizzato dal Cif stabiese una serata per parlare della tratta delle donne e la schiavitù di tante altre. Presentato il libro “Il coraggio della libertà”

Testimonianza di una donna che è riuscita a liberarsi della schiavitù

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astellammare di Stabia – Una donna che è riuscita a ritrovare la sua dignità, a liberarsi dalla schiavitù, un libro e un pubblico interessato.
Elementi, che insieme a qualificate oratrici, hanno costituito il carattere essenziale di una iniziativa promossa dal Cif di Castellammare, che ha trattato con leggerezza, eleganza e determinazione, un pesante e grave argomento: la tratta delle donne.

Un fenomeno in spaventosa crescita che coinvolge tantissime donne africane e soprattutto nigeriane e, ancora più grave, giovanissime e minorenni.

E’ stata la presidente del sodalizio stabiese Fiorella Girace, a introdurre la serata che ha fortemente voluto mettere in campo detto argomento, soprattutto dopo aver conosciuto la storia della protagonista della serata, Blessing Okoedion e suor Rita Giarretta, della Casa Rut di Caserta, casa delle ragazze sfuggite alla tratta, considerandolo un vero e proprio dono.

Una iniziativa nata dopo un convegno sulla tratta, che si è tenuto a Napoli, ha reso noto nel corso del suo intervento di saluto Marinella Gargiulo, responsabile del Cif regionale, auspicando nel contempo, simili iniziative in tutta la Campania.

Sono emersi con la massima evidenza, dall’intervento di Argia Albanese, dell’Associazione Donne Meridiane, i ritardi legislativi e culturali in cui versa la nostra nazione, e dunque la necessità di sostenere un processo di emancipazione e liberazione di questo fenomeno criminale.

Sono stati gli ex parlamentari Livia Turco e Giorgio Napolitano a proporre e inserire, nell’allora Piano Nazionale sull’Emigrazione, l’articolo 18 che prevalentemente definisce il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. Legge rimaneggiata, che ha recepito alcune direttive europee e che fortunatamente ha conservato detto articolo. Tutto il resto è fermo, ha ancora aggiunto Albanese, quindi un quadro desolante in Italia e l’urgenza doverosa di fare qualcosa per riconoscere queste donne sfruttate, come vittime e mettere in campo concrete operazioni d’inserimento.

L’impegno della politica dovrà essere quello di riconoscere la tratta, un crimine contro l’umanità.
In piedi, con sicurezza, orgoglio ed emozione, Blessing Okoedion ha raccontato la sua storia.

In controtendenza alla cultura africana che non permette alla donna di studiare ma di prepararsi solo al matrimonio, Blessing, così come tutti confidenzialmente l’hanno chiamata per nome nel corso della serata, sottoponendo a grossi sacrifici la famiglia, ma anche se stessa, è riuscita a laurearsi in informatica.

La sua innocenza, l’ignoranza di alcune situazioni e fenomeni e il non saper coscientemente diffidare, l’hanno condotta in una micidiale trappola. Una donna cristiana gli promette un lavoro in Europa, tratta dunque in inganno e costretta a prostituirsi.

Il meccanismo usato da questi sfruttatori è simile in quasi tutte le storie. Le ragazze vengono reclutate e convinte, con false promesse a trasferirsi in Europa, con la speranza e l’obiettivo di migliorare la loro condizione di vita. Pagano una somma ingente o contraggono con queste organizzazioni criminali debiti che dovranno restituire; molte prima della partenza sono sottoposte a riti voodoo e il tutto costituirà il ricatto per sottostare alla volontà degli sfruttatori che obbligheranno queste donne a prostituirsi. Ma tanti sono i metodi ricattatori, come anche ad esempio il sottrarre documenti e dunque l’identità che terrorizza le vittime e li inibisce a ogni forma di ribellione.

“Non è facile abituarsi a essere schiava – ha affermato Blessing – difficile è ribellarsi se non si conosce il contesto sociale del paese in cui sei, si è costrette ad affermare di essere contente del “lavoro” che fai, ma si soffre dentro, e il viso è coperto da lacrime invisibili”.

Arrabbiata e impaurita, per aver perso la dignità in un attimo e dopo una vita che si era costruita con sacrifici in tanti anni, la nostra protagonista dopo tre giorni ha avuto il coraggio di denunciare.
Dalla disperazione al coraggio, al coraggio di rompere questo silenzio.
Viene portata nella Casa Rut, dove incontra tante ragazze con la sua stessa storia e da li comincia un suo nuovo percorso di vita.

“Ho messo la faccia per dire che è possibile contrastare la tratta” è stata la conclusione della protagonista di questa interessante, ma soprattutto stimolante serata ad attivarsi.

Con la sua testimonianza, l’Arcivescovo Mons. Francesco Alfano ha invitato tutti a impegnarsi, a mettere la faccia, a lottare contro ogni forma di violenza per un cambiamento radicale per costruire un mondo nuovo. “Blessing prima di noi si è esposta, ha messo la faccia – è stata la sua precisa conclusione – e ci ha indicato la strada”.

Coinvolgenti le affermazioni di suor Rita della Casa Rut, che sogna una fine delle tratte di donne e quindi chiudere la Casa, per potenziare l’esistente cooperativa perché significa lavoro per queste donne, sostentamento per quanto basta, dignità e concreto inserimento.

“Non basta l’accoglienza – ha detto suor Rita – ma occorre liberare le persone e farle ritornare a testa alta e in piedi, e la cooperativa è un’opportunità”.

Si ha bisogno, ha ancora aggiunto, di bellezza, di sconfiggere la cultura maschilista e il loro negativo potere e i cittadini, oltre al Palazzo, possono fare molto. “Occorre una grande rivoluzione dal basso e questo incontro serve a tutti noi per decidere da che parte stare”.

“Il coraggio della libertà – Una donna uscita dall’inferno della tratta”, (Edizioni Paoline) è il titolo del libro scritto da Blessing Okoedion con Anna Pozzi, che racconta la sua storia ampliando anche la descrizione del fenomeno nei suoi aspetti generali.

La prefazione è di Dacia Maraini e la postfazione di Rita Giarretta.

Ha letto alcune pagine della storia di Blessing, la vice presidente del Cif, Pina Scognamiglio.
Giovanni Mura

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