Come scrive Andrea Montanino ora sulla Germania si affaccia il protezionismo con «l’Fdp che rivendica un forte controllo tedesco nei confronti dei Paesi che non hanno bilanci sani».
Sulla Germania si affaccia il protezionismo
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er tutto il 2017 ci si è preoccupati degli esiti delle elezioni olandesi, poi di quelle francesi, ha tenuto banco l’Italia, ma tutto sommato la Germania non era considerato un caso a rischio.
I risultati delle urne consegnano invece possibili coalizioni fragili e divise su molti temi. Due in particolare interessano da vicino noi italiani: la nuova governance economica dell’eurozona e le politiche commerciali.
In un discorso tenuto a fine maggio a Monaco, la Cancelliera Merkel disse che era finito il tempo in cui l’Europa poteva contare pienamente sugli altri, dove l’allusione era chiaramente agli Stati Uniti e al Regno Unito post Brexit. Per poter contare di più su se stessi, argomentava la Merkel, è necessaria maggiore integrazione economica europea, dove però il Paese più forte – la Germania – deve poter essere l’azionista di maggioranza.
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Con i liberali dell’Fdp nella coalizione, il tema dell’integrazione europea diventerà centrale, ed è probabile che verrà rivendicato un forte controllo tedesco nei confronti dei Paesi che non hanno bilanci sani. Il manifesto dell’Fdp parla di introdurre sanzioni automatiche per chi trasgredisce le regole di bilancio, chiudere il Meccanismo Europeo di Stabilità, e rendere più semplice uscire dalla zona euro.
Non è un caso che l’Fdp abbia avuto una posizione estremamente critica nei confronti del programma di aiuti alla Grecia concesso dall’Europa nel 2015, parlando anche recentemente in modo esplicito di Grexit come l’unica alternativa per accettare la ristrutturazione del debito greco.
Per l’Italia, questo significa che i negoziati per ottenere più flessibilità nelle regole europee di bilancio per tenere conto della dimensione del nostro debito pubblico saranno in salita ed è anzi probabile che la posizione tedesca nei nostri confronti si inasprisca. Sarà anche difficile immaginare l’emissione di bond per la crescita a livello europeo, in quanto la nuova coalizione tedesca potrà considerarla una mutualizzazione del debito piuttosto che uno strumento ulteriore a favore della crescita economica del continente. Il rischio allora è di una nuova governance economica con più poteri sanzionatori affidati a un ministro delle Finanze europeo, senza che questo abbia anche strumenti per favorire la stabilità economica o la crescita.
L’altro tema per noi rilevante riguarderà le politiche commerciali. L’export italiano è a livelli record e potrebbe raggiungere i 450 miliardi di euro a fine anno, più del 30 per cento del nostro Pil. Una spinta agli accordi di libero scambio negoziati dalla Commissione europea per conto degli Stati membri non potrà che favorire il nostro export di qualità, così come la ripresa delle discussioni con gli Stati Uniti per una riduzione delle barriere non tariffarie. Ma i verdi, la terza gamba di una possibile coalizione, hanno fortemente criticato il Ttip, l’accordo che era stato lanciato sotto la presidenza Obama. Così come hanno criticato il Ceta, l’accordo invece concluso tra Canada e Unione Europea.
Un atteggiamento protezionista dell’Europa, alimentato dal nuovo governo tedesco, potrebbe portare a ritorsioni che penalizzerebbero le nostre merci, forse anche più di quelle tedesche: nei primi 6 mesi dell’anno, il 43,7 per cento delle merci italiane esportate sono andate verso Paesi extra Ue, mentre per le merci tedesche la parte extra Ue è il 41,2 per cento. Come dire, la Germania conta meno sul mercato extraeuropeo di quanto non facciamo noi italiani.
L’ambito dove potrebbero esserci convergenze è invece la politica commerciale nei confronti della Cina, dove i verdi potrebbero chiedere reciprocità rispetto ad alcuni standard ambientali e sociali, e l’Fdp spingere per una maggiore apertura del mercato cinese. In entrambi i casi, con benefici anche per l’Italia.
Se riuscirà a formare una coalizione, la Cancelliera inizierà il suo quarto mandato con una Germania più forte che mai: il tasso di disoccupazione è al 3,7 per cento, il surplus di bilancio è al suo record storico post riunificazione, la crescita del Pil reale stabilmente al 2 per cento. La sfida sarà aiutare il resto dell’Europa a diventare forte quanto la Germania.
@MontaninoUSA
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