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Le università siciliane tra le ultime nella classifica del Censis

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La nuova edizione della Classifica Censis sulle Università italiane vede Messina e Palermo in fondo alla classifica, Catania si piazza penultima.

La classifica Censis (Centro Studi Investimenti Sociali, un istituto di ricerca socio-economica italiano fondato nel 1964) è un’articolata analisi del sistema universitario italiano attraverso la valutazione degli atenei (statali e non statali, divisi in categorie omogenee per dimensione) relativamente a: servizi erogati, borse di studio e altri interventi in favore degli studenti, strutture disponibili, comunicazione e servizi digitali, livello di internazionalizzazione. L’edizione 2019-2020 valuta anche l’occupabilità dei laureati delle università statali, il grado di soddisfazione per i servizi (aule, biblioteche, postazioni informatiche) di chi ha già frequentato e fornisce una mappatura degli atenei che dispongono della «carriera alias», ovvero uno strumento Lgbt-friendly (sigla utilizzata come termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) per agevolare le persone in transizione di genere (segnalato, nelle classifiche degli atenei, con la presenza di una bandiera arcobaleno).

A questa classifica si aggiunge il ranking (elenco) che fa riferimento all’anno accademico 2016-17 e si basa su una serie di criteri che vanno dalle somme spese per le borse di studio al numero di pasti erogati agli studenti e quello dei posti letto riservati a chi arriva da fuori regione. Per quanto riguarda le strutture sono stati presi in considerazioni i posti nelle aule, nelle biblioteche e nei laboratori, mentre sotto la dicitura comunicazione e servizi digitali rientra la valutazione dei siti internet. A essere giudicata è stata anche l’internazionalizzzione delle università, inteso come numero degli studenti stranieri iscritti, quello di chi ha trascorso un periodo fuori e più in generale la spesa che ogni ateneo affronta per favorire la mobilità dei propri studenti. Complessivamente si tratta di 63 classifiche, che possono aiutare i giovani e le loro famiglie a individuare con consapevolezza il percorso di formazione migliore.

Prosegue la crescita delle immatricolazioni. Per il quarto anno consecutivo, nell’anno accademico 2017-2018 si è registrato un aumento delle immatricolazioni (+1,3% rispetto all’anno accademico precedente). L’istruzione universitaria è stata scelta dal 47% dei 19enni. Sono i gruppi disciplinari economico e ingegneria industriale e dell’informazione ad assorbire le quote più alte di immatricolati (rispettivamente, il 15,5% e il 12,5%).

Ma ciò non in maniera omogenea su tutto il territorio. Sono aumentati gli immatricolati negli atenei del Nord (Nord-Ovest +3,2% e Nord-Est +4,1%), mentre sono diminuiti quelli degli atenei del Centro (-1,2%) e del Sud (-0,1%). Vi è poi un’elevata percentuale di studenti meridionali in mobilità extra-regionale. Nell’ultimo anno più del 23% è andato a studiare in una regione diversa da quella di residenza, a fronte dell’8,5% dei colleghi settentrionali e del 10,8% di quelli residenti nelle regioni centrali.

Da questa analisi emerge, purtroppo, una lampante disomogeneità territoriale tra un Nord che domina il podio dei mega atenei, con Bologna, Padova e Firenze in vetta e un Sud fanalino di coda con Bari, Catania e Napoli, in ordine, nelle ultime tre posizioni della classifica.

La classifica Censis sulle università italiane rilascia infatti un’immagine non positiva degli atenei siciliani, sia tra le università statali quali Palermo, Catania e Messina e quelle non statali come la Kore di Enna.

Messina e Palermo sono in fondo alla classifica, rispettivamente al dodicesimo e tredicesimo posto, tra gli atenei statali di grandi dimensioni. Mentre Catania si piazza penultima (fa peggio solo la Federico II di Napoli) tra i mega atenei statali.

Le classifiche generali sono state create tenendo conto anche delle dimensioni delle università. In tal senso, Catania rientra tra i mega-atenei, piazzandosi però al penultimo posto (nona su dieci) con 76 punti, in una classifica guidata da Bologna con 92 punti, a sua volta seguita a pari merito da Firenze, Padova e La Sapienza di Roma. Dietro all’università etnea solo la Federico II di Napoli. Guardando ai singoli indici, i risultati meno buoni Catania li ottiene nell’internalizzazione dove è ultima, nella comunicazione (penultima) e nelle borse di studio in cui è ottava. Un po’ meglio nei servizi e nelle strutture, piazzandosi rispettivamente al sesto e al quarto posto.

Palermo e Messina sono inseriti invece tra i sedici grandi atenei. L’università palermitana è settima con 83,8 punti (prima Perugia, seconda l’Università della Calabria), mentre quella peloritana dodicesima. Anche in questo caso, dai singoli indici si traggono pochi sorrisi: se Palermo si distingue per la comunicazione digitale – secondo posto – e le strutture – sesto posto -, appartiene alla seconda metà della classifica per servizi, borse di studio e internazionalizzazione. Quest’ultima voce è quella dove l’università di Palermo fa meno bene, piazzandosi all’undicesimo posto.

Discorso simile anche per Messina, dove il risultato migliore è ottenuto nella classifica riguardante i posti in aule studio, laboratori e biblioteche, dove è superata soltanto dall’università di Parma. Discreto anche il piazzamento nella comunicazione (settimo), mentre scarso quelle nelle borse di studio (11esimo).

Molto male nei servizi in cui è Messina penultimo, restando sopra solo all’ateneo Campania Vanvitelli, e nell’internazionalizzazione dove fa peggio di tutti.

Nel caso della Kore di Enna il confronto viene fatto con gli altri quattro atenei di medie dimensioni non statali, ovvero Roma Luiss, Roma Lumsa, Milano Iulm e Napoli Benincasa. Nella classifica generale la posizione occupata dall’università siciliana è la penultima, frutto di un ultimo posto in internazionalizzazione e comunicazione, di un posizionamento a metà classifica tra servizi e strutture e di un secondo posto nelle borse di studio, con 81 punti. Meglio di Roma Lumsa, Milano Iulm e Napoli Benincasa, ma molto dietro alla Luiss (110 punti).

Male anche nelle classifiche riguardanti la didattica. Tutti gli atenei siciliani occupano i bassifondi delle graduatorie. In questo caso il dato generale viene ottenuto prendendo in considerazione la progressione della carriera e l’internazionalizzazione. Catania, per esempio, è ultima su 48 nel corso magistrale di giurisprudenza. Sono 67 i punti per l’ateneo catanese. Non molto meglio nel ramo socio-politico delle lauree triennali, dove è terzultimo su 40. Terzultima piazza che viene ottenuta anche nelle triennali del ramo economico e di quello sportivo, nonché nella magistrale in odontoiatria. In medicina e chirurgia, invece, Catania si piazza ventisettesima su 37.

Per quanto riguarda Messina, spicca l’ultimo posto nel ramo socio-politico (lauree triennale), mentre in giurisprudenza è sestultima e in odontoiatria quartultimo. Penultimo posto, invece, nelle lauree triennali in campo psicologico.

La magistrale migliore in giurisprudenza – stando alla classifica Censis – è a Palermo, con il locale ateneo che si piazza 33esimo su 48. Ultimo posto, invece, nelle triennali del settore sportivo, mentre quintultimi in quelle riguardanti il settore economico, psicologico e socio-politico. Molto male anche in architettura: nella classifica riguardante la magistrale (nel cui ramo rientrano anche i corsi in ingegnerie edile-architettura) Palermo è quartultimo, mentre nella triennale penultimo.

Risultati tutt’altro che buoni, infine, anche per la Kore. L’università ennese si piazza ultima nelle lauree triennali in ingegneria, del ramo letterario-umanistico, linguistico, psicologico, mentre è penultima – davanti a Napoli Benincasa – nelle triennali del settore socio-politico.

L’opinione.

Si legge ad un certo punto sulla pagina del Censis “… La flessione negli atenei del Mezzogiorno si inquadra all’interno di un fenomeno tradizionale …”. Il termine “tradizionale” quando si parla del Sud e della Sicilia, sembra la giustificazione della parola “sottosviluppo” al quale il Meridione è stato palesemente assoggettato dal generale corrotto sistema pubblico-politico-giuridico-istituzionale-burocratico e parallelamente, guarda caso, anche da quello delinquenziale e mafioso.

A

dduso Sebastiano

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