Dall’Arabia Saudita il presidente degli Stati Uniti Donald Trump pronuncia il suo primo discorso rivolto al mondo islamico.“Siete voi che dovete sconfiggere i terroristi” spiega. Il suo obiettivo è conquistare il consenso delle popolazioni sunnite proponendo un’unione tra le fedi monoteiste e un’alleanza contro l’Iran sciita e i suoi alleati “complici degli integralisti”.
Trump ai sunniti: “Cacciate i terroristi dalle vostre terre”
Il presidente Usa parla dei rapporti con l’islam a Riad davanti a 55 leader arabi. Unione tra le tre fedi monoteiste per la pace. «Isoliamo il regime iraniano»
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rump seppellisce la «guerra fra civiltà» che aveva caratterizzato la campagna elettorale. Non è tempo di «muslim ban» ma di elogi ripetuti per la «ricchezza storica e culturale» del Medio Oriente, dove «per secoli» le diverse religioni hanno convissuto in pace e dove è a portata di mano un futuro «dalle incredibili possibilità» se solo i Paesi musulmani, con l’aiuto degli Stati Uniti, sapranno sconfiggere il nemico comune, il terrorismo, mai accostato alla parola «islamico». Non si tratta, è il punto forte del discorso, di «una battaglia tra fedi diverse, ma tra criminali che vogliono cancellare la vita umana e persone di tutte le religioni che cercano di proteggerla: è una lotta tra il bene e il male». E il viaggio del presidente nei luoghi santi delle tre fedi abramitiche, Arabia, Gerusalemme, Vaticano, è lì a testimoniarlo.
Trump sottolinea che il 90 per cento delle vittime del terrorismo sono musulmane e che spetta alle nazioni del Medio Oriente sconfiggere l’estremismo. Dobbiamo «restare uniti contro l’uccisione di musulmani innocenti, l’oppressione delle donne, la persecuzione degli ebrei e il massacro dei cristiani», insiste. Ma i leader religiosi devono lanciare un messaggio chiaro: «La barbarie non vi porterà nessuna gloria, l’accondiscendenza al male non vi porterà nessuna dignità. Se scegliete la via del terrore, la vostra vita sarà vuota, la vostra vita sarà breve e la vostra anima sarà condannata».
Fra gli ori e i cristalli del palazzo, uno dei più lussuosi di Riad, sono riuniti ad ascoltarlo i leader di 55 Paesi del Medio Oriente, dell’Africa, dell’Asia centrale e meridionale. Ci sono anche 500 giornalisti, e un pubblico selezionato di funzionari e uomini d’affari vicino alla corte. Non esattamente le masse diseredate dove pescano i predicatori dell’estremismo. Ma per le élite dei Paesi arabi Trump è «una benedizione», «uno choc che ci ha sorpresi in positivo», un «vincente che ha fatto bene nel business e sorprenderà il mondo anche in politica» anche perché «se qualcuno ha successo è perché è prediletto da Dio». Gli insulti contro l’islam, «religione che ci odia», gli attacchi all’Arabia Saudita «mente dell’11 settembre» sembrano lontani secoli.
La giornata, fra il palazzo reale di Al-Yamamah e il King Abdulazaz Center, serve anche a seppellire il passato. Ci sono incontri bilaterali a raffica, per cementare la politica mediorientale, incentrata su affari, scambi commerciali e collaborazione nella sicurezza e la difesa che deve portare «posti di lavoro in America», un altro tema affrontato in apertura del discorso. È la dottrina del realismo, non più delle policies astratte, come nell’era Obama. Lo sottolinea anche il ministro degli Esteri saudita Al-Jubeir. Trump ha rotto «il circolo vizioso» fra terrorismo «che genera islamofobia, islamofobia che genera terrorismo». Il Counter-Extremism Center sarà invece una collaborazione concreta per battere l’ideologia dell’odio a cominciare dal Web. Anche qui Trump mette subito in pratica le idee, con uno scambio di messaggi in diretta su Twitter, un dialogo con i giovani musulmani.
Sul piano strategico gli incontri più importanti sono quelli con il leader degli Emirati Tamim Bin Hamad Al-Thani e con Abdelfatah Al-Sisi. Scatta subito il feeling, come già a Washington. Trump «è un personaggio unico» e «capace di fare l’impossibile», dice il presidente egiziano. «Sono d’accordo», ribatte Trump e accetta l’invito ad andare in Egitto, «presto». È il secondo pilastro. Non basta l’Arabia Saudita, serve anche un regime laico impegnato in prima fila contro l’Isis. Si delinea la grande alleanza, «per spazzare via il terrorismo e l’estremismo». Alleanza tutta sunnita, però, perché Trump sembra chiudere la porta a qualsiasi collaborazione con l’Iran, messo sullo stesso piano dell’Isis e di Al-Qaeda assieme agli alleati Hamas e Hezbollah. Un passaggio che ha fatto di sicuro felice il premier israeliano Benjamin Netanyahu, pronto ad accogliere il presidente americano questa mattina a Gerusalemme.
Trump accusa Teheran di alimentare «il fuoco dei conflitti settari», dal Libano allo Yemen, e di aver causato la tragedia «inimmaginabile» della Siria. Elogia i Paesi del Golfo per aver messo Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche. Il regime iraniano, insiste, deve essere isolato, non la popolazione. L’Arabia Saudita, è invece indicata come esempio di tolleranza, convivenza. Un esempio per la nazioni musulmane che «devono decidere che genere di futuro vogliono per se stesse e i propri bambini». Washington, ha assicurato, «non interferirà, ma cercherà riforme graduali. Laddove possibile». La dottrina del realismo: «Insieme non possiamo fallire».
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