Pochi giorni prima del debutto al cinema del suo film, “Mine”, il regista Fabio Guaglione ha scoperto che la pellicola era già disponibile online su vari siti pirata. Non si è perso d’animo e ha rivolto una lettera aperta al pubblico: “Andate in sala a vedere il mio film. Non rubereste mai un caffè al bar, perché farlo con il nostro lavoro?”.
“Cari spettatori, andate in sala a vedere il mio film. I pirati della rete uccidono il cinema”
Fabio Guaglione, regista di “Mine”, sfida i furbetti dello streaming: «Non rubereste mai un caffè al bar. Perché farlo con il nostro lavoro?»
Pubblichiamo qui l’intervento di Fabio Guaglione, classe 1981, regista milanese. Ha diretto «Mine» con Fabio Resinaro
Mi avevano sconsigliato di farlo. E invece, come al solito, ho fatto quello che mi sentivo. Quando ho visto su un famoso sito di streaming illegale che alcuni utenti richiedevano di vedere il nostro film ancora prima dell’uscita in sala, lo sconforto mi ha fatto abbassare le spalle di fronte al monitor. Non ci ho pensato molto, e ho scritto un commento sotto la pagina del film. Con «film» intendo Mine, progetto di cui sono co-sceneggiatore e regista assieme al mio omonimo Fabio Resinaro, attualmente nei cinema grazie a Eagle Pictures. Un film che è costato lavoro, fatica e soldi a tante persone; 106 minuti in cui sono racchiusi tre anni di sogni, sacrifici, lacrime, sangue e sabbia. No, non esagero.
Per far arrivare nei cinema la storia di un soldato con un piede sulla mina abbiamo scommesso tutto, anche quello che non avevamo. Due italiani esordienti e sconosciuti hanno convinto un produttore americano ed una star hollywoodiana a seguirli in questo progetto rischiosissimo. Ce l’abbiamo fatta grazie a pianificazione, tanto fervore e l’arte «made in Italy» di sapersi arrangiare. Ma una volta conquistata questa preziosa occasione, è iniziato un viaggio più lungo e arduo del previsto fatto di scontri creativi, litigi personali, notti insonni, debiti economici, complicazioni legali e coliti.
Per questo mi è venuto spontaneo lasciare quello che più che un commento era un appello volto a sensibilizzare la comunità online. Chiedevo semplicemente di andare a vedere il film al cinema. Prima di tutto per rispetto verso le 248 persone che ci hanno lavorato. E poi perché abbiamo fatto di tutto per confezionare un prodotto audiovisivo di qualità. Guardare un film è un’esperienza sensoriale da fare in una sala cinematografica. «Star Wars» visto sull’Iphone non ha senso. È solo un’iperbole, ma ci siamo capiti. Mi hanno risposto in tanti. Qualcuno si è incazzato, tirando in ballo le ovvie difficoltà economiche. Altri, in uno scenario paradossale su un sito di streaming pirata, mi hanno fatto i complimenti perché avevano visto il film al cinema e gli era piaciuto. Li aveva emozionati.
Io capisco le difficoltà di tutti, ci mancherebbe. Vorrei solo che nessuno ignorasse cosa c’è dietro la realizzazione di un film. Un caffè comporta meno lavoro, ma non lo rubereste mai al bar. Inoltre, al giorno d’oggi esistono molte agevolazioni per chiunque, tra cui i Cinema2Day, in cui il biglietto costa solo 2 euro. Guarda caso, 2 caffè. 2 caffè per 3 anni di lavoro. Io lo so che il film sarà guardato illegalmente comunque. Fa parte del gioco che la rete porta con sé. Quello che chiedo ai siti pirata, come mi risulta sia successo per produzioni italiane alternative analoghe come Lo chiamavano Jeeg Robot o Veloce come il vento, è almeno di aspettare qualche mese a caricare il film, in modo da diminuire l’impatto del danno economico su produzione e distribuzione.
Oggi andare al cinema significa far sì che in futuro possano esserci altri film italiani di cui andare orgogliosi. Infine: questa è una chiamata rivolta a voi, capitani dei vascelli di streaming. Si sa: anche i pirati hanno un codice d’onore.
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