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itornare dopo un anno di successi, quando ti potresti fermare e godere di ciò che è stato fatto, è da coraggiosi. Il quarto posto a Sanremo, un disco di platino con una Finestra tra le stelle, i quattro disco d’oro con Splende, Vincerò, l’Ultimo addio e Sento solo il presente, sono state solo una parentesi della sua vita da guardare con gioia, ma da lasciare andare.
Sempre in continuo movimento, sempre in costante cambiamento, che poi a cambiare tutto si finisce per non cambiare nulla.
Annalisa ritorna con Se Avessi un cuore, quinto album in sei anni, dal mood elettronico e dai sapori internazionali. 12 pezzi che presentano la sua firma e che dicono molto sul suo mondo. C’è tanto di Sia, Lady Gaga e Madonna in questo lavoro: è lei stessa ad ammetterlo. E si sente.
Dopo il Diluvio universale, pezzo con il quale ha gareggiato al Festival, posizionato all’undicesimo posto, ci saremmo tutti aspettati da lei un album alla stregua dei lavori precedenti. E invece no. Il Diluvio è servito solo come ponte necessario per collegare ciò che è stato fatto e ciò che si farà. Un pezzo a sé, che racchiude l’Annalisa di questi anni, un Annalisa che c’è sempre, ma che adesso deve farsi un po’ da parte. Se avessi un cuore dà l’idea della nuova strada che ha intenzione di percorrere la cantante ligure. Un sound nuovo, moderno, elettronico, ballabile, adatto per l’estate che sta arrivando, leggero anche, ma forse non troppo. In Se avessi un cuore, Annalisa scrive e va a fondo, affronta il tema della diversità, che magari diverso è solo sinonimo di rarità.
L’ITINERARIO- Leggerissima è il secondo pezzo dell’album, caratterizzato da una musica ipnotica e da un testo che fa da specchio a tutte quelle persone che giungono alla conclusione di doversi apprezzare, dopo guerre interne che hanno quasi portato alla loro distruzione. “Fermare il tempo”, dice Annalisa e per una volta non sminuirsi ed essere fieri di sé, che poi è la formula segreta per sentirsi leggerissimi. Noi siamo un isola segue la strada tracciata da Se avessi un cuore. Distanti dal tempo, il tema che ritorna. Un viaggio su Marte, su isola, su una supernova, vicini alla luna: mai fermi. Una canzone da ascoltare in macchina nelle notti d’estate con gli amici di sempre. Coltiverò l’amore è quel pezzo da ascoltare dopo una storia finita male. “Bruciarsi per farsi luce”, l’invito a non arrendersi. Uno il pezzo per chi la storia l’ha appena iniziata e non vuole esporsi troppo. Annalisa fa un po’ i conti della sua vita con ironia, che diventa serietà nel ritornello. Potrei abituarmi è invece la versione italiana, tradotta da Annalisa, di Used to You, scritta per lei da Dua Lipa, sempre presente del cd. Convince sia il pezzo in lingua originale che tradotta: sorprende Annalisa in inglese. Potrei abituarmi è una dichiarazione d’amore atipica, che lascia un po’ in sospeso, come in un limbo. “Potrei abituarmi” dice lei, forse, chissà. A cuore spento è di certo uno dei pezzi più difficili da cantare e da ascoltare. Parla di qualcosa che è stato portato via, o che è andato via e che si ricerca, perché se ne ha bisogno. Un pezzo che esprime la necessità di avere una persona accanto, perché da soli non si può prendere il volo. Ballad nelle strofe, elettronica nel ritornello: Inatteso è la perfetta sintesi del nuovo percorso artistico intrapreso da Annalisa. Le coincidenze parla di un amore perso, parla delle non-motivazioni che portano alla fine di una storia, all’idea che magari un motivo non c’è. E’ andata così e basta: dare la colpa al caso è solo una scusa per non andare avanti, perché è più facile crogiolarsi nel dolore. Quello che non sai di me è, invece, la perla di quest’album, destinata a non diventare singolo perché troppo prezioso. La fragilità, la paura di rivelarsi, la mancanza per qualcuno che è andato via e che vorremmo con noi, la forza e il desiderio di esserle accanto: tutto attraverso la scrittura affilatissima come lame di Annalisa.
IL RITORNO- Se avessi un cuore è l’album dei ritorni. Ritorna lei con la sua musica e le sua scrittura. Ritorna alle origini; alla cameretta sua, a Savona, quando da adolescente piena di opinioni buttava giù pensieri e ansie. Ritorna a Sanremo, dove tutto ha avuto inizio e dove tutto necessariamente devo confluire. Ritornano le parole, quelle che a scriverle un un po’ fanno male, ma che dopo fanno bene da morire. Quelle parole che accompagnate da una musicalità più leggera sembrano affievolire il dolore. Che c’è, rimane dentro, ma defluisce lento.
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