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Castellammare di Stabia

La vendetta di Erdogan: arrestate oltre 7.500 persone e minacciata pena di morte

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Secondo quanto riportato dalle Agenzie di stampa internazionali e dall’Agi, l’ondata repressiva in Turchia di Recep Tayyp Erdogan, sembra essere senza fine con oltre 7.500 arresti (316 confermati in udienza), tra cui 100 agenti di polizia, 6.038 soldati, 755 tra giudici e procuratori, e 650 civili.

Quasi 9.000 i licenziamenti dal ministero dell’Interno turco, di cui 8.000 i poliziotti. Numeri che allarmano l’Europa e gli Stati Uniti, che dalla solidarietà espressa al presidente turco passano alla preoccupazione per il rispetto dei diritti umani in Turchia, a partire dalla possibilità che venga reintrodotta la pena di morte proprio all’inizio del negoziato tra Ankara e Bruxelles. “Nessun Paese puo’ diventare stato membro dell’Ue se introduce la pena di morte, questo è chiaro nell’acquis comunitario”, hanno detto tutti, ma, ha aggiunto Kerry senza far riferimento alla pena di morte (negli Usa esiste), “sottolineiamo l’importanza della giustizia e del rispetto dello stato di diritto”. Inoltre “siamo determinati a che tutti gli sforzi contro Daesh non si indeboliscano”. “Siamo stati molto chiari nel condannare il tentativo di golpe militare – ha evidenziato Paolo Gentiloni,ministro degli Esteri italiano – e al tempo stesso siamo molto chiari nel dire che la reazione al golpe militare non può essere di vendetta ma deve tenere conto dello stato di diritto: il ricorso alla pena di morte sarebbe evidentemente in contraddizione”.

Berlino va oltre: “Nelle prime ore dopo il fallito colpo di Stato”, ha detto Angela Merkel, “abbiamo assistito a scene rivoltanti di giustizia arbitraria e vendetta. Questo non è accettabile”. “Farsi prendere dalla fretta nell’agire non sarebbe corretto, ma non possiamo ignorare quanto ci chiedono i nostri concittadini”, ha precisato il premier turco Binali Yildirim, di fronte all’irritazione europea. Poi ha minimizzato: “La questione dev’essere deliberata in Parlamento, giacché implica una modifica costituzionale”.

La polemica con l’Ue si intreccia con quella che vede Ankara e Washington quasi ai ferri corti in merito al destino di Tethullah Gulen, l’acerrimo nemico di Erdogan ritenuto da quest’ultimo l’organizzatore del tentato golpe e residente in Pennsylvania. La Turchia deve mostrare “prove e non supposizioni”, ha detto Kerry, he ha aggiunto: “Nessuna rihiesta di estradizione è arrivata”.

Proprio dall’ampiezza della repressione e dalla caratura di diversi personaggi arrestati emerge che non e’ stato un ‘golpe dei colonnelli”: 103 tra generali e ammiragli sono finiti in manette, vale a dire quasi un terzo su un totale di 356 alti ufficiali pari grado. In carcere si trovano i comandanti della II e della III Armata dell’Esercito e soprattutto l’ex numero uno dell’Aviazione, generale Akin Ozturk, considerato il vero promotore del mancato golpe. Il nuovo bilancio delle vittime del fallito golpe è questo: sono morte 308 persone, di cui 145 civili, 60 poliziotti e 3 soldati.

T

ra i 9.000 funzionari del ministero dell’Interno turco licenziati sono 7.850 gli agenti costretti a riconsegnare arma d’ordinanza e distintivo per poi essere esonerati dal servizio nella nottata di ieri proprio mentre alcuni aerei dell’Aeronautica turca hanno compiuto dei voli di pattugliamento nei cieli di Ankara, Istanbul e Smirne per ordine del governo.

Dopo quando accaduto in Turchia “e’ importante sostenere la legittimita’ delle istituzioni” hanno riaffermato, dopo l’incontro di questa mattina a Bruxelles fra ministri degli Esteri Ue e il segretario di Stato Usa, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Federica Mogherini e lo stesso John Kerry. “In quella notte tragica sono stata la prima a dire che le istituzioni legittime della Turchia dovevano essere protette”, ha detto la Mogherini, ora “non ci sono scuse per nessuna deroga allo Stato di diritto”. “Oggi daremo un forte messaggio sul fatto che il rispetto dello stato di diritto e del sistema di divisione dei poteri devono essere protetti e rispettati per il bene della Turchia stessa”. Infatti, ha aggiunto l’alto rappresentante, “il paese rischia divisioni molto profonde, le sta gia’ vivendo, e il modo migliore per gestire la difficile situazione e’ il rispetto dello stato di diritto. Non ci sono scuse per nessuna deroga”. Come Unione europea “condanniamo il tentativo di colpo di Stato, e “invitiamo al rispetto dei valori costituzionali, delle liberta’ fondamentali, dei diritti umani e stato di diritto”, ha ribadito. Anche Kerry ha ricordato che “siamo favorevoli che i responsabili del colpo di stato siano assicurati alla giustizia, ma sottolineiamo l’importanza della giustizia e del rispetto dello stato di diritto”. Inoltre, ha aggiunto, “siamo determinati a che tutti gli sforzi contro Daesh non si indeboliscano”.

Intanto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che il parlamento potrebbe discutere la reintroduzione della pena di morte per chi commette atti di tradimento nei confronti dello Stato. Erdogan ha pronunciato queste parole in seguito ai funerali per le vittime degli scontri del tentato golpe del 15 luglio, mentre poche ore prima il premier Binali Yildirim dichiarava il ritorno alla normalita’. “Una minaccia e’ stata sventata, ora e’ il momento di fare pulizia” Yildirim, alla folla che chiedeva la condanna a morte per gli autori del golpe, ha assicurato che il governo ha “recepito il messaggio” e che presto “sara’ fatto quanto necessario”. La Turchia, con Erdogan premier, aveva abolito la pena di morte nel 2004, uno dei requisiti chiesti dall’Ue affinche’ Ankara potesse aspirare all’ingresso tra i Ventotto. Ora questa aspirazione, peraltro sempre meno sentita da Erdogan di cui l’Ue ha disperatamente bisogno per tenere a bada lo tsunami di profughi in fuga dalla Siria, passa in secondo piano rispetto al regolamento di conti con i protagonisti di questo tentato golpe. “In una democrazia le decisioni sono assunte sulla base di quello che vuole il popolo. Io penso che il nostro governo parlera’ con l’opposizione e (alla fine) assumera’ una decisione” sulla reintroduzione della pena capitale, ha spiegato Erdogan aggiungendo che “non possiamo perdere altro tempo perche’ in questo Paese chi lancia un golpe deve pagarne il prezzo”.

 

Erdogan è determinato a vendicarsi di chi ha tentato di metterlo alla porta, ma su tutti vuole la testa dell’arcinemico Fethullah Gulen, in esilio negli Stati Uniti. E ha chiesto a Washington di estradarlo “perche’ implicato nel tentativo di golpe”. Parlando a migliaia di sostenitori radunatisi in piazza, Erdogan si è rivlto direttamente agli Stati Uniti: “dovete estradare questa persona”, ha affermato. “Sto chiedendo all’America e al presidente (Obama) di estradare o consegnarci questa persona che vive su 400 acri di terreno in Pennsylvania”, ha detto Erdogan senza ma citare il nome di Guelen, aggiungendo: “Vi ho detto che e’ coinvolto nell’organizzazione di colpi di Stato, ma non sono stato ascoltato. Ora ancora oggi dopo il golpe vi chiedo ancora di darci questo uomo”.

Il segretario di Stato americano John Kerry ha confermato che gli Usa assisteranno la Turchia nell’inchiesta sul fallito golpe ma ha chiesto ad Ankara di fornire le prove contro Gulen.


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