Il Cardinale Ruini, il “campione” dell’ingerenza clericale nel potere italiano, ora teme il peso del pontefice sul fine vita
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hi d’ingerenze colpisce, d’ingerenze perisce. Per oltre un quarto di secolo, e ben prima dell’inizio della Seconda Repubblica, il cardinale Camillo Ruini è stato il campione dell’ingerenza clericale nella politica italiana: dal 1991 al 2007 presidente indiscusso della Cei, la conferenza dei vescovi, e per lo stesso periodo con un anno in più, fino al 2008, cardinale vicario del pontefice per la diocesi di Roma.
Da leader politico a tutto tondo, l’eminenza emiliana (e grande avversario del cattolicesimo adulto di Prodi e dei prodiani) avviò a Loreto nel 1985 “un progetto culturale” per incidere in modo decisivo sui due poteri, esecutivo e legislativo, nel nome dei cosiddetti “valori non negoziabili”. In un primo momento per rinnovare la morente Dc – per Ruini l’unità politica dei cattolici è sempre stata un dogma di natura celeste – poi per condizionare il centrodestra “amico” di Silvio Berlusconi e persino il Pd con la corrente dei teodem rutelliani.
Ed è per tutto questo che suona come un meritato contrappasso, ovviamente divino, non solo terrestre, il senso dell’allarmata intervista che il pugnace cardinale ha dato sabato scorso al Foglio, che è sì renziano ma sempre teocon e ratzingeriano. Al centro della conversazione la “svolta” di Francesco sul fine vita, dove a pesare è una frase ritenuta pericolosa dai clericali di destra: “Occorre saggezza”.
Così stavolta il cardinale Ruini si è precipitato a dire che Bergoglio non ha detto nulla di nuovo sull’accanimento terapeutico ma “secondo una prassi ormai consolidata, le parole del Papa sono state applicate immediatamente, e impropriamente, alla situazione politica”.
Dette dall’uomo che si battè con profitto contro i Dico e i referendum sulla procreazione medicalmente assistita; che negò il funerale e la misericordia a Welby e che infine tentò invano di riformare il centrodestra con la leadership cattolica di Antonio Fazio, l’ex governatore di Bankitalia; sembrano parole di un finto pentimento strumentale. Fin quando era lui, Ruini, a ingerire nessun problema. Ma guai agli altri, Papa compreso.
Fabrizio D’Esposito/ilfattoquotidiano
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