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Castellammare di Stabia

La fame può portare a battaglie, ma anche un piccolo osso da spartire: vedi cs e cd

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opo l’esito poco felice delle amministrative, nel centro sinistra si apre il processo a Renzi, e lui chiude all’Ulivo 2.0 aprendo un nuovo scontro con Prodi. Per contro, nel centro destra, il piccolo osso che le stesse hanno portato alla coalizione, parimenti apre lo scontro tra Salvini(ani) e Berlusconi(ani) sul chi lo abbia “trovato” e quindi chi debba spolparselo al meglio. Che fare? Poco o nulla temo. Del resto siamo in Italia dove, come sempre, dopo ogni tornata elettorale (ma come anche di qualsiasi altro confronto) tutti si dichiarano vincitori e, alla fine, a ben vedere, di fatto realmente vincono permanendo nelle loro posizioni (poltrone) e a perdere siamo sempre noi italioti, sempre presi da altro ed attenti ad altro. E di “rivoluzione” anche solo morale e culturale nemmeno se ne può parlare, è cosa troppo seria ed onerosa e poi, c’è sempre qualche altra priorità, fossanchero le ferie o qualche festività qualsiasi, purché sia.

A leggere le notizie d’agenzia lanciate nella tarda sera di ieri c’è da farsi venire il mal di fegato per cui vi consiglio di munirvi di un efficiente antiacido a portata di mano prima di procedere a leggere il report di quanto “agita” l’italica sceneggiata in programmazione costante sull’italico palcoscenico politico.

Fatto? Ed allora procediamo con la rassegna.

Partiamo dal cartellone del Centro Sinistra dove si è appena parta una nuova (ma anche antica) battaglia tra Renzi che invita Prodi a “star lontano” dal suo osso e questi che subito replica: “Stare più lontano? Lo farò” ‘Sposterò tenda più lontano senza difficoltà’

“Leggo che il segretario del Partito democratico mi invita a spostare un po’ più lontano la tenda. Lo farò senza difficoltà: la mia tenda è molto leggera. Intanto l’ho messa nello zaino”. Lo dichiara l’ex premier Romano Prodi.

A quanto si apprende, la dichiarazione di Romano Prodi è un commento all’opinione espressa a più riprese, dopo il voto per i ballottaggi, dal segretario del Pd Matteo Renzi sulle coalizioni. In un colloquio con Qn Renzi tra l’altro afferma: “Si conferma la tesi che i migliori amici del Berlusca sono i suoi nemici. È stato infatti ancora una volta dimostrato che quelli che invocano una coalizione di centrosinistra larga il più possibile fanno il gioco del centrodestra, e non del Pd”.

“Non possiamo inseguire oggi una discussione artificiale su quale sarà la coalizione che andrà alle elezioni. Abbiamo davanti un anno alle elezioni, confrontiamoci sui contenuti”, ha detto il segretario del Pd, Matteo Renzi, che parlando all’Ispi a Milano ha sostenuto che bisogna parlare delle cose concrete, come l’Europa, l’immigrazione, le periferie e non tornare alla discussione “di antica memoria su cespugli e cespuglietti”.

“So quello che farò io nei prossimi mesi – ha detto ancora Renzi -. Non inseguiremo la polemica ma tireremo fuori un progetto serio dell’Italia, stando fuori dai palazzi romani. Ci confronteremo con tutti: se ci andrà bene, torneremo al Governo, se ci andrà male avremo fatto un servizio all’Italia”.

Le continue esasperanti polemiche nel centrosinistra alla fine non fanno altro che agevolare il fronte avversario. E’ stato sempre così. Ma se in tanti pensano che il problema sia soltanto dentro il Pd, è chiaro che poi alle elezioni rischia di vincere qualcun altro”. Lo dice il segretario del Pd Matteo Renzi durante la rassegna stampa del Nazareno #OreNove.

“Il dibattito sulla coalizione addormenta gli elettori e non serve. Non è di per sé la coalizione che segna la vittoria. E’ il candidato, il leader, il territorio che segna la sconfitta o la vittoria ai ballottaggi“. “Le coalizioni non sono l’argomento su cui intrattenere gli italiani per i prossimi 12 mesi. Quello che interessa loro è cosa facciamo sulle tasse. Le coalizioni affascinano gli addetti ai lavori, il modo con cui si risolvono i problemi è il nostro campo di gioco”.

“Ha ragione Veltroni – ha detto il leader del Pd – non presentarsi contro ma per, è tema che giudico fondamentale”. “La discussione su cos’è la sinistra e come si vince o si perde non può essere staccata dalla realtà. E’ di sinistra fare i convegni sugli esodati o fare l’anticipo della pensione? Chi combatte il precariato: chi fa dotte analisi o chi concretamente permette di aumentare i contratti di lavoro a tempo indeterminato? Si vincono o si perdono le elezioni sui risultati ottenuti e sulle idee concrete e i progetti per il futuro. Su questo siamo più forti di tutti, non abbiamo da inseguire le scie chimiche”, sottolinea il segretario. La nostra grande opportunità è discutere di idee. Trovatemene uno interessato alle coalizioni e gli diamo un premio fedeltà. Il principio un euro in cultura un euro in sicurezza lo sta riprendendo Macron”, sottolinea.

“Non si rimettono in discussione – ha detto ancora – battaglie come quella sullo ius soli. Non si può cambiare idea per un sondaggio che dice che gli italiani sono meno favorevoli, tendenza che non è legata all’insicurezza sugli attentati. Non rinuncio a un’idea per un sondaggio, come non abbiamo rinunciato alla battaglia sui diritti civili, sul jobs act, sull’expo. Noi siamo capaci di prenderci le nostre responsabilità”.

Sulle banche venete “la posizione del governo l’ha espressa molto chiaramente Gentiloni: una scelta legittima e doverosa. La penso come lui, è legittima e doverosa nella situazione in cui si era, spero che i nostri parlamentari europei siano in grado di fare una grande battaglia perché i criteri molto selettivi delle banche venete siano applicate agli istituti di altri Paesi del Nord come quelli tedeschi”

“Le tende una volta riposte si possono anche tirare di nuovo fuori dallo zaino. Lo spero”. Lo dice Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture, parlando con i cronisti in transatlantico alla Camera

“Cosa accadrà in futuro? – afferma Renzi -. Nelle tribù c’è fedeltà assoluta al capo e sotto questo profilo il Pd non corre rischi. Quello che so è solo quello che farò io nei prossimi otto mesi” dice usando l’arma dell’ironia. “Se c’è una cosa che non faremo è inseguire le polemiche” spiega il segretario del Pd. Piuttosto “dobbiamo lavorare su un progetto chiaro, stando lontani dai palazzi romani”.

Poi, su Facebook, scrive: “In queste ore registriamo ancora polemiche interne al Pd. Non è una novità, ma mi dispiace molto. Soprattutto per gli iscritti, per i militanti, per gli amministratori che non meritano le polemiche del gruppo dirigente nazionale”. (ansa)

GUERINI – “Nessuno ha mai neanche lontanamente pensato di attaccare Prodi o di invitarlo ad andarsene. Prodi è e resta un punto di riferimento” dice Lorenzo Guerini, parlando con i cronisti alla Camera. “Noi vogliamo lavorare con tutti e discutere con tutti a partire dai temi che interessano il Paese perché una discussione tutta sulle formule politicistiche, invece di affascinare chi ascolta, rischia di allontanare i cittadini” aggiunge Guerini.

RICHETTI – Anche Matteo Richetti, su Twitter, sottolinea che “nessuno ha mai invitato Romano Prodi ad allontanarsi dal Pd, la nostra volontà è l’esatto contrario” .

FRANCESCHINI – Ma intanto, a due giorni dai ballottaggi, continuano le valutazioni all’interno del Partito democratico. “Bastano questi numeri per capire che qualcosa non ha funzionato? Il Pd è nato per unire il campo del centrosinistra, non per dividerlo” scrive su Twitter il ministro della Cultura Dario Franceschini, pubblicando i grafici dei risultati ottenuti dal Pd a L’Aquila, Genova, Parma e Verona.

Frasi alle quali segue l’invito alla calma di Lorenzo Guerini: “Inviterei tutti alla calma. Il 10 ci sarà una Direzione e lì discuteremo sulla situazione politica. Servono calma e responsabilità” rispetto a “esasperazioni che non servono”.

ORLANDO – A proposito del fatto che non si stia lavorando a una legge elettorale maggioritaria che favorisca le coalizioni, interviene Andrea Orlando: “Il problema fondamentale è evitare una parola che in questo momento” suona come una “bestemmia ovvero la parola coalizione. Perché la parola coalizione mette in discussione il tema della candidatura alla premiership”.

Per dire la coalizione non funziona si porta l’esempio delle amministrative e Genova, aggiunge, “ma non può reggere una coalizione in una sola città, in un quadro in cui quella coalizione non esiste a livello nazionale”.

Infine, l’ex sfidante alle primarie dem – che aveva espresso “solidarietà a Franceschini” per una frase di Guerini – ha in serata preso atto “con soddisfazione che le parole del coordinatore della segreteria del Pd” sono state “fraintese e non erano rivolte a una posizione specifica ma al dibattito che si è sviluppato in queste ore”. (adnkronos)

Poi ancora, ecco il renzianissimo Matteo Orfini che, su Twitter, rincara la dose:

La nuova linea è “Renzi convochi subito il tavolo del centrosinistra!”. Favoriamo immagine per facilitare il lavoro.

Le prossime tappe sono l’assemblea dei circoli, venerdì e sabato a Milano, e la Direzione il 10 luglio. Renzi, scrive ancora il quotidiano di Largo Fochetti, intende “capovolgere l’agenda” al quale vorrebbero costringerlo gli interlocutori a sinistra. “Come risolvere i problemi lavoro-precarietà, fisco-equità, sicurezza immigrazione. Questi sono i problemi veri”.  “Dobbiamo superare l’asfissia del dibattito interno al ceto politico, che rischia di essere lontano dal Paese reale e rilanciare lo spirito originario del Pd”, dichiara al ‘Corriere della Sera‘ il vice segretario del Pd, Maurizio Martina, “anche scrollandoci di dosso questa dinamica per la quale il Pd viene vissuto come capro espiatorio di tutti”. E anche Orlando, ancora sul ‘Corriere’, riconosce che “D’Alema ha posto più veti di tutti e ha detto cose che non hanno aiutato. Uno degli sport di quel campo è rendere più complicato il percorso a Pisapia”.  (agi)

E se a sinistra sono messi così, non è che a destra siano messi meglio

Salvini: ‘Se Berlusconi tace guarda a Renzi’

Berlusconi, forte del risultato ottenuto dal centrodestra, frena Salvini e invoca una coalizione con profilo liberale-moderato: “Da questi risultati il centro-destra può partire in vista della sfida decisiva per tornare a guidare il paese, sulla base di un programma condiviso, che in larga parte già abbiamo, e di una coalizione fra forze politiche diverse, caratterizzata da un chiaro profilo liberale, moderato, basato su radici cristiane, secondo il modello di centro-destra vincente in tutt’Europa e oggi anche in Italia”.

Ribatte la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: “La moderazione è una categoria che in politica non esiste più: a me non interessano le etichette, mi interessano i contenuti. Parliamo di quelli e da quelli voglio partire per costruire la coalizione di centrodestra”.

“Serve il centrosinistra, dicono. Avessimo vinto tutti i ballottaggi, avrebbero detto che serve il centrosinistra. Avendone persi alcuni, è sempre la dimostrazione che serve il centrosinistra. Amici e compagni, ve lo dico con affetto, non funziona così. Serve il modello Pisapia sennò si perde, dicono. Peccato che la sconfitta peggiore l’abbiamo subita a Genova”, scrive su Facebook il presidente del Pd Matteo Orfini.

E Matteo Salvini “non vede l’ora di esportare il modello di queste amministrative a livello nazionale”. “Abbiamo fatto 30 – ha detto -, facciamo 31. Se dopo decenni ci chiedono di governare Genova, Pistoia o Sesto San Giovanni, vuol dire che possiamo governare anche il Paese”.

“Il Pd esce da questi ballottaggi con le ossa rotte e Renzi prende una clamorosa sberla dagli italiani,la seconda dopo quella del 4 dicembre scorso. Lui parla di risultato a macchia di leopardo, ma la realtà dei numeri dimostra che per il suo Pd è una vera e propria Caporetto. Renzi lo aveva capito e per questo in campagna elettorale nelle ultime due settimane si è dileguato e ora vuole far credere che non sia successo nulla e che tutto possa andare avanti come prima”, afferma il Movimento 5 Stelle.

In una tornata elettorale che registra un’alta disaffezione dell’elettorato (affluenza al 46%, tredici punti in meno rispetto al primo turno) a fare rumore è, innanzitutto, è l’imporsi di quell’alleanza Fi-Lega-Fdi che, fino a qualche giorno fa, vedeva proprio in Matteo Salvini e Silvio Berlusconi tra i più scettici.

Eppure, laddove si presenta unito, il centrodestra vince, espugnando Genova con Marco Bucci e conquistando roccaforti rosse come La Spezia – con Pierluigi Peracchini – e Pistoia, con Alessandro Tomasi. Ma lo schema unitario è vincente anche a Monza, Lodi, nell’ “ex Stalingrado” d’Itlia Sesto San Giovanni, ad Asti e a Verona, dove Federico Sboarina trionfa su Patrizia Bisinella, compagna dell’ex sindaco Flavio Tosi e sostenuta anche dal Pd. “Ora vado fino in fondo, a governare. I prossimi sono Renzi, Gentiloni e Boschi”, esulta Salvini “vedendo” la trazione leghista del trionfo di oggi. “E’ un risultato storico, il centrodestra ne faccia tesoro”, è il messaggio, chiaro, che Giovanni Toti, dopo il trionfo del “modello” che porta il suo nome in Liguria, manda ai leader di Fi, Lega e Fdi, a cominciare proprio da Berlusconi. “Uniti si vince, no perditempo”, incalza Giorgia Meloni anticipando un dibattito che, nei prossimi giorni, si farà infuocato.

Anche perché al Sud, dove è l’influenza di FI a prevalere in maniera netta su quella leghista, il centrodestra avanza ugualmente. Clamorosa è la vittoria a L’Aquila, dove Pierluigi Biondi ribalta il risultato del primo turno e ha la meglio su Americo Di Benedetto. Annunciato, il trionfo a Catanzaro di Sergio Abramo e al fotofinish quello a Rieti. In tutto, ai ballottaggi, il centrodestra prende 16 capoluoghi su 22 rivoluzionando, inoltre, il tradizionale trend negativo che aveva subito al secondo turno.

Oggi, a “piangere”, è invece il Pd. Il centrosinistra si consola vincendo a Lecce con Carlo Maria Salvemini, a Padova con Sergio Giordani, a Lucca con Alessandro Tambellini e a Taranto con Rinaldo Melucci. “Poteva andar meglio”, scrive in tarda notte Renzi su facebook confermando tuttavia come a suo parere le elezioni amministrative siano “un’altra cosa rispetto alle politiche”. Eppure, in chiave di leadership di coalizione, il voto rischia di indebolire il segretario Dem. E da Mdp arrivano, in vista della kermesse di Giuliano Pisapia, i primi attacchi: “la destra è forte, o si cambia o si muore”, sottolinea Arturo Scotto.

E il M5S? Dopo il “disastro” del primo turno, si consola strappando Carrara al centrosinistra (con Francesco De Pasquale) dopo 70 anni di governo “rosso” e avanzando nel Lazio, dove vince a Ardea e Guidonia. “Siamo in crescita inesorabile”, sottolinea Luigi Di Maio. A Parma, però, a sorridere è il simbolo del dissenso interno al M5S, Federico Pizzarotti. “Ognuno nel Movimento si farà domande e si darà risposte”, sono le parole della rivincita del sindaco emiliano che, con il suo “effetto Parma”, potrebbe dare linfa ad una formazione ex M5S anche a livello nazionale.

 (ansa)

E questo è! E sempre sarà, purtroppo!

vivicentro.it/opinione


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