La discesa di Salvini a Mondragone del 29 giugno 2020 come testimoniata dalla diretta di Repubblica: buona presenza di carabinieri e polizia.
La discesa di Salvini a Mondragone è stata una conferma di “discesa”
Mondragone, 29 giugno 2020. Dalla diretta di Repubblica. Alle 18 circa arriva l’auto di Salvini, atteso dai leghisti locali che avevano montato un gazebo, ma anche da molta gente che impedisce alla macchina di procedere se non a fatica. Il lungomare è tappezzato di striscioni di malvenuto. Buona presenza di carabinieri e polizia in assetto antisommossa.
Fotografi, cronisti e cittadini, alcuni intorno al gazebo circondato da una recensione protettiva davanti agli ormai famosi “palazzi ex-Cirio”, una folla dall’altra parte, fra i due il cordone di carabinieri che fa qualche passo avanti con gli scudi a testuggine per far arretrale la gente e impedire contatti. Poi fa passi indietro e la distanza minima è assicurata.
Dal gazebo una voce di donna invoca “Matteo! Matteo!”, dalla folla si risponde: “Vaffanculo!”
Poi i manifestanti avanzano di nuovo, si fermano davanti agli scudi dei carabinieri e partono grida verso coloro che stanno dentro la recinzione: “Venduti!” “Vergognatevi!” “Siete traditori della vostra terra”.
Nello spazio del gazebo protetto dalle forze dell’ordine Salvini scende dall’auto e si trova intorno più giornalisti che leghisti. La folla grida “Via! Via!” Gli piazzano in mano un microfono, lui comincia il comizio: “Sono venuto per i cittadini perbene di Mondragone…,” e ripete il concetto, ripete e poi ripete. Parte non si sa da dove un gavettone d’acqua che inzuppa lui e il microfono che non funziona più. Niente comizio.
Tra la folla urla soliste e in coro, lui parla con i cronisti lagnandosi dei delinquenti che “impediscono un dibattito” poi, preso dall’onda della fantasia, recrimina che “quelli dei centri sociali mandati dai camorristi” (magliette e mascherine) hanno picchiato i poliziotti (caschi, scudi e manganelli).
“È legale questo?” domanda più volte. Quando un cronista che gli tiene il microfono davanti alla bocca osserva che lui sta tra la folla in una zona rossa senza mascherina, si gira da un’altra parte e bofonchia qualcosa, poi comincia a parlare delle “signore proprietarie di case, mamme che l’hanno chiamato perché a causa degli illegali clandestini non possono uscire” poi, esausto, dà la parola a uno dei leghisti che dice di abitare lì. Non si capisce granché il resto.
Intanto dalla folla si agitano cartelli tra cui spicca “Stèvemo scarsi a scieme” (Ci mancavano scemi”, sottinteso “poi sei arrivato tu”), arrivano grida soliste d’insulto accompagnate da cori di “Sciacallo! Vattenne!”.
I carabinieri sono a stretto contatto con le prime file e tra loro si sente una voce: “Per cortesia, un metro indietro per la sicurezza” e poi ancora, ma non è facile indietreggiare con la folla che preme e grida al manipolo di leghisti: “Vergogna! Avete venduto il meridione!” “Siamo tutti antirazzisti!” “Siete voi gli amici degli imprenditori criminali”.
Pare che ci sia scappata qualche manganellata, un giovane ha sangue sulla fronte, ma si grida: “Ragazzi, mantenete la calma” e si crea una certa distanza fra il cordone di carabinieri e i manifestanti.
Le grida continuano: “Traditori leghisti, via dalle nostre terre!”.
Di Salvini non si vede più l’ombra ma ha avuto il tempo di promettere che “quando sarà al governo risolverà ogni cosa”. Risposta da più parti “Latrina!”
Finisce la diretta.
Aurora Del Monaco
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