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a scelta dei sindaci che spetta oggi ai 13.315.379 elettori di 1342 comuni d’Italia avviene nel quadro di un’Europa segnata da pericolose scosse anti-sistema che proprio alcuni primi cittadini cercano di arginare, ridimensionare ed in ultima istanza battere. Lo strumento sono azioni, decisioni e iniziative che vengono da alcune grandi città dell’Unione europea.
Anzitutto Londra, dove il neo-eletto Sadiq Kahn ha compiuto quattro gesti simbolici nelle settimane seguenti alla vittoria nelle urne. Primo: si è impegnato a non aumentare il costo dei mezzi pubblici per un periodo di 4 anni al fine di andare incontro al disagio di una classe media impoverita. Secondo: ha definito gli attacchi terroristici di Al Qaeda dell’11 settembre 2001 contro New York e Washington come «un’aggressione contro tutti noi a cui è stato giusto rispondere».
Terzo: ha giurato da musulmano dentro una cattedrale cristiana durante una cerimonia inter-fede. Quarto: ha reso omaggio alle vittime della Shoà , gli ebrei trucidati dai nazifascisti. Ovvero ha recapitato dei messaggi – su disagio economico, sicurezza, immigrazione e memoria – tesi a rafforzare la coesione sociale e multietnica della capitale britannica in maniera analoga a quanto intende fare Anne Hidalgo in quella francese costruendo un centro di accoglienza umanitaria – per i migranti – in pieno centro «perché il governo è in ritardo su questo terreno».
La stessa Hidalgo vuole che siano i comuni – e non i governi centrali – a gestire le norme sul controllo delle emissioni nocive nell’atmosfera da parte dei singoli edifici perché «saremo più rapidi ed efficienti nell’esecuzione». Se a questo aggiungiamo che i sindaci di Amburgo e Bruxelles, Olaf Scholz e Yvan Mayeur, hanno spiegato alla Scuola Holden di Torino la necessità di «andare incontro al disagio economico-sociale che genera l’ondata anti-sistema al fine di disinnescarla» non è difficile arrivare alla conclusione che sono proprio le città a costituire la frontiera europea più importante per garantire crescita, integrazione e opportunità .
D’altra parte Corina Cretu, commissario Ue per la Politica Regionale, afferma che «sono le città le realtà più esposte alle sfide portate dai migranti su educazione, occupazione e alloggi». Giorgios Kaminis, sindaco di Atene, si spinge fino a suggerire che «le città possono sostituirsi ai governi» creando una rete di «solidarietà » capace di affrontare le emergenze nel «rifornire di abiti, cibo e case i migranti in arrivo».
È in questa cornice che gli elettori italiani possono dare oggi un contributo importante, facendo prevalere nelle urne quei candidati che più sono compatibili con questo ruolo strategico dei sindaci nell’Europa in trasformazione. D’altra parte si vota tanto nelle due uniche «mega-città » d’Italia – Roma e Milano, con oltre un milione di abitanti -, quanto nelle altre due che lo diventeranno nei prossimi anni – Torino e Napoli -, ovvero nei luoghi strategici dove poter risollevare la classe media e integrare gli immigrati. Ecco perché i temi esclusivamente italiani di questa campagna elettorale – dalle conseguenze per il governo di Matteo Renzi alle trasformazioni del centrodestra fino al ruolo di Lega Nord e Cinque Stelle – devono essere ponderati in una cornice più articolata che ha a che vedere con il nuovo ruolo dei sindaci nell’Europa alle prese con una triplice, convergente, emergenza: su economia, sicurezza ed immigrazione.
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vivicentro.it/opinione –  lastampa/La cornice europea del voto MAURIZIO MOLINARI
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