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La Commissione Siciliana Antimafia convoca il Presidente Miccichè e tre Assessori sul caso Arata

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La Commissione li ha convocati dopo che dall’inchiesta è emerso l’esistenza di telefonate fra Arata e alcuni assessori regionali.

Del caso Arata ci si era occupati in un precedente articoloPerquisizioni e arresti alla Regione siciliana. Convocato Salvini in Commissione nazionale antimafia”.

Gli Arata sono anche indagati da mesi per un giro di mazzette alla Regione siciliana. Il Tribunale di Palermo aveva disposto la misura cautelare per Paolo e Francesco Arata, padre e figlio, il primo già consulente della Lega per l’energia ed ex deputato di Forza Italia. Paolo Arata e accusato di aver corrotto l’ex sottosegretario ai trasporti Armando Siri della Lega in cambio di norme favorevoli all’eolico. Secondo gli inquirenti, gli Arata sarebbero soci occulti dell’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri, il cosiddetto “signore del vento” come lo definì anni fa il  Financial Times anni fa il “re mida” dell’eolico, l’uomo che, iniziando come elettricista di paese, è riuscito a mettere su una fortuna da oltre un miliardo di euro, puntando per primo sulle energie alternative.

Nicastri viene descritto dagli investigatori, che ne sottolineano l’intuito e le capacità “visionarie”, lo descrivono come un profondo conoscitore della macchina burocratica regionale, uno che sapeva quali ruote ungere per avere concessioni e autorizzazioni. Un corruttore, dunque, come conferma l’inchiesta della dda di Palermo, che l’aveva già arrestato per mafia. Di recente è stato condannato a 12 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Alla Regione Siciliana Nicastri conosceva tutti. E dove non arrivava lui arrivava il suo socio occulto, Paolo Arata, docente di ecologia, ex deputato di Forza Italia e in ultimo vicino alla Lega. Per i Pm erano insieme in affari. Arrestato negli anni ’90, tornato in cella nel 2018 in una vicenda relativa all’acquisito i terreni degli esattori di Salemi, i cugini Nino e Ignazio Salvo, già condannato a 4 anni per evasione fiscale, Nicastri, sarebbe al centro di un giro di mazzette che coinvolge anche funzionari della Regione.

Nel 2013 a Nicastri gli è stato sequestrato dalla Dia un patrimonio di circa un miliardo di euro. Il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, lo ha indicato come uno dei finanziatori della ormai più che ventennale latitanza di Messina Denaro. Il mafioso Giuseppe Sucameli, intercettato, dice che “le cose le faceva per il suo amico di Castelvetrano”, riferimento chiaro al boss latitante Matteo Messina Denaro. Cimarosa ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi.

Ora sul caso Arata interviene la Commissione Regionale Siciliana Antimafia guidata da Claudio Fava che ha deciso di convocare i componenti della Giunta di Nello Musumeci che sono citati negli atti per sentirli in audizione. Martedì sarà la volta di Alberto Pierobon, l’assessore regionale all’Energia e ai Servizi di pubblica utilità. Mercoledì toccherà al titolare dell’Assessorato alle Attività produttive Mimmo Turano. Giovedì, infine, la commissione Antimafia all’Ars ascolterà l’assessore al Territorio Toto Cordaro.

È prevista anche un’audizione del Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Gianfranco Miccichè che, stando agli atti, avrebbe combinato un incontro fra Paolo Arata e il dirigente generale del dipartimento ai Rifiuti Salvatore Cocina. Sono state infatti le intercettazioni pubblicate da Repubblica che avrebbero indotto la Commissione Regionale Antimafia ad attivarsi.

Dichiara Claudio Fava, Presidente della Commissione “mi pare ce ne sia abbastanza, da quello che ho letto su Repubblica su questa vicenda, per aprire una verifica su come certi personaggi vengono accreditati dentro la macchina burocratica, su come certi personaggi avvicinano la politica e cercano di avere autorizzazioni e favori”.

Sulla sua pagina Facebook nel frattempo l’assessore Pierobon, che al momento non è indagato, ha lasciato un suo commento sulle intercettazioni che lo vedrebbbero coinvolto “Volevo fare il mio dovere – ha scritto – anche con le telefonate del caso Arata, un docente universitario, in quel periodo insospettabile, che paventava addirittura di rivolgersi alla Procura contro le lentezze della Regione e la malaburocrazia. Sia chiaro – ha concluso – che non sono venuto in Sicilia per infangare il mio nome e abbiamo un compito da portare a termine”.

L’Assessore Pierobon non risulta indagato ma da una intercettazione del 25 giugno dell’anno scorso, si evincerebbe, secondo quanto riportato da Repubblica Palermo, che l’assessore abbia telefonato ad Arata per rassicurarlo circa il buon esito di una pratica che stava molto a cuore a quest’ultimo, ovvero un impianto di biogas a Francofonte.

“Ciao Paolo – diceva al telefono l’assessore regionale all’Energia, Pierobon – ascoltami, allora domani lui firma quell’atto dovuto…perché è dovuto, ok?”.

Arata sarebbe arrivato a Pierobon tramite una segnalazione del Presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, su input di Alberto dell’Utri, il fratello del più noto Marcello.  Il “lui” al quale Pierobon farebbe riferimento è l’ingegnere Salvatore Cocina, direttore del Dipartimento Acqua e Rifiuti che nutriva qualche dubbio sull’istanza presentata dalla Solgesta s.r.l. Il giorno dopo la telefonata di Pierobon ad Arata, si sarebbe tenuta la conferenza di servizi per discutere del nulla osta all’impianto di Francofonte. Ma Cocina non firmò. La Dia, sempre secondo quanto riporta Repubblica Palermo, ha scritto che “Cocina, a dire di Arata padre (nella vicenda è coinvolto anche il figlio Francesco, arrestato anche lui, ndr) era conscio che la sua decisione lo avrebbe messo in contrasto aperto con il suo assessore, che lo aveva già sensibilizzato in merito”. Arata, nonostante il “no” di Cocina sperava ancora e nelle intercettazioni parla della possibilità di emettere generici pareri favorevoli agli impianti.

Lui ha il fiato sul collo dell’assessoredice ancora Arata riferendosi a Cocina – che si è incazzato con lui per questa cosa”. Ma come Pierobon avrebbe fatto pressioni su Cocina?

Il 18 aprile Cocina è stato sentito dalla Dia e ha dichiarato di non aver firmato poiché il provvedimento conteneva “a mio giudizio, delle condizioni irrituali che mi insospettirono”. E ancora: “Non so dirvi se Arata avesse ricevuto assicurazioni sulla mia firma da parte di terze persone”. C’è tuttavia di più. Cocina ha dichiarato di aver ricevuto da Pierobon una telefonata dai toni assai cordiali nel corso della quale l’assessore chiedeva notizie sulla pratica di Arata sollecitandolo ad evaderla quanto prima. Cocina gli rispondeva allora che l’avrebbe esaminata e sottoscritta solo in presenza dei necessari requisiti. Insomma, Pierobon si sarebbe interessato in prima persona in merito alla delicata pratica.

Ma anche il presidente dell’Ars Miccichè si sarebbe fatto vivo con Cocina, convocandolo nel suo ufficio. È lo stesso Cocina a riferirlo: “Miccichè mi presentò Arata benché già lo conoscessi, dicendomi che era un suo amico e pregandomi garbatamente di seguire con attenzione le pratiche che lo interessavano”. Cocina sarebbe stato dunque un ostacolo da aggirare. Ma anche stavolta Arata non si preoccupò contando sull’aiuto di Pierobon, perché, come si evince ancora da una intercettazione, “lui ha un amico, ha chiamato Cordaro“. Fu così che Arata sarebbe arrivato ad intessere relazioni anche all’assessorato al Territorio e Ambiente.

Sulla vicenda interviene il M5S regionale tramite il proprio Capogruppo Francesco Cappello “Quello che sta venendo fuori sul caso Arata è a dir poco preoccupante, una sorta di verminaio che rischia di compromettere la credibilità delle istituzioni regionali, già ai minimi termini. Miccichè, stando a quanto riportato dalla cronache, sapeva che dietro Arata c’era Nicastri, ovvero uno dei principali finanziatori, secondo i magistrati, della latitanza di Matteo Messina Denaro. Se è vero, il minimo che dovrebbe fare è dimettersi”.

“Giorno dopo giorno – afferma ancora il capogruppo Francesco Cappello – vengono fuori nuovi dettagli che gettano ombre pesantissime sulle istituzioni regionali e sui loro rappresentanti. A quanto si legge su alcune testate,  Micciché sarebbe stato a conoscenza che dietro Arata c’era il chiacchieratissimo Nicastri,  ma non si sarebbe tirato indietro e, anzi,  avrebbe fatto da tramite per agevolarlo. Se è vero è gravissimo, e il minimo che potrebbe fare Micciché è dimettersi con decorrenza immediata”.

“In tutto questo – continuano i deputati del M5S – Musumeci continua a fare lo struzzo. Qualcuno dica al presidente che nascondere la testa sotto la sabbia, purtroppo non cambia la realtà delle cose. Dovrebbe essere il primo a pretendere chiarezza e invece tira avanti come se nulla fosse e intanto si trova una sfilza di indagati in giunta e nella sua maggioranza. Dice che la politica deve arrivare prima della magistratura? Benissimo, dia l’esempio”.

L’opinione.

L

a Regione Siciliana da decenni è storicamente un ambiente corrotto dalla trasversale politica mentalmente assoggettante che gode di pletore elettorali e clientelari miste, foraggiate con l’estorsione fiscale e alimentate con il favoritismo, la raccomandazione, l’assunzione, l’agevolazione carrieristica, salti di qualifica, incarichi, nomine, ecc. Pletore della società comune, della cosiddetta società civile, degli Ordini professionali, del Mondo giuridico, burocratico, di quello giudiziario, imprenditoriale, sindacale, intellettuale, scolastico, artistico, informativo, mediatico e poi notoriamente seppure dissimulato, degli ambienti delinquenziale locali e soprattutto mafiosi. L’aspetto oltremodo inquietante e deprimente è che dal 1982, anno in cui fu ucciso il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, al 1992 in cui furono uccisi i Magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (si sono citati per tutti i due anni e coloro più noti che sono morti per combattere questo sistema costituzionale politico mafioso) e fino ad oggi, non è sostanzialmente cambiato molto. Eloquente ciò di tutto uno Stato italiano in buona parte eticamente avariato, dagli scranni più alti fino all’ultimo sgabello. La Regione Siciliana è a detta di chiunque quasi tutta culturalmente incancrenita. Ma la colpa non è dei conterranei che non vano a votare, oppure che continuano ad eleggere i partiti che da sempre se la fanno risaputamente e storicamente con la corruzione, il mercimonio, il voto di scambio e la mafia. La condizione di bisogna, la disoccupazione, il sottosviluppo, il timore pure, non solo della mafia, ma anche di un sistema giudiziario e giuridico subdolo, notoriamente impastato da sempre con la politica regionale e nazionale, nonché tanto altro del sistema pubblico imputridito, rappresentano un deterrente per ogni cittadino per quanto di sana volontà, come anche per un buon genitore che volesse da un lato ribellarsi e dall’altro dare un insegnamento civile e moderno ai propri figli che invece poi devono scoprire una realtà giornaliera contorta, dalla Politica, alla Giustizia, alla Scuola, alle Università, alla quotidianità in generale. Alcuni giorni addietro in un dibattito pubblico non si è potuto fare a meno di porre una domanda, ovverosia, se dopo gli ultimi dati, senza esagerare, drammatici dell’Eurostat sul Sud Italia e specialmente per la Sicilia, non ci si debba sollecitamente domandare nello Stato, Regioni, Province e  Comuni, come sia possibile che di tutta evidenza si sta gravemente da anni rotolando all’indietro e in tutti i sensi. Si ha però una piccola speranza, che almeno il Trojan della “Spazzacorrotti” riesca a fare un po’ di pulizia nel sistema pubblico-politico, sempreché la trasversale politica di sempre non ritorni al Governo nazionale per invalidare anche questa norma così da salvaguardarsi insieme ai propri innumerevoli codazzi.

Adduso Sebastiano

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