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Irpinia, Terremoto del 1980: 45 anni dopo è ancora vivo il ricordo di quel 23 novembre che cambiò l’Italia

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Oggi ricade il 45° anniversario del terremoto dell’Irpinia. Non è solo una data sul calendario, ma una cicatrice profonda nel tessuto sociale e geografico del nostro Paese. Quasi mezzo secolo è passato da quando la terra si aprì tra la Campania centrale e la Basilicata, scatenando una potenza devastante che colse la popolazione nelle proprie case, durante i momenti di riposo domenicale.

L’apocalisse in novanta secondi

La scossa principale fu registrata dai sismografi con una magnitudo di 6.9 della scala Richter alle ore 19:34 del 23 novembre 1980. La violenza fu tale da raggiungere il IX grado della scala Mercalli (MCS), un livello classificato come “completamente distruttivo”.

L’epicentro fu individuato nel comune di Conza della Campania, in provincia di Avellino, ma l’onda d’urto fu così vasta e violenta da devastare un’area di 17.000 chilometri quadrati. Interi borghi medievali, che avevano resistito ai secoli, si sbriciolarono in un istante, trasformandosi in trappole mortali di pietra e polvere. Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Balvano, Laviano: nomi che divennero tristemente noti in tutto il mondo.

I numeri di una tragedia immane

Il bilancio finale del sisma del 1980 rimane, ancora oggi, agghiacciante per le sue proporzioni. I dati ufficiali raccontano di un’ecatombe:

  • 2.914 morti confermati, strappati alla vita sotto le macerie.

  • 8.848 feriti, molti dei quali portarono i segni del trauma per il resto della loro esistenza.

  • 280.000 sfollati: un esercito di persone che in un minuto perse tutto – casa, ricordi, radici – trovandosi a dover affrontare un inverno rigido in roulotte o container.

“Fate Presto”: il ritardo dei soccorsi e l’indignazione di Pertini

Il terremoto dell’Irpinia non fu solo una catastrofe naturale, ma anche uno spartiacque politico e sociale. Nei giorni successivi al sisma, l’Italia scoprì la sua fragilità non solo geologica, ma anche organizzativa. I soccorsi arrivarono con ritardi inaccettabili, ostacolati da strade interrotte, mancanza di coordinamento e assenza di una struttura di protezione civile moderna.

Rimarrà per sempre nella storia il titolo del quotidiano Il Mattino, “FATE PRESTO“, un grido disperato che raccoglieva l’angoscia di chi era ancora vivo sotto le pietre. E rimarranno impresse le parole dell’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che recatosi sui luoghi del disastro, denunciò con rabbia e commozione le mancanze dello Stato: “Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci”. Da quelle macerie e da quella denuncia nacque, anni dopo, la moderna Protezione Civile italiana.

45 anni dopo: tra memoria e ricostruzione

Oggi, a 45 anni di distanza, la ricostruzione fisica è quasi ovunque completata, sebbene abbia portato con sé decenni di polemiche, inchieste e trasformazioni urbanistiche che hanno cambiato per sempre il volto dei paesi appenninici.

Tuttavia, ciò che resta intatta è la memoria. Il 23 novembre è il giorno del silenzio e del ricordo per le vittime, ma è anche un monito costante sulla necessità della prevenzione sismica e della sicurezza del territorio. Ricordare l’Irpinia significa onorare chi non c’è più, ma anche impegnarsi affinché l’Italia non si faccia mai più trovare impreparata di fronte alla forza della natura.

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