Cresce in Iran il movimento anti-regime e sui social network si moltiplicano video e foto che mostrano cariche della polizia sui manifestanti.
Miliardi ad Assad, in Libano e alle milizie sciite: così Teheran prosciuga le casse dello Stato
<em>Gli investimenti nei conflitti per procura in Medio Oriente nel mirino dell’opposizione. I fondi finiscono nelle tasche dei combattenti sul modello del Partito di Dio di Beirut
Il fronte più importante è stata la Siria. Banche a partecipazione statale hanno aperto almeno due linee di credito a favore del governo di Bashar al-Assad, una pari a 3,6 miliardi di dollari nel 2013 e l’altra di un miliardo nel 2015. Questi soldi sono stati usati da Damasco anche per acquistare petrolio e gas, in parte dallo stesso Iran, dopo che l’Isis e altri gruppi jihadisti si erano impadroniti dei giacimenti nella Siria orientale. Ma sono solo una parte degli aiuti. A partire dal 2013 un «ponte aereo» fra l’Iran lo scalo di Mezzeh, a Sud-Ovest della capitale siriana, ha rifornito di armi e munizioni alle milizie sciite a fianco del regime. Un sostegno nell’ordine delle centinaia di milioni di dollari.
Altri soldi sono stati spesi per pagare gli stipendi ai combattenti sciiti, soprattutto iracheni e afghani. Il salario medio è stimato in 300 dollari al mese, il numero dei combattenti, esclusi quelli libanesi di Hezbollah, fino a 50 mila. Si arriva così a circa 180 milioni all’anno. Altre spese sono state sostenute per l’addestramento, il trasferimento di armi e combattenti, aiuti alle famiglie con parenti caduti al fronte. Stesso tipo di sostegno, anche se in scala più limitata, è toccato alle milizie sciite in Iraq. Parliamo di circa 100 mila uomini. Sono però milizie-partiti, con fonti di finanziamento locale, e quindi i trasferimenti iraniani riguardano armi e addestramento. Non miliardi all’anno come in Siria, ma centinaia di milioni.
Il modello per tutta questa operazione è stato l’Hezbollah libanese, la prima milizia addestrata dai Pasdaran, già alla metà degli Anni Ottanta. Anche se i legami politici sono strettissimi, il Partito di Dio libanese è però riuscito a rendersi indipendente, soprattutto dopo la guerra con Israele del 2006. Dispone di una rete di aziende, istituti finanziari, e una raccolta efficiente di «elemosine», anche da parte di ricchissimi imprenditori libanesi. Gli aiuti diretti dall’Iran sono stimati da un minimo di 60 milioni di dollari all’anno a un massimo di un miliardo, ma si situano nella parte bassa della forchetta. Sono aiuti in «natura». Cioè armi e componenti missilistiche che passano dall’Iraq e la Siria, lungo il famigerato«corridoio sciita».
Il modello Hezbollah è stato replicato, in misura ridotta, con la milizia Ansar Allah degli Houthi in Yemen.
I servizi occidentali sostengono che alcune decine di addestratori iraniani e libanesi sono riusciti a eludere il blocco saudita e unirsi ai guerriglieri yemeniti per fornire assistenza per la produzione missilistica e addestramento militare. Dall’Iran sarebbero anche giunte forniture di parti di missili, poi lanciati su Riad e altri obiettivi in Arabia Saudita. Molto più organica la collaborazione invece con gruppi estremisti, in questo caso sunniti, a Gaza. Fino al 2012 Hamas riceveva, secondo i servizi israeliani, almeno 100 milioni all’anno in finanziamenti diretti e in «natura» (armi). Il flusso si è più che dimezzato dopo che il movimento legato ai Fratelli musulmani si è schierato contro Assad in Siria. Gli aiuti si sono indirizzati allora, fino a 70 milioni annui, alla Jihad islamica, una formazione ancora più estremista, che lancia regolarmente razzi dalla Striscia verso Israele.
vkvicentro.it/CRONACA
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