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Intervista di Alessandro Di Matteo al professor Arturo Parisi

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rofessor Arturo Parisi, il centrosinistra diviso in campagna elettorale è ormai una certezza.
«Questa è almeno la risposta che la sinistra-sinistra ha dato a Fassino appena qualche giorno fa. Perché non augurarsi che Grasso, che da domenica ne è il nuovo leader, voglia e possa imprimere una svolta al riguardo?»

Non sarà contento lei che predicava “uniti per unire” quando Ds e Margherita non volevano la lista unica.
«La verità è che non più accomunati nella competizione elettorale dall’obiettivo di dare un governo al Paese, solo il sentimento di una comune responsabilità può trattenerci dalla tentazione di dividerci magari con la scusa di moltiplicare i voti».

La colpa è dell’«intruso» Renzi o dei titolari della «Ditta» che non accettano la sua leadership?
«Il problema di fondo è la difficoltà ad accettare l’idea che il Pd sia quel partito nuovo che aveva promesso di essere. Né la somma dei partiti passati, e neppure il nuovo nome del PcdI-Pci- Pds-Ds aperto a nuovi apporti. Renzi lo ha reso definitivamente evidente: con la sua storia, le sue proposte, e, purtroppo, diciamo pure, con i suoi toni. Capisco che chi aveva immaginato il partito in continuità col passato possa essersi d’improvviso sentito a disagio in una casa che aveva pensato come la sua, soltanto sua. È arrivato il momento di riconoscere finalmente che è nato un nuovo  partito. E allo stesso prendere atto che c’è gente che in esso non si riconosce».

Grasso è la persona giusta per guidare Liberi e Uguali come dice D’Alema?
«Dirsi “ragazzo rosso”, cioè dirsi rosso fin da ragazzo, per uno che di anni ne ha 72 di certo aiuta. Guidare è un’altra cosa. Lo dico con comprensione per la fatica che lo attende».

Peppino Caldarola, che dirige proprio la fondazione di D’Alema ha detto che Grasso serve ai «post-comunisti per rendersi presentabili» come già accadde con Prodi…
«Sostanzialmente Caldarola ha ragione, ma Prodi non si dichiarò a partire dal suo passato ma a partire da un progetto futuro. Costruire il polo di centrosinistra in competizione col fronte berlusconiano, dentro il sistema bipolare prodotto dalla riforma maggioritaria. Una riforma per la quale lui stesso si era battuto. Di Grasso – per ora – conosciamo invece soprattutto il passato e soltanto il colore. Caldarola ha comunque ragione. All’origine della scelta di Grasso sta il desiderio di relativizzare un passato del quale lui è invece da sempre dichiaratamente orgoglioso».

Il presidente del Senato è stato attento a evitare polemiche. Vede il rischio di un corto-circuito col Pd in questo scorcio di legislatura che rimane?
«Spero proprio di no. Così come ha lasciato il Pd solo dopo il compimento del processo di approvazione della legge elettorale nonostante gravi dissensi sul merito e il metodo, lui sa bene che i suoi doveri di terzietà non si sono esauriti domenica».

Lei è un analista attento, faccia un pronostico: come finirà questa sfida a sinistra?
«Di certo regalerebbe al centrodestra troppi seggi aggiuntivi. Quanto alla leadership di Renzi dentro il partito è più facile che la rafforzi che il contrario. A meno che il Pd registri sul piano dei voti una dura sconfitta e il loro partito consegua quel 10% che ancora ieri D’Alema ha indicato come un dato a portata di mano».

Sembra scettico sul 10%. Ma il presidente del Senato ha già aperto anche al mondo cattolico, guarda oltre la sinistra…
«Per quanto Grasso sia noto ci vuole ben altro che il volto di un uomo a far nuovo un partito. E per di più in poche settimane. Né basta evitare nel nome la parola sinistra, quando si legge che il dosaggio riconosce a Mdp il 50 per cento dei posti, a Si il 35 e a Civati il 15. Per potersi orientare la gente continuerà a cercare i volti dei leader passati anche se non sono più seduti vicini tra loro in prima fila».

A questo punto, come può il centrosinistra limitare i danni della divisione? C’è spazio per ricostruire?
«Lo si deve trovare. Pensando al Paese che ci chiede un governo e ricordando che la grandezza della politica sta appunto in questa faticosa e continua ricerca di una unità più grande. Lo si deve cercare riconoscendoci reciprocamente nonostante quello che ci fa diversi. E ricordando le cose che nonostante tutto continuano ad accomunarci. Come dimenticare che il centrosinistra guida tuttora assieme il Paese nel governo della maggior parte delle Regioni e dei Comuni? O vogliamo sfasciare veramente tutto?».

vivicentro.it/opinione
vivicentro/Grasso, l’uomo di Prodi: “L’Ulivo invece cercava di guardare avanti”
lastampa/Parisi. Con Pietro Grasso i postcomunisti fanno una scelta rivolta al passato intervista a cura di Alessandro Di Matteo

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