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l giornalista Antonio Corbo scrive nel suo editoriale per La Repubblica: “Il calcio è miope, non parla, ma lancia messaggi chiari per chi sa leggerli. La classifica si è sgranata sabato in 2 sole partite, decise dai gol di due vecchi monelli della provincia di Napoli con destini paralleli. Ciro Immobile di Torre Annunziata e Lorenzo Insigne di Frattamaggiore. Si incontrano a Pescara in serie B, 2011-2012, allenatore Zeman, uno dei rari istruttori di calcio. In 37 partite, segnano uno 28 reti l’altro 18. Hanno talento e futuro, ci vuole tanto per capirlo? Immobile è pescato dalla Juve a Sorrento, ma subito scartato e spedito a Siena, poi a Grosseto. Rilanciato dal Pescara, deve ancora girare: Genoa, Torino, Siviglia, Borussia. Insigne è invece segnalato a De Laurentiis, dicono che non capisca di calcio, ma il presidente lo impone spesso a Mazzarri che non smette di chiamarlo “il ragazzo” e preferirgli Pandev. E dire che nel suo staff c’è Giuseppe Santoro, uno che lo vede bene. Oggi Immobile e Insigne trascinano Lazio e Napoli, facendo arrossire i club che caricano a bordo troppi stranieri: sabato schierati 43 su 56. Ma i due bomber sono gli stessi che affondano nel grigiore della Nazionale. È un caso se brillano nei congegni tattici di Inzaghi e Sarri? E non dice nulla alla Federcalcio che questi italiani si smarriscono nella Babele di Ventura? Con loro vi è stato un sussulto di vitalità del calcio italiano in Juve-Lazio e Roma-Napoli. Ma è inquietante: soffocano in Nazionale, dove c’è un allenatore che dice di avere un suo gioco, ma nei fatti barcolla tra il 4-2-4 ed un indefinito 3-4-1-2. Ventura perché non segue Napoli e Lazio? Problemi di Tavecchio e del Ct. Ma è stridente il contrasto tra la Nazionale e questo Napoli che corre con il primato in pugno, 8 vittorie su 8, 200 reti in 84 panchine di Sarri, i 100 di Insigne. È una fortuna che non tutti prendano sul serio la squadra e il suo comandante. Un bieco scetticismo prevale sull’ammirazione, è un vantaggio. Non basta neanche l’analisi dell’ultima vittoria. Il Napoli è stato superiore alla Roma al punto da determinarne una reazione. Infuriata perché non poteva costruire gioco, si è affidata all’ira piuttosto che ad un metodo. Di Francesco non ha mai chiuso quel varco lasciato aperto a destra, da Bruno Peres e Florenzi, un semaforo verde per Insigne e Ghoulam, straordinari. Guardandosi intorno, il Napoli per lo scudetto può non temere la Roma, che cerca ancora equilibri. Deve tuttavia osservare la Juve, può reagire prima o poi allo choc di Cardiff e allo sconcerto per gli effetti del suo mercato. Higuain non restituisce dal campo i 94 milioni del bonifico al Napoli e Dybala, fantasista di assoluta qualità, troppo presto accostato a Messi, è disorientato. Chi deve temere il Napoli? Più che gli avversari, deve gestire le sue grandi risorse e qualche rimorso. Non c’è squadra in Italia di pari efficienza. Ha palleggio e personalità, sa imporre i ritmi e occupare la metà campo dei rivali, può contare sul recuperato Reina. Ma a 7 mesi dalla fine, Sarri non deve trascurare 3 insidie. 1) Il fattore simpatia. Non ci si eclissa in un sabato memorabile. La favola dell’orso che tace non giova. 2) I pochi ricambi. Callejon non si è visto a Roma, Hamsik dopo un’ora è una candela nel vento. Per Callejon c’è finalmente Rog, Per il capitano, Zielinski è ricambio incerto. 3) Niente tensioni. Il possibile addio di Sarri grazie a una originale clausola ( penale di 8 milioni) va affrontato e risolto subito con una clamorosa conferma o accantonato fino alle soste invernali. La società intanto non si innamori più delle clausole, faccia tacere i suoi creativi giuristi, e lasci vincere in serenità lo scudetto ai tifosi, alla squadra, a Sarri”.
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