“Quella che il bruco chiama la fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.” E’ la frase poetica di Lao tze, il filosofo cinese padre del Taoismo. Mi è ritornata in mente questa frase mentre sfogliando vari quotidiani leggo basita e alquanto incredula del fenomeno, sempre più crescente anche in Italia, sbarcato qui dalla Russia, della “Blue Whale”.
U
n gioco da incubo, crudele all’estremo, perché colpisce la fragilità adolescenziale.
Quella dell’adolescenza dovrebbe essere il momento più entusiasmante della propria vita, si incomincia ad aprire il”guscio” e si scopre il mondo con occhi propri,come diceva Leopardi ”il sabato del villaggio” ed invece, il ”bruco” che è insito in ogni trapasso emozionale e fisico stenta a credere che diventerà farfalla.
E’un periodo di vita di trasformazione che diventa un’insormontabile enigma. Ed ecco comparire tutte le insicurezze, paure, incomprensioni, delusioni possibili ed è qui,in questo momento di vita particolare che si insidia la mente malata e deviata degli ideatori di tale gioco, che poi tanto gioco non è.
Tagli sulle braccia,una sorta di roulette russa che sfiderebbe i giovani a compiere prove estreme in cinquanta giorni, fino al suicidio. Ma quanto c’è di vero nel fenomeno Blue Whale? Lo smarrimento è grande e così il dibattito se sia giusto o meno parlarne con il rischio di ispirare drammatici gesti di emulazione è tanto. Io in tutto questo ci vedo un urlo disperato dei giovani ragazzi. Avete presente l’urlo di Edvard Munch, un urlo disperato senza suono. Nessuna sfida contro uno sconosciuto può mettere a repentaglio il valore più grande che abbiamo avuto in dono; quello della vita.
Goethe diceva: ”Ciò che hai ereditato dai padri. Riconquistalo, se vuoi possederlo davvero” significa che è importante far scaturire la scintilla del desiderio,della curiosità,dell’empatia,l’amore per se stessi e per il prossimo nei confronti dei nostri figli.
Viviamo in un epoca strana, tutto ci è dovuto ed il fallimento non ci appartiene, i nostri figli devono essere in “ogni dove” e nonostante tutto “i primi della classe”, bene dovremmo educarli al fallimento, alla caduta al perdersi che fortifica la mente, dovremmo instaurare con loro un legame, un appartenenza perché compito di noi genitori è arginare il disagio della giovinezza.
Un padre non ha le risposte su tutto ma sa che con l’amore e la fiducia e la presenza potrà contribuire alla crescita forte e intraprendente del proprio frutto.
C’è comunque una balena che mi sento di suggerire ai giovani ragazzi ed è “Mody Dick” un magnifico romanzo di Merville, perché sappiate cari miei giovani ”bruchi” che voi non siete vasi da riempire ma scintille da accendere e prima ve ne accorgerete diventerete farfalle e scoprirete il sapore agrodolce della conquista di un nuovo fiore.
Roberta TEANO
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