Un camionicino gira per le strade deserte e fra le macerie delle case di Aleppo Ovest continuamente bersagliata da aviazione e artiglieria
L’Onu lancia l’allarme: «Ad Aleppo si rischia una tragedia senza precedenti». Chiede lo stop immediato dei bombardamenti ma per ora la Russia concede solo 48 ore di tregua ogni settimana. La foto del piccolo Omran, cinque anni, coperto di sangue dopo essere stato estratto dalle macerie di una casa colpita dalle bombe, è un simbolo dell’inferno di fuoco in cui sono imprigionati i civili.
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unti Chiave Articolo
Ce ne da testimonianza e nota Giordano Stabile nell’articolo di oggi su la Stampa:
Aleppo, l’Onu strappa a Mosca un accordo su 48 ore di tregua GIORDANO STABILE – INVIATO A BEIRUT
De Mistura: “Ci sarà una pausa tutte le settimane per portare in città gli aiuti”. Pressing anche sugli Usa per frenare gli insorti. E Damasco bombarda i curdi
Mentre gli occhi del mondo erano puntati sul piccolo Omran Daqneesh, salvo per miracolo dopo la distruzione della sua casa, l’inviato dell’Onu Staffan de Mistura ha ingaggiato il duello con i negoziatori russi. Ha sbattuto la porta e chiuso in 8 minuti una riunione del comitato a guida russo-americana sulla «riduzione del conflitto». Ha denunciato il fallimento dei convogli umanitari, nemmeno uno arrivato nell’ultimo mese nelle città strozzate dagli assedi. Ha detto basta a «offensive, controffensive, razzi, barili bomba, mortai, napalm, cloro, cecchini, bombardamenti e attacchi suicidi». Mentre anche la Ue, con l’Alto rappresentante Federica Mogherini, alzava la voce: «Stop alle bombe».
Dietro le quinte, è partita la trattativa. I russi hanno offerto 3 ore di tregua. De Mistura ha chiesto 7 giorni. Alla fine, il compromesso. Due giorni. Ma ogni settimana. Cibo e medicinali ad Aleppo Est, circondata dai governativi ma anche nella zona Ovest, sotto i missili e i razzi dei ribelli. A Madaya e Zabadani, città strette nella morsa dell’esercito, così come a Foua e Kafraya, sotto il fuoco degli insorti, dove non arrivano aiuti da 110 giorni. Ma è ad Aleppo che si gioca tutto. Il generale Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa russo, ha garantito che sarà riaperta la Castello road per far passare i convogli verso i quartieri orientali.
Per chiudere quell’unica via di rifornimento esercito e milizie sciite hanno combattuto per settimane e perso centinaia di uomini. Gli insorti, uniti nel fronte Jaysh al-Fatah al-Halab, a cui si è unita anche l’ex Al-Qaeda siriana passata con i moderati, hanno reagito con la più grande controffensiva in 5 anni e aperto un altro corridoio, a Sud-Ovest, nella zona delle scuole militari di Ramouseh. Ma non è praticabile, sotto il fuoco continuo dei militari di Bashar al-Assad.
Ora gli insorti vogliono allargare a tutti i costi il corridoio. Damasco e Mosca rispondono con una campagna aerea senza precedenti. I Su-34 e Tu-22 decollano anche dall’Iran e il numero dei raid è raddoppiato. L’Onu teme la distruzione totale di Aleppo. E teme che gli insorti sfuggano di mano. La Turchia del dopo tentato golpe è un’incognita. Tanto che gli Stati Uniti stanno valutando se ritirare dalla base di Incirlik le 60 testate nucleari tattiche lì custodite.
Anche i ribelli, a partire da Ahrar al-Sham, creatura di Ankara, non si fidano più. Temono un accordo Erdogan-Putin-Assad. I bombardamenti con razzi su Aleppo Ovest si sono moltiplicati. Come i segnali di un ribaltamento delle alleanze. Ieri per la prima volta l’aviazione di Damasco ha compiuto un raid sui guerriglieri curdi dello Ypg. Gli stessi che con l’appoggio Usa hanno cacciato l’Isis dal Nord della Siria e si sono ritagliati un embrione di Stato indipendente, il Rojava.
Gli aerei di Assad hanno cercato di decapitare lo Ypg ad Hassakah, la città più importante del Kurdistan siriano, forse ucciso il comandante Munir Mohamad. Uno choc. In 5 anni di guerra Assad ha concesso molto ai curdi, purché non si schierassero con i ribelli. Ad Aleppo governativi e Ypg combattono fianco a fianco nel quartiere Sheikh Massoud. Ma ora Mosca e Ankara stanno cercando un accordo. E Assad è disposto a bombardare i curdi in cambio della fine degli aiuti agli insorti. Erdogan chiede di più: un intervento di terra turco, ieri evocato dal ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu, per stroncare il nascente Rojava. Impensabile. Ma tutto si muove velocemente, in Siria.
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