Arrestato l’imprenditore Alfredo Romeo accusato di corruzione. Nelle carte spunta il nome di Renzi. Il padre dell’ex premier indagato: al setaccio i contatti. I pm: «Tiziano Renzi si faceva promettere soldi». Lui replica: falso.
Nelle intercettazioni spuntano i 60 mila euro alla fondazione di Renzi
I pm: “Il padre Tiziano si faceva promettere soldi”. Lui: falso
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nvestigatori e inquirenti sono a caccia di prove del fatto che Tiziano Renzi si facesse pagare per la sua mediazione. Nel decreto di perquisizione a casa del suo amico Carlo Russo (anch’egli indagato per traffico di influenze illecite, sospettato di essere il tramite tra Romeo e Tiziano Renzi) il pm Mario Palazzi dispone il sequestro di «computer, chiavette usb, cellulari, documenti, appunti, scritti di ogni genere». Si vuole scoprire se davvero Tiziano Renzi corrisponde a quella T. scritta da Romeo con accanto la cifra di 30 mila euro.
Mentre il nome del figlio, l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, spunta – nonostante l’omissis – a pagina 31 dell’ordinanza firmata dal gip Gaspare Sturzo. Il fidato collaboratore di Romeo, l’ex deputato An Italo Bocchino, inconsapevole d’essere intercettato, un anno fa spiega all’imprenditore che ci sarebbe una volontà politica per sostenere le cooperative nell’assegnazione degli appalti per favorire il voto di scambio.
E nel constatare che una società grande come quella di Romeo ha più difficoltà a gestire i dipendenti per il voto di scambio, osserva che i politici hanno meno interesse a chiedergli soldi. Nello specifico afferma: «Perché un politico può venire da te a chiederti sessantamila euro che ti ha chiesto Renzi (si tratta di una regolare donazione elargita da Romeo alla fondazione riconducibile a Renzi, ndr), ma i mille pulitori sul territorio sono mille persone che danno cinquemila euro ciascuno… sono mille persone che fanno un’assunzione ciascuno… sono mille persone che quando voti si chiamano i dipendenti… tu, invece, i tuoi dipendenti neanche sai chi sono..».
Parole in libertà, che non hanno comunque alcuna ripercussione giudiziaria: l’ex premier è totalmente estraneo all’inchiesta. Diversa la posizione del padre, sospettato di essere stato a libro paga di Romeo. Nel decreto di perquisizione si legge come l’imprenditore Alfredo Romeo, in concerto con il suo consigliere personale Italo Bocchino, «lautamente retribuito», «si sia accordato con Carlo Russo (a fronte di ingenti somme di denaro promesse) … affinché questi», utilizzando le sue personali relazioni e quelle di Tiziano Renzi, «interferisca indebitamente sui pubblici ufficiali presso la Consip al fine di agevolare la società di cui Romeo è dominus».
Russo, in particolare, si legge nel decreto, avrebbe agito «utilizzando le proprie relazioni (di cui vi è prova diretta) e le relazioni di Tiziano Renzi (con il quale lo stesso Russo afferma di aver agito di concerto e al quale parimenti, da un appunto vergato dallo stesso Romeo, appare essere destinata parte della somma promessa)».
Ferma la smentita di Tiziano Renzi: «Alla luce delle notizie di stampa di oggi avverto la necessità di precisare quanto segue oltre alle considerazioni tecniche già esposte dal mio legale. Nessuno mi ha mai promesso soldi, né io ho chiesto alcunché. Ho 65 anni e non ho mai avuto un problema con la giustizia per una vita intera fino a due anni fa, quando sono stato indagato e poi archiviato dalla procura di Genova. Confermo la mia fiducia nei confronti del sistema giudiziario italiano e della magistratura».
Dalle carte emerge inoltre il legame di Bocchino «con i servizi segreti» per ottenere aiuti e informazioni. L’ex parlamentare tra l’altro risulta indagato per corruzione, nel filone napoletano, insieme all’ex presidente della Regione Campania Stefano Caldoro.
Mentre nell’inchiesta romana c’è anche un riferimento all’attuale governatore campano Vincenzo De Luca. In un documento di Romeo recuperato dai carabinieri si legge di un «voucher, nell’ottobre 2015, per offerte al presidente De Luca».
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