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Castellammare di Stabia

In crescendo i casi di HIV in Sicilia rispetto alla Nazione. Si normi la prostituzione

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Una deliberazione dell’Assessorato Sicilia alla Salute indica più di 250 nuove casi da HIV. Per l’ISS in Italia sono a rischio adolescenti e giovani.

Una deliberazione, la n. 48 del 29 gennaio 2019, dell’Assessorato regionale siciliano della Salute sulla diffusione delle malattie sessualmente trasmesse considerate “a notifica obbligatoria” dal Ministero della Salute, per la loro estrema rilevanza in termini di sanità pubblica, è significativa: “… in Sicilia sono praticamente triplicati i casi di sifilide notificati dal 2011 al 2016, e ogni anno si registrano più di 250 nuove infezioni da HIV …”.

CONSIDERATO che lo stesso Assessore rappresentacontinua la deliberazioneche le diverse culture da cui provengono i sex workers (tradotto in senso generale “lavoratori sessuali” e in senso più comune, prostitute/i) rendono difficili campagne mirate uniformi, nonché la povertà economica, l’irregolarità giuridica, l’essere forzati alla prostituzione, sono ostacoli che alzano la soglia dell’accesso alla diagnosi e al trattamento sanitario; che nel descritto contesto, l’Amministrazione regionale intende porre in essere un compendio di azioni virtuose finalizzate alla prevenzione e al monitoraggio mediante l’intervento diretto del Servizio Sanitario Regionale, per mettere i sex workers e con loro tutta la popolazione che dovesse ritenere di avvalersi dei servizi di screening messi a disposizione, nelle condizioni di fornire ai propri utenti, preventivamente alla fruizione della prestazione sessuale, una adeguata conoscenza delle condizioni di salute del lavoratore, ove occorra anche tramite l’esibizione da parte di quest’ultimo di un certificato di sana e robusta costituzione, che sarà rilasciato a richiesta dell’interessato da parte dell’Azienda Sanitaria … si prevede di istituire presso ciascuna delle nove Aziende Sanitarie Provinciali uno sportello sul sex work (tradotto in senso generale “lavoro sessuale” e in senso più comune, prostituzione) e sulle malattie a trasmissione sessuale, nonché un registro, in seno al quale, in forma rigorosamente anonima e nel rispetto dei dati sensibili, verrà annotato il contenuto e la data del rilascio della certificazione richiesta dall’interessato e su cui verranno acquisite, anche per finalità statistiche e di collaborazione con le Forze dell’Ordine, le informazioni sullo stato di salute degli interessati; che i predetti sportelli, potranno porre in essere anche ulteriori iniziative indirizzate alla generalità dei consociati quale l’erogazione gratuita dei metodi contraccettivi e la loro distribuzione attraverso i consultori e gli ambulatori ostetrico-ginecologici delle zone di distretto, nonché la disponibilità dei farmaci necessari alla contraccezione di emergenza nei consultori e nei Pronto Soccorso della Regione Siciliana”.

Lo studio “Sex workers“, con tutti i dati, è sul tavolo dell’assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza che non ha, fra l’altro, nascosto l’analisi di partenzaC’è un aumento del ricorso alla prostituzione, sia dal punto di vista di chi la esercita, sia da parte di chi ne usufruisce”. Lo studio evidenzia anche l’aumento di casi di malattie e virus meno aggressivi ma ugualmente pericolosi: epatiti, Hpv, candida”

Nello studio si evidenziano 443 casi di sifilide notificati dal 2009 al 2018, di cui 63 solo nel 2018, e secondo l’assessorato i numeri sono ancora soggetti a possibile incremento “La metà dei casi fino al 2017 si è verificata in provincia di Catania – recita il report – dove addirittura nel 2018 si registrano circa i 2/3 delle notifiche. In pratica nell’intero periodo in regione si registra un tasso di quasi 1 segnalazione ogni 100.000 residenti mentre a Catania tale tasso è più che doppio (2,3/100.000)”.

Una diffusione crescente, con un andamento che in Sicilia è praticamente triplicato dal 2011 al 2016, e il cui rischio inizia a partire dall’età puberale e in particolare negli uomini. Le fasce di età a maggior rischio sono quella tra i 25 e i 29 anni nelle donne, e tra i 35 e i 39 anni negli uomini. Le ulcerazioni causate dalla sifilide rendono inoltre più facile la trasmissione dell’HIV durante i rapporti sessuali.

La diffusione del virus HIV è maggiore fra i maschi di età fra 25 e 44 anni, e fra gli stranieri, donne in particolare; gli stranieri costituiscono più di un quarto dei nuovi casi e provengono in massima parte dall’Africa. L’età alla diagnosi più frequente è fra i 30 e i 39 anni, ma le donne hanno un’età media leggermente più bassa. Inoltre, stando ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) del 2016, fra le donne i casi di nazionalità straniera sono il 65%, con un picco di incidenza fra 15 e 29 anni.

I dati che fornisce l’ISS indicano che in Italia in generale c’è una diminuzione di casi di AIDS rispetto all’Isola che registra circa 278 casi l’anno con un tasso d’incidenza di 5,8 ogni 100.000 abitanti, contro una media nazionale di 5,7. Inoltre, si stima che, per le strade dell’Isola, ci sia circa un migliaio di soggetti che non sa di essere stato contagiato.  Tuttavia, aggiunge l’ISS, seppure a livello nazionale si assiste a una diminuzione dei casi in soggetti dai 25 anni in poi, nella fascia 15-23 anni viene evidenziato, al contrario un aumento, ovverosia i nostri ragazzi sono a notevole rischio di infezione e malattia.

Emerge tra l’altro un dato inquietante da uno studio del 2018 di un ospedale. Si è analizzato il comportamento sessuale di 600 operatrice del sesso. Ebbene ad una su cinque è stata riscontrata una malattia sessualmente trasmissibile. Nessuna di loro era al corrente di essere stata contagiata, né presentavano sintomi o disturbi. Le malattie riscontrate sono la gonorrea, la clamidia e la sifilide. I ricercatori non hanno invece trovato tracce del virus dell’HIV e dell’epatite. La diffusione di queste malattie si è compreso è dovuta essenzialmente al fatto che sempre più clienti chiedono di avere un rapporto sessuale non protetto. Molte operatrici sessuali hanno bisogno di soldi e sono disposte a tutto. Inoltre con la massiccia presenza di prostitute comunitarie e immigrate controllate anche dalle rispettive mafie etniche, le tariffe sessuali si sono notevolmente abbassate.

Sarebbe quindi giunto il tempo che si normi con sollecitudine la prostituzione o come si chiama uffricilamente adesso “sex work”.

In Veneto nel Consiglio regionale c’è in corso un progetto di legge per regolamentare la prostituzione. Si vuole infatti costituire un “albo” professionale per le prostitute del Veneto che mira a regolamentare la prostituzione. La proposta arriva dal consigliere Antonio Guadagnini del gruppo indipendentista. Un programma che arriva poco dopo quello presentato dalla Lega, di ambito nazionale, per legalizzare la prostituzione e riaprire le “case chiuse” il cui disegno di legge, presentato a Palazzo Madama lo scorso 7 febbraio, è dal senatore Gianfranco Rufa.

In sostanza la proposta nella regione veneta vuole istituire appositi “albi” di iscrizione, registrati nei Comuni, con l’identità di chi pratica questa attività. L’obiettivo della norma è far uscire le prostitute dallo sfruttamento di strada. Diventerebbero imprenditrici a tutti gli effetti, quindi avrebbero il diritto di ricevere un giusto compenso e il dovere di emettere regolare fattura con partita IVA. Dunque contribuenti non dissimili dalle altre categorie professionali, tenute al pagamento delle spese sanitarie, previdenziali e soprattutto fiscali. In pratica. Ogni Comune dovrebbe istituire uno specifico albo, curato da un ufficio creato ad hoc, in cui verrebbero indicate le generalità complete delle prostitute. Sarebbe contemplata anche la possibilità di cancellare il proprio nome dall’elenco in caso di cessazione dell’attività. Inoltre, chiunque eserciti la prostituzione sarà tenuto a sottoporsi ad accertamenti sanitari ogni sei mesi. In questi casi dovrà esibire, su richiesta dell’autorità sanitaria o di polizia, l’ultima certificazione sanitaria ottenuta.

L’opinione:

Abbiamo due tipi di morale fianco a fianco: una che predichiamo, ma non pratichiamo, e un’altra che pratichiamo, ma di rado predichiamo” (Bertrand Russell, filosofo, logico, matematico, attivista e saggista gallese, 1872-1970). È raro utilizzare in queste pagine una citazione, ma si è ritenuto che mai migliore aforisma si accoppiasse al titolo e contenuto di questo articolo.

Non è la prima volta che ci si occupa di normare la prostituzione. Lo si è fatto indirettamente in articoli precedenti quali “La Shoah del 27 gennaio 2019 vista con gli occhi delle donne vittime e carnefici” e “La Lega presenta un disegno di legge per regolamentare la prostituzione”.

In merito non si può che ribadire un lampante concetto. In una Nazione cosiddetta occidentale, civile, repubblicana e democratica, come l’Italia, si dovrebbe avere l’attenzione e l’onestà intellettuale di scrutare anche le nostre opache realtà e pertanto nella fattispecie normando la prostituzione (femminile e maschile).

Togliendola dal mondo grigio se non anche oscuro, specialmente dal profitto della criminalità organizzata, da delinquenti e usurai locali senza scrupoli, da maitresse sfruttatrici, da politici papponi, ma senza perseguitarla come vorrebbero i facili moralisti e integralisti, oppure voltandosi altrove o eludendo con retoriche e sermoni, bensì regolarizzandola con leggi moderne, civili, chiare, serie, severe , sanitarie, fiscali, tutelando chi vuole svolgere il mestiere, ma come pure, chi non vuole la prostituzione sotto casa, dentro il condominio o prossimo alle scuole, lungo le strade cittadine, ecc.

Altrettanto si dovrebbe anche normare il consumo delle cosiddette droghe leggere, quali la cannabis in appositi esercizi. La diffusa prostituzione in nero e lo sparso consumo di cannabis dissimulato, ingrassano e potenziano infatti la criminalità comune e organizzata, che risaputamente e sotto gli occhi di chi può e vuole vedere, fanno lauti affari senza alcun serio e forzoso controllo, “comprandosi” senza con questo volere generalizzare, politica, istituzioni, giustizia, burocrazia, inquirenti, investigatori, professionisti, associazioni, cosiddetta società civile, inquinando l’economia, lo Stato, le Regioni, i Comuni e la società, assoggettando e modellando ogni cosa secondo le proprie deviate culture e modalità corruttive, delinquenziali e mafiose.

A

dduso Sebastiano

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