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Castellammare di Stabia

Imprenditore balneare ridotto al fallimento, per protesta vive su una gru

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Era imprenditore dello stabilimento “La Voce della Luna” a Barcola, un quartiere di Trieste. La situazione dopo la direttiva comunitaria Bolkenstein.

Imprenditore balneare ridotto al fallimento, per protesta vive su una gru

L’imprenditore è Marcello Di Finizio, 48 anni, proprietario di un noto stabilimento balneare “La Voce della Luna” a Barcola, quartiere di Trieste, grazie alla concessione del demanio che permette di aprire strutture ricettive private su suolo pubblico. Di lui e delle sue proteste eclatanti ma pacifiche, si è parlato anche in passato. Infatti per tre volte si è calato sul Cupolone di San Pietro a Roma eludendo ogni tipo di controllo e per queste venne anche arrestato.

Di Finizio nel 2000 aveva rilevato lo stabilimento balneare con una concessione della Regione Friuli-Venezia Giulia (regione italiana a statuto speciale dell’Italia nord-orientale) di 6 anni, rinnovabile per altri 6 automaticamente a scadenza. Ricostruisce pertanto da zero il locale, investe negli anni circa 500 mila euro e dà lavoro a 15 dipendenti.

Il mezzo milione di euro è servito per i lavori di ristrutturazione e per riparare i danni subiti a causa di un incendio e poi due mareggiate, cui la seconda nel 2010. Ed è dopo quest’ultima che per Di Finizio arrivano i peggiori problemi. Nel 2006 infatti era nel frattempo entrata in vigore la direttiva europea Bolkenstein, la quale stabilisce che i servizi di oltre il 70% dell’economia europea vengano liberalizzati e se ne faciliti la circolazione all’interno dei 27 Paesi Ue. Questo da un lato significa semplificare i procedimenti burocratici e, attraverso sportelli unici europei, abbattere le barriere nazionali per chi intende fornire un servizio in un Paese della Ue che non sia quello di origine. Porte aperte, dunque, a qualsiasi impresa in qualsiasi paese. Nessun rinnovo automatico delle concessioni, ma nuovi bandi pubblici internazionali a ogni scadenza. La conseguenza è però che sono così facilitati soprattutto i grandi gruppi in grado di sostenere la concorrenza comunitaria, non certo le piccole realtà imprenditoriali come quelle che esistono in Italia.

Come per tutte le Direttive europee, ogni singolo Stato membro ha poi la libertà di decidere come e quando recepirla e applicarla, salvo approvazione di eventuali proroghe da parte della Ue. Il Governo italiano ne ha prorogato l’entrata in vigore dal 2006 al 2012, poi dal 2012 al 2013, poi dal 2013 al 2015. Di recente, con l’approvazione a dicembre 2018 della legge di Bilancio del Governo 5stelle-lega sono state: le concessioni balneari estese fino al 2034; i canoni demaniali sospesi per le imprese colpite dalle recenti mareggiate; approvato un decreto per stabilire i principi di una riforma organica del settore.

Sulla questione tuttavia, delle fonti di Stampa annuncerebbero entro l’estate 2019 l’avvio di una procedura di infrazione dell’Ue e che a pagarne le eventuali sanzioni, se la legge di proroga delle concessioni balneari non verrà modificata, sarebbero tutti i contribuenti italiani. Sul punto però il Ministro Gian Marco Centinaio della Lega getta acqua sul fuoco “Cercheremo di far capire alla Commissione che le concessioni balneari non sono servizi e quindi non entrano nel perimetro della Bolkestein. Stiamo studiando le argomentazioni da portare a Bruxelles. Faremo di tutto per evitare l’infrazione e per far capire all’Europa la nostra posizione. Se poi non sarà possibile, valuteremo la situazione. Sarà confermata la proroga senza gara”.

Pur nonostante queste proroghe complessivamente favorevoli agli imprenditori italiani degli stabilimenti balneari, a Di Finizio è andata molto diversamente. Difatti alla seconda mareggiata (siamo nel 2010) l’imprenditore si trova costretto a chiedere un prestito in banca per risistemare lo stabilimento trovandosi però di contro una risposta negativa. Dichiara il Di Finnizio “Mi hanno detto che non sapendo cosa sarebbe successo con la Bolkenstein nel 2012, a scadenza di concessione, avrei potuto anche perderla. Quindi, niente soldi”. È a quel punto che Marcello si informa e viene a sapere della norma e della sua entrata in vigore prevista (all’epoca) per il 2012.

La conseguenza è stata la chiusura dello stabilimento e il pignoramento della casa di proprietà messa a garanzia dei prestiti contratti in passato.

Ora, da oltre una settimana, è con una tenda da rocciatore con a seguito un pannello solare per dare energia a un computer e a due telefoni cellulari e sospeso a circa 70 metri da terra in cima all’Ursus una mega gru del porto di Trieste, per lanciare un nuovo appello al fine di riportare all’attenzione delle diverse Istituzioni il proprio caso. Scende alla base della gru per prendere cibo e acqua che alcuni amici gli portano. E risale. Per due volte la polizia ha cercato di farlo desistere. Ma nulla. Fulmini (con il rischio di restare stecchito), tuoni (“quasi ti rendono sordo a queste altezze”), pioggia, sole. Vento. Sta lì, in segno di protesta e aggiunge “Ho capito come si arriva a pensare al suicidio”.

Nel 2010 il territorio triestino venne colpito da un ripetuto maltempo. I danni ad edifici comunali, abitazioni e imprese furono quantificati in circa 500 milioni. In citta furono abbattuti 90 alberi, 35 i tetti scoperchiati dal vento in modo violento, abitazioni e auto rimasero danneggiate, distrutti molti semafori e cartelli stradali. In quell’anno l’assessore regionale alla protezione civile decretò uno stato di emergenza stanziando anche dei fondi, come pure fece il Comune di Trieste il cui Sindaco di allora dichiarò “Aiuteremo chi è in difficoltà. Dobbiamo ancora quantificare il bilancio complessivo – ha dichiarato Orsoni – ma metteremo fin da subito a disposizione dei fondi per intervenire sulle situazioni più pesanti e per aiutare la popolazione in difficoltà”.

L’opinione.

P

iù in generale in Italia, non a caso la stantia scuola non insegna Diritto, Economia, ma neppure Psicologia, Sociologia, ecc. Perché poi nella vita ci si improvvisi anche imprenditori. Così in questa complessa società si diviene spesso inconsapevole “carne da tritato” per: professionisti (cui spesso la deontologia in questa ipocrita Nazione è solo declamata); Giudici (cui ognuno di loro con la propria ermeneutica, che diventa sentenza efficace ed esecutiva, è un legislatore tanto che ormai non si chiede più cosa dicono i Codici ma chi è il Giudice che decide); Banche (che una volta messi sotto scarpa coloro che chiedono il prestito lo spremono fino anche farlo suicidare); Istituzioni e Burocrazia (di solito anche lautamente mantenute, persino a suon di premi di produzione, nonostante l’Italia da decenni sia stata solo cannibalizzata e ridotta ad una carretta prossima ad affondare in un mare di squali comunitari ed esteri); la cosiddetta società civile (una lunga codata di vecchi e nuovi cantastorie o gonfiati che da anni ci racconta, ma per i propri tornaconti carrieristici, remuneratici e contributivi, ciò in cui non crede); e infine la politica degli ultimi decenni, locale, distrettuale, regionale, nazionale ed europea (che si fa le leggi per se stessa e a garanzia del rancido sistema) pertanto rimanendo lontana dalle necessità della gente produttiva, lavoratrice, privata e operosa, a cui però sa ben passare avanzi e molliche nonché spettacoli e come diceva un produttore “cosce e gag”, grazie pure a media allineati, mantenendo così noi gente comune in uno stato di evidente intontimento quotidiano, istigandoci ad azzuffarci anche istericamente tra noi cittadini, affinché, ad uno ad uno, giorno dopo giorno, nel dibattito più retorico, compiamo il nostro unico fine: dare latte, carne e pelli al “sistema” legalizzato.

Adduso Sebastiano

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