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Torino ci sono più omertosi che a Locri, lamentano i bravi carabinieri che hanno sgominato un clan della ’ndrangheta con la sola forza delle intercettazioni, senza potere contare sulla collaborazione delle vittime. Imprenditori e piccoli commercianti hanno continuato a pagare persino dopo avere negato sotto interrogatorio di farlo. Il pistolotto etico è in agguato, ma non me la sento di puntare il dito contro persone terrorizzate e sfiduciate. In questo caso l’omertà non mi sembra figlia della collusione, ma della paura. Come reagirebbe chiunque di noi se ricevesse a casa una testa mozzata di maiale, corredata dalla minaccia «paga o la prossima sarà la tua?». Pagherebbe, impegnando anche la catenina d’oro dei figli, come hanno fatto loro. Gli eroi sono sempre bene accetti, però nessuno può chiedere a una comunità dosi di coraggio superiori alle sue forze. Il silenzio omertoso non dipende da un’indole remissiva degli abitanti di Torino o di qualsiasi altra città . Dipende dalla percezione del pericolo. Dalla sfacciataggine dei mafiosi che incassano impunemente il pizzo nei bar accanto al tribunale. Dalla certezza che, in virtù di leggi appiccicose, una denuncia può portare alla cattura dei criminali ma raramente a una loro reclusione prolungata. Con il rischio di ritrovarseli addosso, più furibondi ed esigenti di prima.
Fidarsi dello Stato italiano è un atto di fede che avrebbe bisogno del supporto di qualche miracolo. Per esempio che gli arrestati di ieri non si ripresentassero al bar già domani.
*lastampa
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