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Castellammare di Stabia

IL PICCOLO PRINCIPE. Un cartoon ma un grande film (Critica con trailer)

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I

l Vecchio Aviatore è il vicino di casa di una bambina da poco trasferitasi con la terribile madre. Costui le parla, e le fa leggere una Fiaba di un Piccolo Principe, Re di un piccolo asteroide, e di una Rosa e di come, essendo solo, abbia voluto viaggiare… Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry, noto come Antoine de S.E., è una delle più note, affascinanti e non facilmente etichettabili figure di intellettuali e scrittori francesi dei primi 40 del 900.

Nato nel 1900 morì nel 1944 nel corso di una missione di ricognizione per l’Aeronautica Militare francese alleata (non pétainista) sul Tirreno in un incidente di volo, che rimase misterioso per tutti questi anni: si parlò anche di suicidio. Attualmente, grazie alle dichiarazioni di un pilota, allora della Luftwaffe, si è stabilmente ipotizzato che sia morto nel corso di un attacco aereo, rimasto ignoto, perché avendo saputo chi era, il pilota ne ebbe vergogna e non ne parlò. Ma siamo ancora nel regno delle ipotesi.

“Il Piccolo Principe” fu pubblicato per la prima volta in USA e in inglese nel 43, in piena guerra: ma lo scrittore lionnese era già noto nell’ambiente per una serie di specifici brevetti tecnici sull’aereo: ma soprattutto per una serie di libri di narrativa sul mondo dell’aviazione. Alcuni , come “Volo di notte” (1931) e “Terra degli uomini” (1939), erano già stati tradotti e molto apprezzati anche in Italia. “Il Piccolo Principe”, da noi fu edito da Bompiani: ha avuto e sta avendo un lungo, duraturo, instancabile successo. E’ un testo, che si presenta nelle forme di una lirica, benché in prosa, elusiva, misteriosa favola per bambini, senza tempo e dimensione spaziale; sospesa in regno di fantasia e di complessità metaforiche.

“Non si vede che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi” (cap XXI), è una delle sue più famose e sintetiche frasi delle sue tematiche. Ma è affascinante anche per lettori scafati: uno dei libri più tradotti e letti al mondo. Ha avuto numerose trasposizioni cinematografiche. Una prettamente hollywoodiana (di Stanley Donen, USA-UK, 1974), di un certo impegno produttivo; ma che, in un certo senso, “diceva troppo” e troppo chiaramente, quasi snaturando e violentando la sottile trama stilistica e immaginaria della qualità onirico-reale della pagina. Ma già nel 44 il mitico Orson Welles ne elaborò una sceneggiatura. Ho tracciato queste righe di introduzione, per meglio indicare la complessità dello stato dell’arte che si presentava al regista Mark Osborne, statunitense, quindi lontano dall’immaginario europeo e francese, e di Saint-Exupéry in particolare, quando gli fu offerta la direzione del film (FRA, 15), proprio da un gruppo di produttori francesi.

Dopo una naturale e iniziale titubanza, ha accettato. E cosa ha fatto? Ebbene, ha genialmente “rovesciato il tavolo”. Invece di impegolarsi in una ulteriore, incerta e trita “hollywoodianizzazione”, peraltro già e infelicemente combinata, dell’apparentemente esile testo, ha preso spunto da un film, “Il ladro di orchidee” (USA, 02), del regista di culto Spike Jonze ( e dei suoi sceneggiatori, i fratelli Charlie e Donald Kaufman), film premiato ma di non grande successo, ma che si avvia a diventare, sotterraneamente, un classico. In quel film due storie, una delle quali un mistery, si muovevano in parallelo, come in una doppia spirale, per poi finalmente ricongiungersi. Osborne, che ha al suo attivo “Kung fu Panda” (USA, 08), ha “incastonato” la storia del “piccolo principe” all’interno della vicenda della deliziosa ragazzina che incontra l’aviatore. Come se fosse una “narrazione all’interno di un’altra”: una metanarrazione. Ma succede che il piccolo principe e i suoi personaggi siano “usciti”, perché rapiti e portati via da quell’interno originale: e la bambina deve farveli “ritornare”. Allora che abbiamo, rispetto alla sostanza drammaturgica del testo letterario di partenza? Che i motivi tematici, e soprattutto quelli, vengono esaltati, commentati e sviluppati dai personaggi(diciamo) bis; ma in una cornice di mossa narrazione e senza fare la minima violenza sui personaggi stessi. Del resto i contesti narrativi sono ben differenziati: le vicende direttamente del “piccolo Principe” (fonte letteraria) sono illustrate con un gradevole, pastellato, delicato stop motion, il cartone tradizionale; quelle della cornice in computer grafica (CGI). Questo dà all’insieme un aspetto di assoluta vivacità e originalità. Mantiene intatta la sostanza poetica: ma ne dà un generalizzazione figurativa metaforica che ne tende fino al diapason la sostanza tematica.

https://www.youtube.com/watch?v=pkj1QysO4Uc

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