Arrestato un collaboratore di Giustizia dal 1992. Si era accusato di 60 omicidi facendo arrestare numerose persone. Diceva “Lo Stato mi aiuti, sono povero”.
La Polizia di Catania insieme a quella di Ragusa, ha arrestato quindici persone effettuando anche sequestri preventivi di aziende nel settore del riciclo plastiche. L’operazione antimafia ‘Plastic free’ è scattata in provincia di Ragusa su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catania. È stata smantellata un’associazione di stampo mafioso finalizzata al traffico illecito di rifiuti.
Tra i reati contestati l’estorsione pluriaggravata, l’illecita concorrenza con minaccia, le lesioni aggravate e la detenzione ed il porto di armi. Al centro dell’inchiesta, Claudio Carbonaro, il pentito e reo confesso di sessanta omicidi, che secondo le indagini, stava già progettando di riorganizzare la sua cosca a Vittoria. Con lui sono state arrestate altre quattordici persone. In manette anche due imprenditori, sequestrate cinque aziende, per un valore totale di cinque milioni di euro.
Quattro anni fa il Carbonaro era tornato in Sicilia chiedendo aiuto allo Stato “Ho speso tutti i soldi che mi hanno dato dopo essere uscito dal programma di protezione e ora sono costretto a fare l’ambulante”. In realtà, ha scoperto la Polizia, il pentito Claudio Carbonaro, reo confesso di 60 omicidi, stava già progettando di riorganizzare la sua cosca a Vittoria, la città che una notte del 1992 aveva lasciato in gran segreto sotto scorta.
Questa notte, l’ex killer della “Stidda”, la mafia che si opponeva a Cosa nostra, è stato arrestato dalle squadre mobili di Ragusa e Catania, dirette dai Vicequestori Nino Ciavola e Marco Basile, con l’accusa pesante di associazione mafiosa. Le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania dicono che Claudio Carbonaro era tornato a indossare l’abito del boss che gestisce affari e impone ricatti. Con lui sono state arrestate altre 14 persone: il suo braccio operativo.
In manette anche due imprenditori, l’interfaccia economica della cosca riorganizzata dal pentito. E sono sequestrate cinque aziende che valgono 5 milioni di euro. Carbonaro voleva essere mafioso 2.0, manager di grandi affari. Uno su tutti: lo smaltimento della plastica utilizzata per la copertura delle serre che riempiono la provincia di Ragusa. Un business milionario, sostenuto da finanziamenti pubblici a tanti zeri, perché quella plastica impregnata di fertilizzanti e pesticidi è considerata un rifiuto speciale altamente tossico, che va dunque gestito in modo particolare. Invece, spesso, i fanghi provenienti dalla pulitura delle serre finivano sottoterra.
L’organizzazione era dedita al traffico di rifiuti plastici, acquisiti da imprese di raccolta e stoccaggio aventi sede nelle province di Ragusa e Catania ed esportati in Cina. Qui venivano utilizzati per la fabbricazione di scarpe, poi importate in Italia e commercializzate pur contenendo, per i Magistrati, sostanze tossiche. Adesso, nel cuore della Sicilia c’è una bomba ecologica. La Procura contesta anche il reato di traffico illecito di rifiuti, la plastica veniva poi importata al Nord Italia.
S
ono finiti in carcere oltre al Carbonaro, Salvatore D’Agosta di 53 anni, Giuseppe Ingala di 36 anni, Antonino Minardi di 45 anni, Crocifisso Minardi di 53 anni, Emanuele Minardi di 49 anni, Salvatore Minardi di 45 anni, Giovanni Tonghi di 38 anni, Giovanni Donzelli di 71 anni e Raffaele Donzelli di 46 anni, tutti di Vittoria. Agli arresti domiciliari invece vi sono Gaetano Tonghi di 37 anni, Giovanni Longo di 55 anni (originario di Acate), Andrea Marcellino di 35 anni (originario di Siracusa), Salvatore Minardi di 25 anni e Francesco Farruggia di 42 anni di Vittoria.
Adduso Sebastiano
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