E
nrico Rossi, presidente rosso della rossiccia Toscana e sfidante ufficiale del Renzi rosé (o bianco fruttato) al prossimo congresso del Pd, considera il Frecciarossa una metafora di questa società ingiusta e propone di ristrutturarne i vagoni in senso socialista. Non ha senso, dice, che si stia pigiati in 68 nella classe standard, mentre in quelle premium, business ed executive i sedili sono distanziati e quasi sempre vuoti. L’Alta Velocità socialista senza più classi ridistribuirebbe i posti e i costi in modo più equo. E, consentendo di salire sul treno a un numero superiore di passeggeri, darebbe un impulso al fatturato, in base alla nota legge economica del comico Ettore Petrolini: «Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono tanti».
Come cambiano le mode. Negli Anni Settanta del secolo scorso avremmo potuto ascoltare le parole di Rossi in un’assemblea studentesca o in una riunione del partito comunista, ma anche nell’articolo di fondo di un giornale borghese. Negli Anni Ottanta, quelli dell’arricchimento collettivo (a debito), ci sarebbero sembrate fuori dalla cronaca, dopo la caduta del Muro fuori dalla storia e dopo l’inizio della crisi il parto bizzarro di un economista alternativo. Oggi in America le dice Sanders, che ha conteso oltre ogni previsione la nomination democratica a Hillary Clinton. Pensieri antichissimi hanno smesso improvvisamente di essere antiquati da quando il ceto medio, pigiato in classe standard, non può più sognare il passaggio in business e teme addirittura di essere buttato giù dal treno.
vivicentro.it/opinioni / lastampa / Il Freccia Rossi MASSIMO GRAMELLINI
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