Il Consiglio di giurisdizione della Camera ha disposto che a 40 ex parlamentari siano restituiti i vitalizi sulla base di una delibera del Presidente Fico.
Sono già 40 gli ex parlamentari che hanno vinto il ricorso contro le delibere degli Uffici di presidenza di Camera e Senato, che da gennaio 2019 avevano tagliato retroattivamente i loro vitalizi. La decisione è stata presa in nome “del diritto al mantenimento, all’assistenza e a un’esistenza libera e dignitosa”: alcuni sono stati infatti definiti “indigenti o malati”.
Come ha scritto ‘La Repubblica’, sono ancora oltre duemila le domande presentate per riottenere il beneficio, e si dovrà attendere qualche settimana per sapere se le “pensioni” di deputati e senatori saranno ripristinate per intero o meno.
È una possibilità contemplata nella delibera voluta dal Presidente della Camera Roberto Fico e approvata il 12 luglio 2018, la quale prevede che se un parlamentare può dimostrare valide ragioni sull’effettivo stato di bisogno, o sullo stato di salute, il Consiglio di giurisdizione della Camera può sospendere il taglio.
I ricorsi hanno quindi sostenuto l’esistenza di situazioni drammatiche, se la riduzione è tale da non consentire il sostentamento vitale degli ex parlamentari, soprattutto nei casi di maggior disagio come le malattie e i ricoveri.
“Tanti hanno più di 90 anni ormai” ha spiegato l’avvocato Maurizio Paniz, che assiste circa un migliaio di parlamentari.
“Io di ricorsi cautelari ne avevo fatti due” ha invece spiegato l’avvocato Felice Besostri. I verdetti di Camera (1.400 ricorsi) e Senato (772) saranno esaminati da Giudici interni, poi l’ultima parola spetterà alla Cassazione.
La maggior parte dei ricorsi verte sull’entità della cifra decurtata, che in molti casi è pari all’85%. La Consulta ha stabilito che il taglio delle pensioni deve essere “limitato nel tempo” e qui “non lo è sostengono gli avvocati.
L’opinione.
I ricorsi accolti sarebbero stati decisi in autodichia da tre Giudici interni alle Camere del Consiglio di giurisdizione della Camera. L’istituto dell’autodichia è una potestà che consente alle Camere, come ad altri organi costituzionali, di far giudicare le cause che le oppongono ai loro dipendenti a Giudici individuati al proprio interno. Sicché Camera e Senato decidono in autonomia quali regole applicare al loro interno, dai contratti dei collaboratori agli appalti, fino alla decisione sugli ingressi nei Palazzi.
l’Italia è uno dei pochi paesi che continua a tenere in piedi questo imperscrutabile sistema. Di fatto le istituzioni che applicano l’autodichia somigliano a delle regge onnipotenti, come ad esempio il cerimoniale delle Camere che consente ai Presidenti di avere uno stuolo di commessi a proprio seguito e qualcosa di simile vale per i Segretari generali. Sono norme di cui non si capisce il senso democratico se non solo quello di volere la politica mantenere il proprio status per potere estendersi forzosamente come una organizzazione in ogni dettaglio della propria vita pubblico-sociale.
In sostanza un principio giuridico a garanzia dell’indipendenza degli Organi costituzionali è stato trasformato in uno strumento di privilegio, dove chi produce le leggi è dispensato dal rispettarle, autogiudicandosi e sottraendosi alla legge ordinaria e a qualunque forma di controllo esterno, dalla Magistratura alla Corte dei Conti. Ed è bene ricordare che le Forze dell’ordine, Guardia di Finanza compresa, non possono entrare nei Palazzi parlamentari, a meno che non ci sia una richiesta espressa, sottoposta al Presidente del ramo del Parlamento interessato e che l’Ufficio di Presidenza deliberi sul punto: questo, ovviamente, non consente né l’effetto sorpresa né un’azione in tempi rapidi, soprattutto quando il Presidente dovesse ritenere necessaria una delibera dell’Ufficio di Presidenza sul punto.
L’articolo 64 della Costituzione si limitava a prevedere l’adozione di un regolamento interno per ciascuna Camera. Su questa disposizione, nel tempo, ci sono state varie interpretazioni giuridiche (a evidente convenienza come sempre e come al solito da sempre in Italia). In 73 anni di vita repubblicana l’istituto è stato applicato, esteso e piegato agli interessi della casta politica. Da principio di garanzia dell’Organo parlamentare, l’autodichia è divenuta uno strumento di privilegio per chi ne fa parte. In pratica un Dna della Casta, il cuore stesso del sistema Italia, quello che di tutta evidenza ha consentito e consente al trasversale sistema partitocratico di vivere, riprodursi, alimentarsi, e diffondersi con metastasi inquinando ogni angolo della vita pubblica e sociale. E gli italiani comuni come possiamo accettare tutto questo ? Siamo di fatto pressoché impotenti per legge (norme ingannevoli all’origine propugnate nei decenni da Parlamenti deviati dentro) e forse siamo pure irreversibilmente affetti dalla sindrome di Stoccolma, da anni inoculataci (scientificamente) nei nostri neuroni da media assoldati e blasonati marcanti di concittadini.
a href="https://vivicentro.it/author/sebaddu/">Adduso Sebastiano
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