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Grecia, quello che Merkel non dice. Atene al bivio tra taglio del debito e recessione permanente

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ROMA – E’ ufficiale. Il salvataggio o meno di uno dei paesi dell’euro è rigidamente e unicamente legato agli umori e ritmi elettorali della Germania e forse, anche più specificamente, dell’aria che tira in Baviera.

L

’unico obiettivo chiaro dell’ennesimo pasticciato accordo raggiunto a Bruxelles sulla Grecia, infatti, è la scelta di aspettare le elezioni tedesche, previste per il 2017. A forza di aizzare l’opinione pubblica contro i peccati di lassismo di Atene, Angela Merkel e il suo ministro delle Finanze, Schaueble, si sono trovati prigionieri della loro retorica e costretti a intorbidire le acque quanto basta per tenere nascosto il punto chiave e quanto può costare: la ristrutturazione del debito greco ci sarà – è stato riconosciuto implicitamente nel vertice di Bruxelles – ma i modi vanno ancora decisi e specificati e, così, è ancora impossibile determinare quanto ci perderanno i creditori. Ma è una strada obbligata.

Senza ristrutturazione, calcola l’Fmi, il debito arriverebbe, dopo il 2050, al 250 per cento del Pil e ripagarlo succhierebbe il 60 per cento dell’economia ellenica. Berlino cascherebbe dalla padella nella brace, perché, come dice Zvolt Darvas, del think-tank Bruegel, “o c’è una grossa ristrutturazione del debito o Atene richiederà altri prestiti per decenni”. Il problema, ha scritto un’altra commentatrice, Frances Coppola è, però, che, in ogni caso, la Grecia dovrà passare attraverso

decenni di autentica depressione economica. Una recessione senza fine.

Contrariamente a quanto percepito da buona parte dell’opinione pubblica, la posizione più vicina agli interessi della popolazione greca era – ed è – quella del Fondo Monetario. Gli economisti di Washington vogliono mettere un tetto ai pagamenti che il Tesoro greco dovrà fare ogni anno sui debiti (contratti con gli altri paesi europei – è sempre bene ricordarlo – per poter ripagare quelli disinvoltamente concessi dalle banche francesi e tedesche negli anni del boom), in modo che non superino ogni anno l’1,5 per cento del Pil. E vogliono abbattere all’1,5 per cento l’avanzo da registrare ogni anno sui conti pubblici, contro l’irraggiungibile 3,5 per cento che Berlino pretenderebbe. Ma questa è ancora solo la superficie dei problemi. Come dice Frances Coppola, i conti che fanno paura solo negli altri capitoli dell’analisi che compie l’Fmi.

Perché, nei prossimi decenni, per ridare fiato al paese e assicurare le risorse per pagare i debiti, da dove dovrebbe venire la ripresa economica greca? Non dal lavoro, avvertono gli economisti di Washington. La popolazione invecchia e il tasso di disoccupazione attuale, al 25 per cento, è, ormai, per quattro quinti, strutturale, radicato nei meccanismi del paese. Potrà scendere al 6 per cento solo verso il 2060. In altre parole, il contributo dell’occupazione alla crescita di lungo periodo sarà negativo (meno 0,3 per cento l’anno, dicono i conti). E poco anche dagli investimenti. Oggi sono al 12 per cento del Pil, l’Fmi prevede che possano arrivare, a medio-lungo termine, al 17 per cento, che è comunque al di sotto della media europea. Tutto sommato, il contributo alla crescita che arriva dal capitale non sarà al di sopra dello 0,5 per cento l’anno. D’altra parte, le banche del paese sono praticamente tutte fallite e non sono in grado di attivare la leva del credito.

E, allora, lo sviluppo? Dalle riforme strutturali nel mercato del lavoro (flessibilità) e dei prodotti (liberalizzazione). Ma l’Fmi per primo non crede che le riforme possano aumentare la produttività del sistema greco più della media europea. Diciamo un uno per cento, indicano gli economisti di Washington. La somma di lavoro, capitale e riforme dà, dunque, un tasso di sviluppo annuo ipotizzabile all’1,20 per cento a lungo termine. In un paese che, negli ultimi sette anni, grazie alle politiche di austerità, si è ristretto del 27 per cento. A quel ritmo, non basteranno quarant’anni per recuperare i livelli pre-crisi.

vivicentro.it/politica –  repubblica/Grecia, quello che Merkel non dice. Atene al bivio tra taglio del debito e recessione permanente di MAURIZIO RICCI

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