Tutto sul passato
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ancini, Bonomi, Troise, Villa, Baccin, Husain, Jankulovski, Bocchetti, Moriero, Stellone, Sesa: a rileggere la formazione del primo Napoli 2001-02 ci scappa anche qualche sorriso. A fine agosto la doppietta di Stellone stese il Genoa a Marassi e regalò agli azzurri la prima di sedici vittorie complessive per un totale di 61 punti, bottino notevole ma insufficiente per l’immediato ritorno in Serie A ad un anno esatto dalla retrocessione firmata Zeman-Mondonico. In panchina, nell’anno del quinto posto alle spalle dell’Empoli (67 punti), c’era Luigi De Canio, lo stesso allenatore che domenica prossima, alla guida dell’Udinese, affronterà da avversario gli azzurri.
DESTINO SEGNATO. In quella stagione furono diversi i motivi alla base del fallimento sportivo: squadra rivoluzionata, società allo sbando (era l’anno dei due presidenti, Corbelli e Ferlaino), tifosi delusi per la recente retrocessione e la discontinuità in campionato. Non bastarono gli undici gol di Roberto Stellone, non bastò la striscia di sette vittorie ed un pari tra la 15esima e la 22esima giornata, non bastò il ritrovato entusiasmo della piazza per sorpassare l’Empoli del giovane Di Natale (capocannoniere del torneo con 16 gol). Fatali gli scontri diretti coi toscani: 1-0 al Castellani, 0-0 al San Paolo.
SAN PAOLO INAGIBILE. Il Napoli partì forte, vinse a Genova ma poi crollò, conquistando due punti nelle successive cinque partite. A metà settembre, complice la forte alluvione che colpì l’intera città, il San Paolo risultò inagibile per oltre quattro mesi, costringendo il Napoli a trasferirsi prima a Cava de’ Tirreni e poi, per sette giornate, allo stadio Santa Colomba di Benevento. «Ho ricordi più brutti che belli, fu una stagione difficile. Un casino micidiale». Di quel Napoli, Oscar Magoni era capitano orgoglioso e ferito: «Non è mai facile giocare con la società in bilico e le contestazioni dei tifosi. Napoli è una città meravigliosa che meritava ben altro. In quella stagione ci furono tante cessioni, tanti acquisti, tanti stranieri, tanti giovani. Facemmo il massimo delle nostre possibilità».
CAOS CALMO. Ben presto anche i tifosi si accorsero che la squadra, nel ventre d’una stagione in salita, riuscì a resistere fino alla fine, sfiorando la promozione: «Alla prima al San Paolo facemmo il record negativo di presenze – ricorda Matteo Villa, difensore al suo primo anno a Napoli – ma la gioia più grande fu riportare la gente allo stadio. La mancata promozione fu un rimpianto, ma i 70mila al San Paolo contro la Reggina (1-1, gol di Vidigal) fu una soddisfazione che nessuno potrà mai cancellare». Prima degli applausi, però, furono soprattutto fischi: «Ricordo tante contestazioni in casa, tante polemiche. Fu un’annata storta e fu un peccato – spiega Magoni – perché a Napoli ti senti professionista vero. Rifarei altre mille volte la scelta di lasciare la Serie A per giocare qui».
DISASTRO DERBY. Tra le delusioni più acute il ricordo delle due partite contro la Salernitana. Pagine nere non solo dal punto di vista sportivo: «All’andata, al San Paolo, il nostro pullman fu assalito dai tifosi avversari», ricorda Magoni, che poi fa mea culpa per il 3-1 dell’Arechi contro l’ex Zeman: «Giocammo davvero male, meritammo la sconfitta. Fu una giornata molto triste». Ancor più buio fu il pomeriggio della sfida d’andata. Contro la Salernitana, il 27 gennaio 2002, il Napoli tornò a giocare al San Paolo dopo l’esilio di Benevento. Segnò Villa, poi la beffa: «Quel gol – ricorda il difensore ex Cagliari – fu l’emozione più grande della mia carriera. Non ho mai segnato tanti gol, quello fu speciale. Assaporavo già l’idea di essere l’uomo derby, peccato…». Il pareggio di Lazzaro al 94’, sotto la Curva B, è un ricordo amaro, indimenticabile. Ma a pensarci oggi, ad un passo dal sogno impronunciabile, fa decisamente meno male.
Il Roma
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