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Il Giudizio Capitale nelle città che vogliono tornare protagoniste

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Dopo i tentativi di cancellare Province e Comuni, sale una domanda di rivendicazione da parte del territorio. C’è la ricerca di visibilità attraverso sindaci a loro modo antagonisti rispetto al sistema politico e al potere centrale

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tanotte, quando i risultati saranno noti, scatterà immediatamente l’esercizio più noto del dopo-voto. La ricerca dei vincitori. Ma, soprattutto, degli sconfitti. Sempre e comunque “gli altri”. Lo sconfitto: è sempre l’altro. Il vincitore che non ha vinto nella misura pronosticata. “L’altra” corrente, “l’altro” leader del partito. Cittadino ma, soprattutto, nazionale. Tanto più in questo caso. Perché i contendenti sono il Pd di Renzi – il Pdr – e gli “altri”. Che cambiano, a seconda delle città.

Ma gli occhi sono puntati, principalmente, sul M5S. I giudizi nei suoi riguardi, dopo il primo turno, sono contrastanti. Dipende dal punto di vista, dal campo di osservazione. Se ci concentriamo sulle 143 maggiori città al voto, nelle 114 città dov’era presente con la propria lista e i propri candidati, il M5S risulta sostanzialmente stabile, rispetto al voto europeo (1 punto in meno). Ma il discorso cambia se escludiamo Roma e Torino. Allora, il calo appare più significativo: quasi 7 punti. E ciò spiega le polemiche sulle valutazioni del voto. Il M5S se la prende con chi (istituti di ricerca e di sondaggi compresi) sostiene che sarebbe in sostanziale calo. Mentre, dall’altra parte, il Pdr afferma di avere vinto, grazie alle performance ottenute nell’insieme dei comuni dove si votava. Il fatto è che i risultati elettorali si possono leggere in diversi modi. Ma ciò che conta, alla fine, è la percezione “generale” presso l’opinione pubblica. Che, a sua volta, riflette il “punto di vista” degli attori e degli osservatori politici. Oltre che, ovviamente, dei media.

Alle elezioni politiche del 2013 Silvio Berlusconi e il centrodestra persero le elezioni ma vinsero il dopo-voto. Perché tutti lo immaginavano fuori gioco, doppiato dal Pd di Bersani. Invece, il deludente esito del centrosinistra e il successo del M5S rimisero in gioco Berlusconi. Che rientrò al centro della scena politica. “Oltre ogni aspettativa”.

Alle europee del 2014, invece, fu il M5S a perdere il dopo-voto. Nonostante avesse raggiunto il 21%. Secondo partito in Italia. Ma Grillo aveva “minacciato” il sorpasso. E il Pd di Renzi lo doppiò. Così un risultato promettente divenne deludente. Dico questo per chiarire come il giudizio sul voto dipenda, in grande misura, dalle attese. E dai principali obiettivi “fissati” dagli attori e dagli osservatori politici. Così e per questo, al di là del bilancio dei comuni dove si è votato e in ballottaggio, il giudizio finale e definitivo dipenderà – inevitabilmente – dal risultato nelle maggiori città al voto. Le Capitali. Roma, anzitutto. Poi Milano, dove è depositato il capitale di credibilità del Pdr e di Renzi stesso. Ancora: Napoli, Torino. E Bologna. Senza dimenticare gli altri capoluoghi di provincia e di regione. In particolare: Trieste. Il limes d’Italia.

Tuttavia, il risultato già ottenuto dal M5S a Roma e Torino ha orientato la lettura della consultazione. E se dovesse conquistare (almeno) una delle due “capitali” dove è in ballottaggio, al di là di ciò che avverrà nelle altre 20 città maggiori nelle quali i suoi candidati sono ancora in gioco, allora si aprirebbe una stagione nuova. Dove il dualismo fra Stato e Città si riproporrebbe. Più forte che in passato. Soprattutto se in Italia emergesse una “capitale a 5 stelle”. Osservatorio permanente sulla politica dell’antipolitica. Sul governo del partito-non partito. Portabandiera della “democrazia diretta”. Promosso, con successo, dalla “democrazia rappresentativa”. Cioè: attraverso i consiglieri e il sindaco eletti dai cittadini.

D’altra parte, anche altrove si respira questa domanda di ri-vendicazione che parte dal territorio. Questa voglia di “cambiare” che non riflette – necessariamente – la degenerazione dei contesti interessati. Per capirci: a Roma il peso degli scandali ha delegittimato partiti e politici principali. Ma a Torino il giudizio degli elettori sul governo locale e sul sindaco in carica, Piero Fassino, è positivo. Come a Milano, nei confronti della giunta Pisapia e del sindaco stesso. Come a Bologna, verso la giunta Merola. Eppure, in queste città, il voto dei cittadini ha dato forza alle alternative. Al centrodestra a Milano, al M5S a Torino. All’opposizione leghista a Bologna. Come se, al di là di valutazioni specifiche, spirasse forte la voglia di cambiare. Un clima d’opinione evidente, a maggior ragione, a Roma. Mentre a Napoli il sindaco De Magistris ha riassunto, da solo, entrambi i sentimenti. La domanda di cambiare e di opposizione. Che sale dal territorio. Nei confronti del governo e il potere centrale. Cioè, contro il Pdr di Renzi.

Perché, a mio avviso, è questa la chiave di lettura delle elezioni amministrative. Dopo il primo turno. Il ritorno prepotente del territorio e delle città. Dopo una stagione, lunga, di rimozione. Dopo la scomparsa – presunta – delle province. Non ancora sostituite, nelle competenze. (L’attuale presidente dell’Upi – l’Unione delle province – Achille Variati, peraltro sindaco di Vicenza, guida, per questo, l’Isola che non c’è…). Dopo l’archiviazione della riforma del titolo V della Costituzione (sancita dal referendum del prossimo ottobre, se approvato).

Il Territorio, le Città: cercano visibilità. Protagonismo. Attraverso Sindaci – a loro modo – antagonisti, rispetto al sistema politico tradizionale e ai centri dello Stato nazionale. Attraverso forze politiche anti-politiche (almeno, a parole). Perché sono passati quasi venticinque anni dalla fine della prima Repubblica. Avvenuta, non lo dimentichiamo, a Milano. Ad opera dei magistrati. Spinta dal “Partito dei Sindaci”. E sono passati cinque anni dalla fine della seconda, fondata da Berlusconi – e dalla svolta im-politica del governo Monti. Eppure il vento soffia ancora. Così, nelle città sale una voglia – indefinita – di cambiare. Di nuovo. Il voto di oggi ci dirà se e quanto questa sensazione sia radicata e diffusa. Per quel che mi riguarda, io, cittadino dell’Isola che non c’è, circondato dal “nuovo che avanza”: ammetto di sentirmi un po’ sperduto.

vivicentro.it/politica – repubblica / Il Giudizio Capitale nelle città che vogliono tornare protagoniste ILVO DIAMANTI

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