Tedeschi che non si arrendono
Genova, ore 4.30. Il capitano di vascello Max Berninghaus, comandante delle forze tedesche al porto, si oppone all’ordine di resa del generale Meinhold, lo condanna a morte in nome del Führer e ordina la resistenza a oltranza. [Taviani 2000]
Milano, prima mattina. Dopo una breve sparatoria con un gruppo di repubblichini, il quarto battaglione della Guardia di finanza prende possesso del palazzo della prefettura in corso Monforte. Alle 8, designato dal Clnai, l’azionista Riccardo Lombardi si insedia in Prefettura. Il socialista Antonio Greppi entra in Comune come sindaco.
«Milano è libera»
Milano, ore 9. Dalla stazione radio di Morivione il comandante delle brigate Matteotti, Corrado Bonfantini, annuncia la liberazione di Milano. Ultimi scontri violenti alla Innocenti di Lambrate, rioccupata per alcune ore dai tedeschi, e in piazza Napoli, con un gruppo di fascisti si è asserragliato nel presidio rionale della Guardia nazionale repubblicana. [Borgomaneri 2000]
«Genova è libera»
Genova, ore 9. Il democristiano Paolo Emilio Taviani, esponente del Cln, annuncia alla radio l’avvenuta capitolazione tedesca: «Genova è libera». Solo una parte degli ufficiali nazisti, però, esegue l’ordine. I sappisti genovesi, con l’aiuto delle brigate di montagna arrivate in forza in città, attaccano i tedeschi nella zona portuale.
Anche Torino insorge
Torino, mattina. L’insurrezione è cominciata: il suo peso è sopportato quasi per intero dalle formazioni di città. Anche perché a ovest di Torino due divisioni tedesche, al comando del generale Schlemmer, circa 35 mila uomini con artiglieria e mezzi corazzati, impedisce l’intervento delle formazioni partigiane di montagna. Dalle fabbriche partono le Sap operaie che combattono nelle strade e alla fine prendono il controllo dei ponti sul Po.
Torino, pomeriggio. Per la seconda volta, oggi, il generale Schlemmer propone, attraverso la curia arcivescovile, di considerare Torino «città aperta» purché per 48 ore sia concesso il transito attraverso la città delle sue due divisioni. Proposta respinta dal Cln, che pure attende con ansia l’appoggio massiccio delle formazioni partigiane di montagna.
Torino, ore 18. Nel caso i capi delle formazioni partigiane avessero ancora qualche dubbio sull’ordine, diramato ieri sera, di fermare le operazioni, interviene direttamente il Comando militare regionale. «L’ordine da voi ricevuto ieri sera alle ore 21 è falso. Arrestate chiunque lo ha portato, chiunque esso sia. Non può essere altro che una provocazione. Il Comando militare regionale piemontese ordina a tutte le formazioni dell’VIII zona di entrare immediatamente in città con tutte le forze disponibili».
Genova, sera. Dopo i combattimenti al porto durati tutta la giornata, i tedeschi alla fine sono costretti alla resa «lasciando in nostre mani oltre duemila prigionieri e un ingente bottino bellico» (Documenti del Cln per la Liguria). [Battaglia 1970]
Genova, ore 22. Avanguardie motorizzate della V armata americana entrano a Nervi. • La Radio svizzera annuncia che il comando tedesco della città di Como e delle località del lago verso la frontiera svizzera hanno ceduto l’amministrazione del territorio al Cln. Radio Monteceneri: espugnate Monza e Brescia. Radio Genova: occupate le province di Savona e Imperia. Biella, Alessandria e Asti «tenute saldamente dalle forze partigiane». [Un. 27/4/1945]
La guerra. Gli americani a Verona
Fronte italiano. Truppe della V armata liberano Verona, porta d’accesso del Brennero, e varcano l’Adige in più punti. Gli americani entrano anche a Reggio Emilia.
Fronte orientale. Sfondate le difese tedesche a ovest dell’Oder, le armate del fronte bielorusso conquistano la città e il porto di Stettino. In Cecoslovacchia occupata la città industriale di Brno, importante nodo ferroviario. A Berlino si combatte casa per casa. I sovietici a poche centinaia di metri dalla Alexanderplatz. [Salmaggi-Pallavisini 1977]
Fronte occidentale. Unità della III armata Usa entrano a Ratisbona, altre penetrano in Austria nei pressi di Lackenhausen. La II armata britannica dopo aspri combattimenti completa la conquista di Brema. Ad Amburgo la linea della battaglia passa per il centro della città.
Ventidue moschetti per Scarpato
A Roma è stata eseguita la condanna a morte di Federico Scarpato, il torturatore di via Tasso. Luogo, uno spiazzo nel parco di Forte Bravetta. Lunga attesa prima che arrivi il magistrato incaricato di assistere all’esecuzione, sotto un sole che spacca le pietre. Poi Scarpato scende dal carrozzone grigio che l’ha portato fin lì, «si aggiusta a cavalcioni sulla sedia e facilita, alzando le braccia, i gesti di coloro che lo legano con una cordicella alla spalliera» della sedia. Il cappellano comunica le sue ultime parole, i suoi ultimi desideri: «Perdonatelo per il male che ha fatto. Egli implora che dopo la sua morte non si infierisca più sulla sua memoria. Egli dice di pagare per il male che ha fatto». «Ventidue giovani imbracciano il moschetto, a cinque metri dalla sedia, il cappellano parla sempre, mentre una benda nera vien posta sugli occhi del condannato. Tutto si svolge in pochi secondi. Nel denso silenzio estivo, in un momento in cui il verde degli argini e l’azzurro del cielo sembrano visibilmente gonfiarsi d’intensità, si ode lo sguainare della sciabola del sottufficiale che comanda il plotone. (…) Mentre il frullo della macchina cinematografica accompagna il capellano che lentamente si distacca da Scarpato, parte la scarica di 22 moschetti. La sedia vibra, la testa di Scarpato, quasi staccata dal busto, si abbatte in avanti (…)». [B.F. Un. 27/4/1945]
- Giovedì 26 aprile 1945 – ACCADDE OGGI: 26 aprile
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nostra prima pubblicazione: 26 aprile 2014
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