Gentiloni incassa la fiducia alla Camera con 368 sì, ma oggi c’è l’esame del Senato. Terremoto, lotta alle diseguaglianze e lavoro sono le priorità del nuovo premier, che attacca i Cinque Stelle: «Il Parlamento non è un social network».
Gentiloni incassa il primo via libera: “Ecco l’agenda, non mi pongo limiti”
Alla Camera 368 sì, oggi c’è la conta in Senato. Sisma, banche, Sud e lavoro le priorità Il premier: “Avanti finché avrò la fiducia”. E ai 5 Stelle: “Il Parlamento non è un social”
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iversamente dai discorsi programmatici di Moro, che sfondavano le due ore, Gentiloni se l’è sbrigata in 17 minuti, compresa l’interruzione per l’unico applauso a scena aperta, strappato dicendo che occorre «rasserenare il clima politico» (concetto ripreso in sede di replica: «Il Parlamento non è un social network»). Zero sciabolate, soltanto un buffetto ai grillini assenti dal dibattito («I paladini della Carta nel momento più importante non ci sono»). Più sostanziosa la lista delle questioni urgenti. Al top il premier indica la ricostruzione delle zone terremotate, dove presto si recherà personalmente e giovedì farà ritorno il Presidente della Repubblica. Poi, sempre in ossequio al mandato di Mattarella, colloca gli impegni di politica internazionale. Il primo coincide con il Consiglio europeo di domani, dove verrà al pettine il nodo dell’immigrazione e della ripartizione dei pesi.
Nella gerarchia di Gentiloni, al terzo posto viene la sicurezza dei cittadini, dunque «il contrasto alla criminalità organizzata». Quarta la difesa delle banche, con il governo «pronto a intervenire per garantire la stabilità degli istituti e il risparmio», anche se «il sistema è solido» (qui si è levato un brusio, ma forse l’ha detto per carità di Patria). A questo punto il premier si è impegnato a completare la riforma del lavoro, ad attuare l’Ape (anticipo pensionistico), a riformare la PA, ad aggiornare il processo penale e a stendere il Libro bianco della Difesa. Ma i veri cavalli di battaglia saranno «la difesa dei ceti medi più disagiati» e «l’impegno per il Mezzogiorno» riassunto nello slogan: «Lavoro, lavoro, lavoro». Il discorso è stato approvato con 368 sì e 105 no. Oggi si replica in Senato, dove grillini e Lega ripeteranno il gesto di abbandonare l’aula al momento del voto, nonostante ciò rappresenti un «aiutino» al governo cui basteranno 137 voti per ottenere la fiducia, anziché i canonici 160. Sulla carta Gentiloni ne avrebbe qualcuno in più, ma c’è curiosità di contare i voti del governo dopo l’addio di Verdini. L’attività legislativa potrebbe risentirne, specie nelle commissioni dove senza Ala la maggioranza balla. Ma per tornare sui loro passi, i verdiniani non si accontentano di 4-5 poltrone minori: «Sono solo le briciole del pasto», ringhia D’Anna, «e noi non le raccogliamo»
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