“Entro il 2025 oltre la metà delle auto sarà ibrida o elettrica” afferma Marchionne da Detroit. La mobilità è una sfida che riguarda anche i grandi colossi dell’hi-tech a partire da Google che, come scrive Andrea Montanino, ha deciso di arruolare John Krafcik, un manager di lungo corso nell’industria automobilistica.
Vetture hi-tech, Google arruola il guru di Detroit
Q
uello che sta succedendo in California è frutto di una forte contaminazione tra manifattura tradizionale da un lato, e fantasia e innovazione tipica della Silicon Valley dall’altro. A dirigere il progetto è infatti stato chiamato John Krafcik, manager di lungo corso dell’industria automobilistica. E’ dal 1984 che si occupa di automobili, prima negli stabilimenti di una joint venture tra Toyota e General Motors, poi in Ford e infine in Hyundai.
Le evoluzioni della Google car portano a due considerazioni. La prima è il potere ormai globale degli operatori della new economy, che va oltre l’ambito tradizionale delle tecnologie informatiche ed esce dai computer. Google non è più solo un motore di ricerca, così come Amazon non è più soltanto il sito Internet dove comprare libri. Queste aziende stanno ormai occupando settori tradizionali, portando prepotentemente le trasformazioni del digitale. Per dire, Amazon ha comprato la catena di supermercati di alta gamma WholeFoods, o un giornale come il «Washington Post», mostrando come non vale più la distinzione tra settori tradizionali e settori innovativi, ma l’innovazione può essere dovunque, si tratta di applicarla. Così l’industria manifatturiera per eccellenza e associata nell’immaginario collettivo alla catena di montaggio, quella dell’automotive, diventa la frontiera della tecnologia con le auto senza guidatore. Ci si chieda cosa diventerà la distribuzione alimentare con Amazon.
Queste evoluzioni danno speranza ai settori tradizionali, che molti avevano, a torto, dato per morti. L’industria manifatturiera continuerà a giocare il suo ruolo nella creazione di posti di lavoro adattandosi e facendosi contaminare dalle nuove tecnologie: non serve per forza un colosso come Google o Amazon per imporre il cambiamento, ma l’attenzione continua degli imprenditori, piccoli o grandi che siano, a digitalizzare le loro fabbriche e pensare a prodotti nuovi frutto della commistione tecnologie informatiche-tradizione.
L’altro elemento di riflessione riguarda l’attitudine alla mobilità del lavoro. John Krafcik ha deciso di lavorare per Google, piuttosto che andare a fare il presidente di qualche prestigioso gruppo automobilistico, creando una discontinuità nella sua carriera di manager. Peraltro, una scelta simile l’aveva fatta nel 2002 Hal Varian, uno dei guru della microeconomia e professore a Berkeley, quando aveva accettato di fare il capo economista proprio di Google.
Questo è un tratto tipico della società americana, dove non si ha paura di cambiare settore, o datore di lavoro, o tipo di lavoro. Così facendo il rischio è vissuto come un’opportunità e l’innovazione anche nelle carriere lavorative è un fattore di successo.
La lezione che deriva dalla storia di Krafcik e dalle auto di Google è importante per inquadrare la nostra campagna elettorale. Il Paese che ci viene proposto vuole incentivare o frenare la mobilità del lavoro? Vede le nuove tecnologie come un’opportunità per far crescere anche i settori tradizionali o come un rischio di perdita di posti di lavoro? Sono domande sulle quali servono risposte chiare e univoche, per permettere ai cittadini di scegliere con discernimento.
@MontaninoUSA
vivicentro.it/OPINIONI
vivicentro/Il futuro delle auto è nell’brido o elettrico. Il sorpasso già dal 2025
lastampa/Vetture hi-tech, Google arruola il guru di Detroit ANDREA MONTANINO
Lascia un commento