Foibe, un altro genocidio come altri passati e presenti nel mondo e nella fattispecie di concittadini che era stato rimosso in Italia per decenni.
Si era già scritto in merito “FOIBE, il Giorno del ricordo dal 2004 il 10 febbraio” in cui molto brevemente si era ripercorso storicamente quel tragico, violento, genocidio di italiani. Qui di seguito invece si vuole provare in modo semplice e da profani a comprendere perché quel dramma fu rimosso per decenni.
S
eppure ci sono ancora frange ideologizzate di sinistra e opportunisti di centro insofferenti all’argomento
(analogamente ai gruppi di destra quando si racconta del ventennio fascista),
oggi delle Foibe si riesce a parlarne con oggettività, non più sottacendo che è stato anche quello uno sterminio, nella fattispecie di connazionali. Se n’è potuto iniziare a parlare dopo la caduta del “Muro di Berlino” nel novembre del 1989
(Il Muro di Berlino era un sistema di fortificazioni fatto costruire nel 1961 dal governo della Germania Est per impedire la libera circolazione delle persone tra Berlino Ovest sul territorio della Germania Est),
simbolo per diversi decenni del potere dell’URSS comunista nel mondo
(L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, acronimo URSS e in forma abbreviata Unione Sovietica, fu uno Stato federale che si estendeva tra Europa orientale e Asia settentrionale che si dissolse già nell’agosto del 1991 con un fallito colpo di Stato e poi l’8 dicembre 1991 quando i presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia firmarono a Belaveza il trattato che sanciva la dissoluzione dello Stato sovietico e sciolto formalmente il 26 dicembre 1991),
sicché venne gradualmente meno anche certo decennale funambolismo geo-politico italiano che per tanto tempo aveva impedito di fatto ogni accenno alla tragedia delle Foibe.
Tuttavia, va pure aggiunto al predetto equilibrismo che come nella vita si tende a dimenticare le cose scomode, tragiche, cosiddette in gergo, negative, che interferiscono con il nuovo corso dell’esistenza, anche il genocidio delle Foibe, termine dialettale che significa “fosse”, era scomodo da rammentare, poiché ricordava che l’Italia era stata una Nazione sconfitta e non di certo vincitrice, che non era vero il mito dell’esercito liberatore iugoslavo, ma soprattutto che con la rottura di Tito, dittatore dell’allora Jugoslavia, con la Unione sovietica di Stalin,
(Tito, Croato di nascita, Tito aderì presto all’ideale comunista, frequentando molto l’Unione Sovietica. Durante la seconda guerra mondiale condusse la guerra partigiana contro l’occupazione tedesca, spesso in concerto con gli Alleati, che lo sostennero anche a guerra finita. Divenne dittatore della Jugoslavia, trasformata in uno stato federale, instaurando un regime comunista sui generis, con forti difformità dal comunismo sovietico in campo economico e anche riguardo ai rapporti con le autorità religiose. Ruppe con l’Unione Sovietica e si ritirò dal Patto di Varsavia, ponendosi poi a capo di un movimento di stati cosiddetti “non allineati”, cioè non appartenenti a nessuno dei due gruppi che si fronteggiavano durante la guerra fredda. Rimase a capo del governo jugoslavo fino alla morte)
la Jugoslavia era divenuta un interlocutore importante per il blocco internazionale occidentale
(dopo la seconda guerra mondiale si determinò una contrapposizione politica, ideologica e militare che venne a crearsi intorno al 1947, tra le due potenze principali emerse vincitrici dalla seconda guerra mondiale: gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica. Ben presto si giunse alla divisione dell’Europa in sfere di influenza e alla formazione di blocchi internazionali ostili, denominati comunemente come Occidente (gli Stati Uniti, gli alleati della NATO e i Paesi amici) ed Oriente, o “blocco comunista” (l’Unione Sovietica, gli alleati del Patto di Varsavia e i Paesi amici), oltre a tutti i Paesi non allineati del resto del mondo)
e pertanto da quel momento a Tito non si potevano e dovevano porre domande imbarazzanti.
Dunque le Foibe sono state per calcolo politico-economico-culturale rimosse dalla Storia, anche se erano comunque rimaste in quella delle genti giuliane,
(L’esodo giuliano-dalmata, noto anche come esodo istriano, è un evento storico consistito nell’emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, che si verificò a partire dalla fine della seconda guerra mondiale (1945) e negli anni ad essa successivi. Si stima che i giuliani, i fiumani e i dalmati italiani che emigrarono dalle loro terre di origine ammontino a un numero compreso tra le 250.000 e le 350.000 persone. Il fenomeno, seguente agli eccidi noti come massacri delle foibe, coinvolse in generale tutti coloro che diffidavano del nuovo governo jugoslavo e fu particolarmente rilevante in Istria e nel Quarnaro, dove si svuotarono dai propri abitanti interi villaggi e cittadine. Nell’esilio furono coinvolti tutti i territori ceduti dall’Italia alla Jugoslavia con il trattato di Parigi firmato nella capitale francese il 10 febbraio 1947 dopo la fine della seconda guerra mondiale e che era stato già preceduto da una conferenza di pace che si svolse parimenti a Parigi tra il 29 luglio e il 15 ottobre 1946 in cui la Dalmazia, dove vivevano i dalmati italiani, fu ceduta alla Jugoslavia insieme a Fiume, il territorio di Zara, le isole di Lagosta e Pelagosa, gran parte dell’Istria, del Carso triestino e goriziano e l’alta valle dell’Isonzo fino a Salcano).
Solo da qualche decennio si è potuto esaminare quel passato con un’attenzione diversa, senza certe lenti pennivendole
(chi fa della propria capacità di scrivere, quali autore di libri, giornalista, collaboratore di riviste, intellettuali, relatori, conduttori, opinionisti, professionisti, esperti, ecc.) un uso mercenario, facendosi, anche in contrasto con le proprie convinzioni, difensore e sostenitore delle tesi e degli interessi di chi gli assicura maggiori vantaggi personali).
Negli anni antecedenti, la memoria delle Foibe era stata tenuta viva solo dalle forze politiche italiane di destra, con il paradosso che quelle genti giuliane che avevano perso la casa e tantissimi propri cari, a causa della guerra scatenata in precedenza dal ventennio fascista nella quale vi fu anche una orribile persecuzione contro i cittadini jugoslavi che non si erano allineati all’asse dittatoriale Roma-Berlino
(i corpi dei prigionieri jugoslavi furono spesso ritrovati senza occhi, squartati a colpi di ascia sicché conseguentemente la popolazione di origine italiana venne identificata con quella carneficina, anzi anche peggio poiché individuata come nemici e cacciata come traditori e criminali fascisti),
si ritrovarono come sostenitori quelle forze politiche che politicamente si rifacevano al fascismo.
Quella tragedia delle Foibe fu pertanto rimossa immediatamente dopo la seconda guerra mondiale e nell’immediato della nascitura Repubblica italiana, sacrificata sull’altare della propaganda e della convivenza politico-sociale-nazionale dagli allora partiti centristi italiani che per acquietare quelli di sinistra dell’epoca e le varie fazioni della Resistenza, diedero ad entrambi l’occasione promozionale di presentarsi alla Nazione come i partiti del popolo, così per un altro verso riuscendo a far transitare senza colpo ferire tutta la dirigenza giuridica e burocratica del precedente sistema fascista nel nuovo corso repubblicano, permettendo alla Nazione di riorganizzarsi civilmente senza scivolare nell’anarchia civile e dell’ingovernabilità amministrativa. Quella sorta di compromesso sacrificò alla dimenticanza gli scomodi profughi giuliani che erano stati obbligati ad andare via dai luoghi d’origine. Essi furono disseminati in cosiddetti campi di accoglienza, dislocati soprattutto sulle coste delle Marche, Toscana, Sardegna vicino Sassari, in luoghi isolati o immobili in stato di abbandono, freddi, umidi, conseguenza anche di una appena cessata seconda guerra mondiale e guerra civile. Ma quei conterranei, profughi in Italia, dimenticati e anche disprezzati dai loro stessi concittadini, bollati in modo elusivo come capri espiatori quali fascisti, con grandi sacrifici ripresero gradualmente la loro vita, ricostruendola in Italia.
Con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 il Parlamento italiano ha istituito il “Giorno del ricordo” delle Foibe che viene celebrato il 10 febbraio.
Altri argomenti storici collegati da analoga efferatezza, tragedia e nascondimento, di cui ci si è in modo riassuntivo occupati in queste pagine: La Commissione che non vide (come oggi pure accade); La Shoah del 27 gennaio 2019 vista con gli occhi delle donne vittime e carnefici.
Adduso Sebastiano
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